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Da Burde abolisce il coperto dopo 100 anni. Svolta epica: “Ecco i motivi” | Ultime notizie


Coperto sì, coperto no: pare semplice giustificare uno degli usi più antichi della ristorazione nostrana. Per il cliente rappresenta tutt’ora un concetto ostico, un’addizione mal digerita sullo scontrino finale; per il proprietario dell’attività un cuscinetto anti-urto contro l’incessante lievitare delle spese (dagli stipendi della squadra all’allestimento del locale). Fermi restando i rispettivi punti di vista, la vera notizia è che una delle migliori trattorie italiane ha scelto di abolirlo totalmente, inaugurando il 2025 con una grande novità: quei 2,50 euro incorporati al conto “di default” hanno ormai fatto il loro corso. Dietro l’idea, Da Burde, organismo ultracentenario tenuto in forma dai fratelli Gori, con Andrea all’accoglienza e Paolo ai fuochi.

 

Dallo scorso gennaio, dunque, l’insegna fiorentina ha messo al bando il consueto extra per ridisegnare buona parte della linea gestionale. Ma cosa significa in concreto e quali sono le riflessioni che hanno portato la nota famiglia dell’ospitalità a cambiare per la prima volta passo dal 1901? Ne abbiamo parlato con Paolo Gori, che analizza lucidamente un tema cruciale dell’imprenditoria moderna.

Paolo, perché Da Burde scompare il coperto proprio ora? 

In realtà, il discorso parte da lontano. A monte c’è la percezione negativa di questo storico sovrapprezzo, tendenzialmente visto come un mezzo del ristoratore per approfittarsi dei clienti (mentre a volte consente a malapena di coprire i costi d’acquisto del tovagliato!). Detto ciò, abbiamo scelto di abolirlo dal 2025 sia per agevolare i nostri ospiti, che per favorire lo staff e la salute dell’impresa; spesso, infatti, a patirne le conseguenze sono i camerieri, laddove gli avventori evitano di lasciare la mancia se già sanno di dover pagare il coperto. Non a caso, abbiamo rivisto in parallelo anche il meccanismo delle mance.

Paolo e Andrea Gori trattoria Da Burde
 

Spieghiamo bene la questione mance.

In Italia, purtroppo, la mancia è sempre stata letteralmente prosciugata dal peso fiscale dell’alta tassazione. Il risultato? Nella busta paga dello staff ne rimaneva poco o nulla. In condizioni simili, le aziende per sostenersi fanno i tripli salti mortali e il personale non gode della giusta ricompensa per i suoi sforzi. Certo, va meglio per le Ghost Kitchen o per tutte quelle realtà che rinunciano ai camerieri. Penso alle formule fast food dove i cibi pronti vengono rigenerati e il commensale si serve da solo, senza nemmeno rendersene conto. Lì il brand guadagna cifre ingenti “investendo zero” nel lavoro umano, e magari ti ritrovi a pagare un semplice panino dai 12€ in su. Ma si perde l’esperienza del mangiar fuori, nonché la sapienza “artigiana” di una trattoria come la nostra.

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da burde crostini di fegatini
 
da burde spezzatino e patate
 

Quindi, tornando alle mance, in che modo avete ovviato al problema?

Fortunatamente, se finora non le si poteva gestire col sistema elettronico, le ultime normative consentono al titolare di erogarle in maniera “pulita” fino a un tetto massimo di 5000€ l’anno, qualora il reddito dei ragazzi si attesti sotto una determinata soglia. All’atto pratico, oggi figura pure il tasto “mance” sulla cassa (prima il battuto fiscale non equivaleva al corrispettivo finale, ndr). Per adottare questa procedura, ovviamente, occorre avere un cospicuo ingresso di mance mensili, che alla luce dei provvedimenti attuali diventano quasi “esentiva” -nello specifico, presentano un’aliquota bassissima del 5%. 

Tradotto in parole povere? 

