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Clima e dissesto, perché in Italia cresce il rischio per la popolazione


Frane e inondazioni nel 2024 in Italia hanno fatto registrare 16 morti, 3 dispersi, 19 feriti e 7.333 evacuati e senzatetto. Le regioni con più decessi sono state: Emilia-Romagna e Friuli Venezia e Giulia, seguite da Campania e Valle d’Aosta. I dati arrivano puntuali ogni anno dal Rapporto periodico sul rischio posto alla popolazione italiana da frane e inondazioni a cura dell’Istituto di Ricerca per la Protezione Idrogeologica del Consiglio Nazionale delle Ricerche (IRPI-CNR), pubblicato sul sito web Polaris. L’edizione 2025 del Rapporto oltre al focus sul 2024 mette a disposizione numeri e rappresentazioni grafiche per i periodi 2019-2023 e 1974-2023.

Cosa abbiamo imparato da Sarno

I trend temporali analizzati dall’IRPI-CNR rilevano un calo delle vittime, probabilmente per l’efficacia dei sistemi di allerta precoce soprattutto per le inondazioni, meno prevedibili restano le frane. A partire dagli atti normativi emanati a seguito degli eventi del maggio 1998 a Sarno si è avviata una politica di prevenzione e mitigazione del rischio che ha portato ad una riduzione degli impatti. Inoltre, lo sviluppo di sistemi previsionali sempre più accurati consente di allertare la popolazione e di porre in atto quanto previsto dai piani di protezione civile comunali”, ci dice Paola Salvati, ricercatrice dell’IRPI-CNR. Sarno ha portato a un’evoluzione normativa ma è anche l’esempio dell’incuria nell’affrontare i rischi idrogeologici. La frana è stata innescata da piogge eccezionali sì, ma amplificate dallo sfruttamento del suolo.

Viene da chiedersi trent’anni dopo quanto realmente abbiamo imparato. Una risposta probabilmente è nello stallo da anni della legge sul consumo di suolo.

Leggi anche: La crisi climatica in cima ai rischi globali, secondo il World Economic Forum

Il trend degli eventi geo-idrologici

Nel frattempo in Italia aumentano gli eventi geo-idrologici sui quali incidono pericolosamente piogge intense alternate a forti siccità, quali conseguenze dei cambiamenti climatici antropici. La causa principale delle inondazioni sono proprio le forti e prolungate precipitazioni, che si abbattono su un territorio italiano per natura fragile e predisposto a rischio idrogeologico (e sismico) e che dagli anni del boom economico è sempre più impermeabile a causa della cementificazione. Ne deriva che la pioggia fatica ad infiltrarsi nel terreno con il conseguente e rapido aumento della quantità e della velocità dell’acqua che finisce nei fiumi, tanto da romperne gli argini. Piogge intense e prolungate, come la più rapida fusione della neve, possono inoltre provocare migliaia di frane anche in pochi secondi o alcune settimane.

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Un alert sul rischio arriva dal dato ISPRA, il 94% dei comuni italiani è a rischio frane, alluvioni e/o erosione costiera. Inoltre, la popolazione non ha una piena consapevolezza dei rischi a cui è soggetta in caso di frane e inondazioni. Molto dipende dalla scarsa conoscenza di questi fenomeni e di come questi possano impattare la nostra vita. Anche la convivenza può portare quasi a un’accettazione. Si pensi a chi vive in prossimità di argini fluviali, non considera il fiume come un pericolo”, ci spiega Paola Salvati.

Così in circa quindici anni (2011-2014) frane e inondazioni hanno provocato 299 morti e 107.095 sfollati. Il 2011 è stato l’annus horribilis per il numero di vite perse, ben 43, seguito dal 2023 con 36 morti e ben 41.687 evacuati.

Sfollati del clima: le prove

 Nel 2023 maglia nera all’Emilia-Romagna dove tra il 16-17 maggio le forti piogge hanno causato frane e inondazioni che hanno provocato 14 morti e 36.000 evacuati. “Anche in questa circostanza alcune delle vittime (5) hanno trovato la morte a causa di una sottovalutazione del rischio, ad esempio dopo aver abbandonato un luogo sicuro per scendere ai piani bassi o in strada, o per non aver voluto lasciare la propria abitazione al pianterreno”, sottolinea il Rapporto 2023 dell’IRPI-CNR. Eventi e numeri in Emilia-Romagna sono significativi nella riflessione sugli spostamenti forzati indotti anche dal clima e sulla necessità di programmare risorse e interventi adeguati. Si tratta già di una realtà per l’Italia, tanto che l’Emilia-Romagna è censita nel Rapporto globale sugli sfollati interni 2024, pubblicato dall’Internal Displacement Monitoring Centre.

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Come ridurre i rischi?

All’Italia serve dunque una prospettiva ampia e intersettoriale del governo del territorio che non può prescindere dall’adattamento ai cambiamenti climatici e dal bisogno di ridare spazio alla natura. Necessaria è, inoltre, la sensibilizzazione della popolazione rispetto alla percezione dei rischi legati alle abbondanti piogge e alla siccità, che saranno sempre più la normalità. In questo scenario la conoscenza è una difesa efficace come evidenzia l’IRPI nel vademecum Cosa fare (e non fare) prima, durante e dopo una Alluvione.

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Questo articolo è uno degli elaborati pratici conclusivi della nona edizione del corso online di giornalismo d’inchiesta ambientale organizzato da A Sud, CDCA – Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali ed EconomiaCircolare.com in collaborazione con il Goethe Institut di Roma, il Centro di Giornalismo Permanente e il Constructive Network

 



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