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La lista dei dolci tradizionali di Carnevale in Emilia-Romagna


Quante cose si possono fare con la sfoglia, specie se a maneggiarla è un cuoco dell’Emilia-Romagna. Anche a Carnevale, periodo di bagordi gastronomici che in tutto il Paese passano per la frittura, la regione si esprime con un repertorio di dolci che a volte prevedono proprio la base della pasta fresca. Rielaborata con farciture, ripieni e le immancabili passate di zucchero a velo. 

Molte le occasioni di assaggio, in un territorio che ama far festa: dal grande carnevale di Cento — detto anche il Carnevale d’Europa — a quello di Comacchio, con la sfilata di gruppi mascherati e barche allegoriche sull’acqua. Poi c’è l’antica festa di San Giovanni in Persiceto, che ha come protagonista la maschera del contadino Bertoldo, e anche quello di Imola, con la parata dei suoi fantaveicoli.

Lì, come nei forni e nelle pasticcerie delle varie città, si può assaggiare il repertorio di dolci tradizionali che raccontiamo di seguito.

Turtlitt

Sono proprio dei tortelli — come quelli che si servono con burro e salvia oppure ragù — i Turtlitt ad Sant’Antoni, così detti perché preparati il 17 gennaio per la celebrazione del Santo. Una data che avvia in molti territori le feste di Carnevale; e anche a Trebbia, il paese in provincia di Piacenza che li riconosce come Denominazione Comunale di Origine. La pasta si fa con farina, burro, olio, zucchero, uova, vino bianco secco e rum, mentre l’impasto, ancora più sostanzioso, prevede castagne secche, mostarda senapata, cedro candito, cacao, cioccolato in polvere, marmellata di prugne e un mix di liquori. Il tutto si forma come la canonica pasta ripiena e poi si frigge, tradizionalmente nello strutto, prima di servire con zucchero a velo.

Tagliatelle fritte

Tagliatelle fritte, ph. Cuoco goloso

La misura aurea della tagliatella — depositata nel 1972 alla Camera di Commercio di Bologna: 8 millimetri da cotta — può restare valida anche nella sua declinazione dolce e fritta, tipica di Carnevale. Una ricetta particolare e spiccatamente emiliano-romagnola, alla quale abbiamo dedicato un approfondimento. La sua particolarità è la partenza dalla sfoglia all’uovo, la stessa dei primi col ragù, che una volta stesa si condisce con zucchero e succo e scorza di limone o arancio, in alcuni casi anche con un po’ d’olio, poi si arrotola e taglia a rondelle. Il risultato è un dolcetto ben dorato e croccante: all’assaggio, uno tira l’altro.

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Tortelli alla crema

Tortelli alla crema

Le sfogline di Bologna, durante il Carnevale, aggiungono alla loro linea di tortellini con ripieno convenzionale anche qualcosa d’altro. La sfoglia dei tortelli dolci prevede farina, uova, liquore (spesso il Sassolino), zucchero, succo di arancia e una noce di burro. Uno scrigno farcito di crema pasticciera, poi richiuso nella forma classica del tortellino e fritto.

Raviole

Raviole

Sono di colore dorato per via della cottura in forno, o della frittura, ma anche rosse brillanti, quando imbevute nell’alchermes. Le Raviole sono un dolce tipico di Bologna, associato con la festa di San Giuseppe, ma che si trova già abbondantemente nel periodo di Carnevale. La base è un impasto simile alla frolla, mentre la farcia è di mostarda bolognese, ottenuta da mele e pere, talvolta agrumi, lasciate bollire nel mosto cotto con senape, zucchero e limone.

Frittelline di riso

Frittelline di riso

Un ottimo esempio di cucina del riuso sono le frittelline di riso, tipiche soprattutto del ravennate. Cuocere il riso nel latte un tempo qui era piuttosto comune, e quello che rimaneva veniva usato per questi dolcetti. In campagna si friggevano nello strutto, addizionando l’impasto con un goccio di grappa, e via via anche di Marsala. Semplice e con pochi ingredienti, la ricetta si trova tuttavia anche nel tomo dell’Artusi (numero 178 e 179), con una versione più ricca che prevede anche uvetta sultanina, pinoli tritati, burro, scorza di limone e rum. Le frittelline di riso non sono mai state dimenticate, e ora tornano a far capolino sul menu di alcuni ristoranti (ad esempio Corte Galluzzi, a Bologna).

Sfrappole

Sfrappole

I semplicissimi dolci pressoché nazionali che altrove sono conosciuti come frappe, chiacchiere, cenci e bugie (ecco la tassonomia completa), qui si chiamano più di frequente sfrappole. Niente di troppo diverso dalle strisce di impasto spolverizzate di zucchero a velo, dopo la frittura. Se si trovano un po’ ovunque è perché, probabilmente, già nell’antichità si preparava qualcosa di simile, in occasione dei Saturnalia romani.

Intrigoni

Intrigoni

Non dissimili dalle sfrappole, gli intrigòun ne sono la versione di Reggio Emilia, leggermente più elaborata. La sfoglia dolce si stende a uno spessore di 2-3 millimetri, si taglia a strisce o quadrati con una rondella e si incide anche per il lungo, a volte ripiegandola per creare intrecci e anelli. Dopo la frittura, diventa un dolce croccante e brioso, con la solita passata di zucchero a velo.

Castagnole

Castagnole

Le castagnole si preparano anche in Emilia-Romagna, come in molte altre zone del centro-nord: frittelle semplici la cui forma arrotondata ricorda appunto quella di una castagna. L’Artusi ha detto la sua anche qui, stilando la ricetta numero 212 che prevede l’aggiunta opzionale di cognac e acquavite. Il suo commento? “Un piatto particolare alle Romagne, specialmente di Carnevale, che è a dire il vero di genere non troppo fine, ma può piacere”. 

Sgionfini

Sgionfini

Da non confondere con le castagnole, gli Sgionfini (si potrebbe dire anche ‘sgonfietti’) si trovano soprattutto tra Parma e Piacenza e per prepararli serve qualche accortezza tecnica in più. La ricetta è infatti vicina a quella della pasta choux, con una prima cottura di burro, sale, acqua e farina alla quale aggiungere in seconda battuta uova, zucchero e scorza di limone. Il risultato è un dolcetto cavo all’interno, ottimo semplice con zucchero a velo ma ancora meglio farcito di crema pasticciera o al cioccolato. C’è poi chi incorpora direttamente nell’impasto uvetta o pezzettini di mele.

Migliaccio

Migliaccio romagnolo

Un dolce molto antico, che si trova in alcune versioni tradizionali in Campania ma è tipico anche della Romagna, in particolar modo del ravennate. In origine il migliaccio si preparava nel periodo invernale usando il sangue di maiale, la saba e canditi misti. Mentre oggi invece è una sorta di budino denso e cotto al forno, che si fa con pangrattato, latte, zucchero, mandorle, canditi e miele. Il colore scuro lo danno invece il cioccolato fondente e il tocco di spezie. 

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