Da Burde abbiamo eliminato il coperto e incoraggiamo il cliente a lasciare mance a sua completa discrezione. Poi le distribuiamo ai “soggetti terzi” (nel nostro caso, la squadra) attraverso la busta paga, con una minima tassazione che finalmente non grava sull’insegna. Semplificando al massimo, incassa il ristoratore e versa ai dipendenti. Potremmo definirla un’integrazione del reddito attraverso le mance, per certi versi simile al modello americano, sebbene non direttamente paragonabile alla situazione negli USA.

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L’obiettivo pare raggiunto! Eppure, rimangono diversi nodi irrisolti nel quadro legislativo italiano. O no?

Esattamente. Non dimentichiamo che il food è un asset fondamentale del Made in Italy: un’esperienza positiva a tavola rappresenta un volano per l’economia e il turismo. Ad esempio, chi al ristorante rimane colpito da un ottimo piatto col Parmigiano, il giorno dopo compra il formaggio a mo’ di souvenir, riversando la propria soddisfazione su ulteriori acquisti. E l’anno successivo ha voglia di tornare a trascorrere le vacanze nel medesimo posto! Tuttavia, se la Francia e altri paesi scommettono ad occhi chiusi sull’effetto trainante dell’enogastronomia, noi siamo ancora indietro. 

Perché?

In primis, nella Penisola i proprietari dei locali vengono spesso bollati come evasori che non pagano le tasse, e il racconto delle istituzioni sfavorisce notevolmente il settore. Servirebbe una defiscalizzazione della ristorazione, accompagnata da una narrazione sincera ed obiettiva. Ad oggi, un’utopia.

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paolo gori trattoria da burde 3 2025 02 23 23 24 58
 

In seconda battuta, notiamo che la retorica (mediatica e politica) insiste sull’aumento degli stipendi nell’ospitalità, non considerando che tale mossa rischierebbe nella maggior parte dei casi di penalizzare le imprese a conduzione famigliare, diverse dai grandi gruppi di cui parlavo sopra: in trattoria la manodopera è consistente e la marginalità minima rispetto ad altri business, dunque crescerebbero i prezzi, con un’inevitabile diminuzione di prenotazioni. Un cane che si morde la coda.

Capitolo innovazione. Che opinione avete sullo sviluppo della tecnologia nel ramo culinario? Aiuta?

In generale, gioca un ruolo decisivo ed è assolutamente necessario proseguire con la ricerca in diversi ambiti. Tuttavia, a livello operativo non posso “assumere” un software di intelligenza artificiale per rispondere al telefono e prendere prenotazioni! L’innovazione non riesce ad ottimizzare i processi produttivi per fare a meno del personale. Lato cucina, banalmente io ho bisogno di una brigata che sappia eseguire ogni specifico gesto a mano: l’opposto della semplificazione “stile catena di montaggio”. Il prosciutto che mangi Da Burde lo disossiamo noi, non arriva disossato. Sembrano dettagli, ma è esattamente il contrario.

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Veniamo alla parte pratica: la mancia, da voi, come si lascia?

Non solo con il pagamento in contanti: oggi anche attraverso il POS abilitato (su cui è da poco presente la voce della mancia, ndr), evitando sistemi complessi: con i limiti delle vecchie normative, utilizzavamo un’applicazione che prolungava troppo l’attesa al momento del conto. Abbiamo voluto renderla un gesto fluido, dato che molti -per affari o per piacere- viaggiano esclusivamente con la carta di credito e non hanno liquidità immediata. Se dopo pranzo devi seguire un iter farraginoso, alla fine ti passa la voglia, perdi tempo e te ne vai. Quindi abbiamo cambiato metodo, con la massima trasparenza e altrettanta cura del processo. 

Qual è stata la reazione del pubblico? Avete comunicato sui social l’abolizione del coperto Da Burde?

Il cambiamento c’è: le persone sono invogliate a sostenere i ragazzi con una quota a loro scelta e valutano positivamente l’assenza di una cifra fissa che copra automaticamente il servizio. D’altra parte, non stiamo comunicando in modo strategico il nuovo corso. Gli aspetti chiave del nostro lavoro restano pur sempre la convivialità, il calore della sala e la forza aggregante del cibo condito da ricette di famiglia. Da Burde continua a rappresentare tutto questo, con un tratto di modernità in più nella gestione.

Trattoria Da Burde

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