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Cittadinanza, un tema che divide


In Aula si prende la scena la prima lettura della legge sulla cittadinanza, tema delicato che tocca sensibilità diverse, in maniera trasversale, con distinguo anche all’interno degli stessi gruppi consiliari. Del resto la questione, dibattuta per anni, abbraccia concetti sentiti come attaccamento alle istituzioni, difesa identitaria, senso di appartenenza. Ogni consigliere porta con sé la propria storia personale o familiare e il pensiero va alle tante battaglie del passato, combattute soprattutto dalle donne.

Oggi, però, si discute di cittadinanza per naturalizzazione senza obbligo di rinuncia a quella d’origine, così come prevede l’istanza d’arengo recentemente approvata: una svolta. Sul valore dell’inclusività si sofferma il Segretario agli Interni Andrea Belluzzi: “È corretto – chiede – rinunciare ad una storia o averle entrambe?”, definendo il Pdl un “passo significativo verso la modernizzazione” e “un passo avanti di civiltà”. Invita poi a non pensare al tema del diritto di voto “che è solo parte del concetto di cittadinanza”, lasciandolo al dibattito sulle riforme istituzionali.

Nel Psd le posizioni per lo più convergono: Luca Lazzari, ad esempio, interroga l’Aula su cosa renda forte uno stato, la cittadinanza – chiede – o l’identità?, invitando a “costruire ponti piuttosto che alzare muri”. “Basta ipocrisie, consideriamo tutte le persone allo stesso modo”, tuona Federico Pedini Amati, che provoca: “Se vogliamo un’unica cittadinanza che la rinuncia riguardi tutti”. Per Libera il Pdl è “un atto di giustizia”, “una prova di maturità – afferma il Segretario al Territorio Matteo Ciacci – di forze politiche, Consiglio e paese”, con Gemma Cesarini che definisce l’obbligo di rinuncia un “vincolo anacronistico”.

C’è poi chi, come Gaetano Troina di DML, rimarca i tanti paradossi e le problematiche applicative della normativa vigente, ritenendo però ingiusto slegare al tema della cittadinanza la questione del voto. Ma, come dicevamo, le posizioni divergono. Maria Luisa Berti di Ar invoca un confronto più approfondito, ricordando che la cittadinanza per naturalizzazione non spetta di diritto ma è nata come concessione da parte dello Stato, e quindi ritiene l’atto di rinuncia non qualcosa di antigiuridico o lesivo dei diritti ma che esalta il senso di appartenenza.

Gian Nicola Berti ne fa una questione giuridica, distinguendo tra cittadinanza di origine e per naturalizzazione. Anche per Antonella Mularoni di Repubblica Futura nel dibattito si è fatta confusione, ritenendo che il pdl abbia banalizzato il tema, criticando anche la scelta di voler addirittura togliere il giuramento di fedeltà alla Repubblica. Aspetto ritenuto fondamentale da Fabio Righi di Dml, su cui invita al ragionamento Giuseppe Maria Morganti di Libera, e che Francesco Mussoni e Manuel Ciavatta del Pdcs chiedono di mantenere in quanto “atto solenne”, invocando – sul tema – apertura ma con prudenza.

“Il tema del dibattito non è la rinuncia ma come garantire a questo paese il concetto di identità. Non possiamo – dice Mussoni – avere cittadini che servono due padroni”. Per Marino Albani con l’istanza d’arengo è stato compiuto “un passo senza ritorno”, ricordando che altri piccoli Stati come Monaco, Andorra e Liechtenstein prevedono la rinuncia per i cittadini naturalizzati. Chiede, poi, di affrontare il problema del conflitto di interessi in capo a cittadini con doppia o tripla cittadinanza, intervenendo sulla legge elettorale, per istituire l’incompatibilità per chi ha assunto cariche politiche in altro paese. 

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C’è anche chi spinge affinché venga previsto un esame per la cittadinanza.

Rete ribadisce la propria posizione, a favore dell’abolizione dell’obbligo di rinuncia come “atto di giustizia sociale”. Emanuele Santi si dice soddisfatto – il Pdl recepisce gli emendamenti presentati dal suo movimento nel contesto della legge sviluppo e poi ritirati – riconoscendo a Belluzzi coraggio. “Il Pdl è divisivo e c’è una grossa fetta della politica che non lo vuole portare avanti.

Finalmente ci sarà chiarezza su chi lo sostiene e chi no”. Nonostante le diverse posizioni in maggioranza, il Segretario agli Interni si dice fiducioso: “il provvedimento può essere migliorato e ci sono le condizioni affinché l’aula trovi una sintesi”.

Nel pomeriggio l’Aula dibatte sul Progetto di Legge di Rf sull’incompatibilità dei Direttori di Dipartimento e del personale politico in seno alle Segreterie di Stato. Si riferisce ad una situazione ben precisa: “In questa legislatura – spiega Nicola Renzi – un Segretario di Stato ha deciso di affidare un incarico importante, quella di viceministro, ad una persona che sta rivestendo da tempo una carica amministrativa in Italia”. La persona in questione è il Segretario particolare di Rossano Fabbri, sindaco di Montegrimano. Se per Belluzzi il pdl ha il merito di aprire una riflessione su un tema importante, d’altro canto ha il difetto di essere posto come intervento contro qualcuno. In linea Massimo Andrea Ugolini, sebbene sia vero – afferma – che ci sono funzioni apicali che richiedono un’esclusività, a partire dalla residenza in territorio.

Gian Nicola Berti provoca: Quando prendiamo ambasciatori utili per aprire porte, non è la stessa cosa? Fa quindi riferimento ad altre situazioni non disciplinate: “di conflitti di interesse ne è piena l’aula”, facendo riferimento a quanti nel ruolo di dipendenti pubblici “possono scegliere chi aiutare e chi no”. Per Matteo Zeppa “difendere l’indifendibile” “attaccando la professionalità dei dipendenti pubblici è una caduta di stile oscena”. Il dibattito si scalda e chiamato in causa il Segretario Rossano Fabbri si dice “disposto a ragionare a patto lo si faccia su tutto”, facendo riferimento a “cittadini italiani che vengono a San Marino con conflitti d’interesse grossi come una casa”.  Anche il collega di Governo Alessandro Bevitori si dice disponibile ad affrontare la questione, ma non con un progetto di legge con un nome e cognome.

“Non nascondiamoci: non è la prima volta che arrivano in Consiglio provvedimenti che tentano di togliersi di torno persone che possono dare fastidio”, afferma Denise Bronzetti. “Io a questo gioco non ci sto. Più volte abbiamo cercato di affrontare la questione delle incompatibilità e tutti abbiamo dovuto alzare le mani. Vuol dire che in realtà come la nostra non è così semplice affrontare in questo modo il tema. Torniamo a quello che dovrebbe essere il nostro principale ruolo, cioè all’azione legislativa”.

Manuel Ciavatta, alla luce di un possibile superamento della rinuncia alla cittadinanza d’origine, invita ad una riflessione sull’elettorato passivo mentre da più parti emerge la necessità di una norma più ampia, generale ed astratta.

Si passa quindi alla votazione degli ordini del giorno di DML. Respinti sia quello su società benefit e politiche abitative che quello dedicato agli studenti atleti di alto livello. Domani i lavori riprenderanno con l’esame delle istanze d’arengo

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