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Il tour europeo di un founder italiano. «Da Ghent a Dublino e poi Barcellona. In Spagna puntano su giovani e diritti»


Lorenzo Tiberi, co-founder di Crono, ha lasciato l’Italia poco dopo la laurea per lavorare nel mondo tech tra Belgio e Irlanda. «All’estero noto che ai ragazzi danno maggiori responsabilità. Ora lavoro nel quartiere delle startup». La nuova puntata della rubrica “Italiani dell’altro mondo”

«A 300 metri da me hanno sede tre unicorni. In un certo senso mi reputo un nerd delle startup». Nel raccontarci come mai ha deciso di trasferirsi a Barcellona, Lorenzo Tiberi – cofounder di Crono – ci ha dato l’idea di essere un imprenditore capace di riconoscere i posti (e di raccontarli) grazie al linguaggio del mondo tech. Come se avesse sempre sotto mano una geografia dell’innovazione. «Sono stato a Bruxelles ai tempi dell’università, il centro per quanto riguarda le istituzioni politiche. Se si è però interessati alle startup, in Belgio è a Ghent che bisogna andare. La reputano una sorta di Silicon Valley del Paese».

Lorenzo Tiberi, cofounder di Crono

In questa nuova puntata della rubrica Italiani dell’altro mondo, l’appuntamento settimanale in cui incontriamo founder, Ceo e talenti italiani che vivono e lavorano all’estero, ci siamo spostati nella capitale catalana, dove oggi Tiberi opera in uno dei quartieri simbolo dell’innovazione. Nel corso dell’intervista abbiamo parlato anche dell’Italia e del motivo per cui ha deciso di lasciarla. In Spagna, Paese il cui PIL nel 2024 è cresciuta del 3,2% (tre-virgola-due), l’economia galoppa soprattutto se messa a confronto con altri Paesi Ue (non facciamo nomi). E di questa crescita stanno beneficiando anche le startup.

Quando l’estero è la soluzione

Lorenzo Tiberi è nato in un piccolo comune tra la Maremma e la Val d’Orcia. Ha studiato economia tra le Università di Pisa e Firenze e dopo gli studi ha deciso di cambiare aria partendo da uno sconfortante dato di fatto. «Non voglio fare il criticone, ma all’epoca per un tirocinio le prospettive erano molto vaghe. All’estero vedevo che quando mi candidavo per posizioni aperte mi proponevano sempre qualcosa di più, maggiori responsabilità». Ed è per quello che in poco tempo nel 2015 ha deciso di volare in Belgio, a Ghent.

barcellona
Da sinistra Marco Rosmarini, Alex Roggero, Lorenzo Tiberi, Marco Maddiona

«A Teamleader sono andato perché avevano un progetto, cercavano persone, lo stipendio era buono con la casa pagata per un anno». In Belgio ha iniziato a occuparsi dell’ambito sales per un CRM. «L’obiettivo era, in un anno di test, valutare la possibilità di aprire il mercato in Italia. Alla fine si è capito alla svelta che c’erano margini e dunque mi hanno dato più responsabilità e ho iniziato a costruire un team». Da Ghent è così rientrato in Italia, per stabilirsi qualche anno a Milano, città di cui però non ha un ottimo ricordo. «Mi piaceva molto come era il posto, ma non la vedevo come la mia città. L’ecosistema startup era ancora embrionale».

Così nel 2019 ha deciso, come ci ha raccontato, «di passare da una startup di CRM alla Ferrari dei CRM. Salesforce». Lorenzo si è così trasferito a Dublino, un’altra città che abbiamo visitato di recente nella nostra rubrica, capitale delle grandi tech company globali che in Irlanda hanno stabilito la propria sede europea, attratte da un fisco molto amico. «A Ghent avevo avuto il primo contatto con le startup. In città ci sono alcuni unicorni, società che hanno fatto exit, c’è una grandissima contaminazione. Una delle aziende principali è Showpad. Dublino, invece, è diversa».

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Leggi anche: «Le startup germogliano attorno ai giganti. Dublino è la capitale europea del tech»

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Ci sono città e città

Tra 2019 e 2021 è stato in Irlanda per Salesforce. «Là incontri gruppi di persone che lavorano a Micorsoft, Google, Meta. Tanti expat, con una grande offerta di talenti, quasi in una bolla. Ma oltre al pub e alla musica non c’era molto altro». Così la scelta di vita successiva lo ha portato più a sud, per conciliare lavoro e vita, soprattutto dopo lo choc della pandemia, durante la quale molte persone hanno deciso di valorizzare di più il proprio tempo libero, allontanandosi dalla modalità workaholic.

«Avendo vissuto in varie città, sapevo cosa mi piaceva: amo star fuori e sono appassionato di tech. Le scelte si sono ridotte a Lisbona o Barcellona. Ho scelto quest’ultima ed è stata la migliore decisione della mia vita: qua la qualità della vita è imbattibile». La città catalana, come varie metropoli europee, fa i conti con problemi importanti come l’over-tourism, ma è un comune che ha costruito la propria identità in una Spagna che sta correndo in economia e non solo.

barcellona

«Il Paese ha diversi unicorni come Glovo, Factorial, Wallbox. E poi ci sono scaleup come Red Points». Come si intende, Lorenzo ha la passione dell’estero, ma anche delle startup, bandierine che sa posizionare sulla cartina. «Mi piace vedere chi fa». E infatti la sua startup a Barcellona ha sede a Poblenou, il quartiere delle startup della città affacciato sul mare. «Qui il progetto urbano @22 District è stato voluto per rilanciare la zona».

Con Crono Lorenzo Tiberi è rimasto nell’ambito sales per offrire un tool di Intelligenza artificiale. «Ad oggi si è evoluta la piattaforma e offre automazione e integrazioni al sales per fare meglio il suo lavoro. Abbiamo raccolto mezzo milione e siamo un team di 16 persone tra Spagna, Italia, Romania, Ucraina e US».

Lo abbiamo detto, la Spagna oggi è un Paese che sta offrendo un’alternativa di crescita. In un mondo in cui destre e conservatori stanno guadagnando consensi, i progressisti spagnoli propongono la loro ricetta. «C’è molta attenzione ai diritti: forse è il più grande Paese europeo impegnato su questo. Grande impegno poi sull’aspetto urbano, sulle pedonalizzazioni, sul concetto di città come posto bello in cui vivere». Fattori che non sono affatto inconciliabili con la crescita. «Hanno un’attenzione all’economia e a far crescere i giovani. È importante crescere economicamente, ma anche socialmente».





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