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concessioni ai curdi in cambio dei voti per il terzo mandato


Uno dei conflitti più lunghi della storia contemporanea potrebbe presto concludersi dopo 40 anni. Il leader carismatico del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk), Abdullah Öcalan, ha lanciato il suo storico messaggio-appello chiedendo all’organizzazione curda armata da lui fondata nel 1978, di disarmarsi e, addirittura, di sciogliersi. Dal carcere di Imrali, Öcalan ha esortato i combattenti curdi a scendere dalle montagne e a deporre le armi, questo appello segna l’inizio della seconda “apertura curda” dopo quella fallita del 2012-15, tra i servizi segreti turchi e il leader ergastolano.

La dichiarazione di Öcalan è stata trasmessa dai parlamentari del Partito della democrazia e dell’uguaglianza dei popoli (DEM), il più grande partito filocurdo della Turchia, che hanno incontrato il capo dei ribelli curdi la mattina del 27 febbraio sull’isola-prigione di İmrali dove è stato recluso nel 1999 dopo essere stato catturato dalle forze speciali turche in Kenya. La dichiarazione di Öcalan, attesa con ansia dai curdi di tutta la regione, segna l’inizio di un processo che molti sperano che comporti la liberazione di numerosi prigionieri politici di alto profilo, tra cui il leader curdo più popolare del Paese, Selahattin Demirtaş, e misure di amnistia per i combattenti del PKK che deporranno le armi.

Le omissioni di Öcalan

A una prima analisi dell’appello risultano alcune omissioni. Öcalan non fa alcun riferimento alla Siria. L’appello al disarmo e allo scioglimento dell’organizzazione armata riguarderebbe soltanto il PKK in Turchia, mentre la sua diramazione siriana, (le Unità di protezione del popolo, YPG), ala armata del partito curdo-siriano di Unità democratica (PYD), e spina dorsale delle Forze democratiche siriane (SDF) non viene menzionata nel messaggio. Non a caso, il comandante delle SDF Mazlum Abdi afferma che l’appello di Öcalan al disarmo non ha nulla a che fare con il gruppo siriano. Il leader del PYD, Salih Muslim, pur essendo d’accordo con la dichiarazione di Ocalan ha subito risposto che non vi sarebbe bisogno di armi se fosse permesso di percorrere la strada politica. “Se le ragioni per imbracciare le armi scomparissero, le abbandoneremmo”, ha precisato Muslim.

Quest’ultima apertura curda è stata avviata in ottobre 2024, paradossalmente dal partito più anticurdo della Turchia presieduto da Devlet Bahçeli, leader ultranazionalista panturanico, prezioso partner della coalizione, il cui sogno era quello degli ultranazionalisti kemalisti e cioè di una Turchia senza curdi. Bahçeli si era storicamente opposto a qualsiasi concessione di diritto per i curdi. Si oppose strenuamente all’apertura curda del 2012-15 poi fallita. Ora invece sembra tutt’altro personaggio politico, si dice spinto avanti da Erdogan che su questo nuovo tentativo di apertura curda preferisce restare dietro le quinte così poi in caso di successo potersene accreditare la paternità e in caso di fallimento poter dire che lui non era d’accordo e che non l’ha mai sostenuta. Ma perché il duo Bahçeli-Erdogan sta perseguendo questa strategia di pacificazione con la componente curda?

L’interesse di Erdogan

Cosa spinge il leader turco ad avviare una nuova apertura curda dopo quella fallita del 2012? Erdogan a Costituzione vigente non potrà candidarsi alle prossime elezioni presidenziali per l’attuale vincolo dei due mandati. Dunque il presidente turco intende cambiare la Costituzione per assicurarsi un terzo mandato, ma non ha la maggioranza qualificata per farlo e dunque è alla ricerca di un allargamento della maggioranza parlamentare per poter realizzare questa riforma. La maggioranza può essere allargata solo puntando al gruppo dei parlamentari curdi che sono di numero sufficiente per far sì che si raggiunga la maggioranza dei tre quarti necessaria. Il resto dell’opposizione, in particolare quella del maggior partito CHP, non ha alcuna intenzione di sostenere una tale riforma, anzi si batte per abrogare il presidenzialismo dell’uomo solo al comando e per rafforzare il sistema parlamentare con la reintroduzione della figura del primo ministro.

Dunque l’unica possibilità per il presidente turco è attrarre il voto curdo, per questo sia Erdogan che il suo prezioso alleato ultranazionalista hanno proposto una nuova apertura curda, come quella del 2012-15, e che consiste nel concedere la libertà ad Abdullah Öcalan, che si avvarrebbe della legge sul “diritto alla speranza” per gli ergastolani. Ma il “processo di pace curdo”, come è intenso da milioni di curdi del paese dovrebbe comprendere l’accoglimento delle loro principali richieste democratiche, come il diritto alla lingua e alla loro cultura, oltre che ad una autonomia amministrativa, ma ciò non sembra essere proprio quello che hanno in mente il duo Erdoğan-Bahçeli. Il loro obiettivo, infatti, è assicurarsi il sostegno del partito filocurdo in parlamento per mantenere Erdoğan al potere.

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