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Sanità, stop a esami medici nel privato accreditato: è polemica


Il blocco del privato accreditato sulle prenotazioni degli esami medici in convenzione.

Com’era prevedibile, il blocco annunciato dal privato accreditato per le prenotazioni di nuove visite ed esami in convenzione, ha suscitato diverse reazioni e acceso la polemica sul rapporto, in sanità, tra pubblico e privato.

Se da un lato, l’assessore regionale Riccardo Riccardi ha fatto sapere che la Regione ha applicato le norme, ossia il nuovo Decreto Tariffe, approvato lo scorso novembre dalla Conferenza Stato-Regioni e recepito dalla giunta regionale del Friuli Venezia Giulia il 30 dicembre, dall’altro Assosalute risponde che il Fvg avrebbe potuto fare di più: avrebbe potuto derogare all’abbassamento.

“L’assessore regionale alla sanità Riccardi dichiara che i bisogni dei cittadini stanno davanti a tutto e che è il pubblico a dettare regole e tariffe delle prestazioni sanitarie: su questo siamo d’accordo” ha detto il presidente di Assosalute Claudio Riccobon.

“Le tariffe, ovvero il rimborso che la Regione eroga alle strutture private accreditate per ogni prestazione in convenzione, sono ferme da 20 anni e dal 29 dicembre, per molte prestazioni, le abbiamo viste decurtate con percentuali che vanno dal 20 al 60% – continua il presidente -. In questi due decenni, però, i privati accreditati hanno dovuto sostenere l’aumento dei costi del personale, dell’energia, dell’assistenza e della manutenzione, dei presìdi da utilizzare e anche tutti quei costi relativi alla mole sempre crescente di adempimenti burocratici ed amministrativi. Noi non chiediamo l’aumento delle tariffe ferme da 20 anni, chiediamo solo che siano mantenute e non decurtate”.

“Decidere di abbassare tariffe ferme da 20 anni, significa strozzarlo e togliere valore alla qualità di tutti i profili sanitari perché non si tiene nemmeno conto di una giusta remunerazione dell’attività del fisioterapista, del tecnico di radiologia, dell’infermiere e ancora di più del medico. Se una visita specialistica da mezzora vale 29 euro e il costo orario aziendale del medico è di 65 euro ora, quella prestazione è sottostimata alla base e a quel costo vanno ulteriormente aggiunti i costi per ambulatorio, attrezzature, materiali di consumo, ulteriore personale di supporto, riscaldamento, energia elettrica, ecc.”

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Secondo Assosalute, la Regione poteva derogare, come fatto dalla Lombardia, che non l’ha recepito, e dal Veneto, che ha congelato le nuove tariffe in attesa di trovare una soluzione comune: “La nostra Regione è autonoma nella gestione della spesa sanitaria; quindi, può derogare dal nuovo tariffario in libertà. Auspichiamo di essere chiamati ad un tavolo di lavoro per chiarire, approfondire e trovare una soluzione condivisa con la Regione.”

La Cgil: “Rischio interruzione servizio pubblico”.

Sulla polemica interviene anche la Cgil Fvg: “Appare quanto meno singolare che strutture sanitarie private che hanno un contratto in essere con il servizio pubblico e che sono state accreditate possano decidere a proprio piacimento quali prestazioni previste dalla convenzione continuare ad erogare e quali no” ha detto il segretario generale Michele Piga.

“Il privato profit – commenta ancora Piga – punta ovviamente al guadagno e nessuno gliene fa una colpa. Ci chiediamo però se questa scelta, tanto più nel contesto di un sistema sanitario già in forte difficoltà in termini di tempi di attesa delle prestazioni, non possa configurare gli estremi di un’interruzione di pubblico servizio, con annesso danno alla salute dei cittadini. Non vorremmo che un rapporto contrattuale venisse usato a proprio piacimento senza che il committente, ovvero il Servizio sanitario regionale, possa interferire su questa decisione”.

La considerazione finale di Piga guarda all’ormai prossimo rinnovo della convenzione triennale con il privato accreditato. “Nella consapevolezza che le strutture pubbliche e le loro apparecchiature funzionano 24 ore su 24 365 giorni all’anno, con le stesse tariffe del privato, e di fronte a questi atteggiamenti, chiediamo che vengano definite regole stringenti per garantire la continuità dei servizi o che altrimenti si riconsiderino le convenzioni”.



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