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L’onda lunga di Gratteri. Dal 2018 al 2024 pagati 78 milioni per le ingiuste detenzioni in Calabria


Negli ultimi sette anni lo stato ha sborsato 220 milioni di euro per indennizzare i cittadini vittime di ingiusta detenzione, cioè che sono stati arrestati per poi essere prosciolti o assolti. Il 35 per cento dei casi in Calabria, terra di maxi operazioni con decine di arresti, poi finite in un flop


Dal 2018 al 2024 lo stato italiano ha sborsato 220 milioni di euro per indennizzare i cittadini vittime di ingiusta detenzione, cioè che sono stati arrestati (in carcere o ai domiciliari) o destinatari di misure cautelari coercitive salvo poi essere prosciolti o assolti. Una cifra monstre, che emerge dall’ultima relazione del ministero della Giustizia sulla custodia cautelare e sulle ingiuste detenzioni in Italia. A colpire è anche la distribuzione geografica degli indennizzi. A saltare all’occhio è un dato: di questi 220 milioni, ben 78 (cioè il 35 per cento), sono stati versati in Calabria, a seguito di disposizione delle competenti Corti d’appello di Catanzaro e di Reggio Calabria. In altre parole, una regione che ospita soltanto 1,8 milioni di abitanti ha assorbito negli ultimi sette anni il 35 per cento dell’intera spesa destinata a risarcire le vittime di ingiusta detenzione. Un record, confermato anche nel 2024: su 26,9 milioni complessivi, 8,8 milioni (il 33 per cento) sono stati versati per risarcire chi è stato incarcerato ingiustamente in Calabria. 

 

Dietro il primato si cela un sistema giudiziario disastroso, dominato da procure d’assalto (in primis quelle di Catanzaro e di Reggio Calabria) abituate a operare attraverso continue maxi operazioni contro la criminalità organizzata con decine, se non centinaia di arresti, che molto spesso poi si rivelano ingiusti. Le maxi operazioni più note sono quelle condotte da Nicola Gratteri, pm prima a Reggio Calabria e poi a Catanzaro, in cui è stato capo della procura dal 2016 al 2023 (anno in cui è diventato procuratore di Napoli). 

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Tanto per citarne alcune: la maxi operazione contro la ’ndrangheta compiuta nel 2003 a Platì, nella Locride, con 125 misure di custodia cautelare (alla fine solo in otto vennero condannati); l’operazione “Circolo formato” del 2011, con l’arresto di quaranta persone, tra cui il sindaco di Marina di Gioiosa Ionica e diversi assessori (gli amministratori locali poi vennero assolti); l’ancora più nota operazione “Rinascita-Scott”, lanciata nel 2019 con 334 persone destinatarie di misure cautelari (in primo grado sono stati assolti 131 imputati su 338, praticamente uno su tre); l’inchiesta del dicembre 2018 che sconvolse la politica calabrese, con le accuse di corruzione e abuso d’ufficio contro l’allora presidente della regione, Mario Oliverio, poi assolto da tutte le accuse.

 

“Gratteri ha sempre sostenuto che i risarcimenti per ingiusta detenzione erano riferibili agli anni prima del suo arrivo a Catanzaro. Adesso però le Corti d’appello stanno trattando proprio gli anni della sua gestione e i numeri, anziché diminuire, aumentano”, afferma al Foglio proprio l’ex governatore Mario Oliverio.

 

Le parole dell’ex governatore trovano conferma nei dati del ministero retto da Carlo Nordio. Nel 2024 il maggior numero di ordinanze di indennizzo per ingiusta detenzione è stato emesso dalla Corte d’appello di Catanzaro: 110 sulle 552 di tutto il territorio nazionale, vale a dire ben il 20 per cento del totale. “Questi numeri – dice Oliverio – sono il risultato del metodo dell’azione a strascico: anziché contrastare i reati di ’ndrangheta in maniera precisa, circoscritta, si procede con maxi operazioni con decine e centinaia di arresti, molti dei quali poi risultano ingiusti”. 

 

Secondo Oliverio, vittima anche lui del metodo Gratteri (la Cassazione definì quella lanciata dal pm contro l’allora presidente di regione come un’indagine dal “chiaro pregiudizio accusatorio”), il modo di procedere di Gratteri e di altri procuratori come lui ha prodotto due effetti: “Primo, il potere della ’ndrangheta è cresciuto sul piano internazionale. La ’ndrangheta è diventata la più importante organizzazione criminale nel traffico di droga e di armi sul piano internazionale. Secondo, l’immagine della Calabria è stata distrutta. Anni e anni di maxi operazioni hanno contribuito a diffondere l’immagine di una regione in mano alla mafia”. “Il dato delle ingiuste detenzioni è sintomatico di una giustizia che non funziona e che travolge imprese, persone innocenti, amministratori locali. La politica dovrebbe avviare una seria riflessione su questo, ma invece da anni si è piegata alla vulgata giustizialista”, aggiunge Oliverio.

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Come se non fosse bastato il flop dell’inchiesta per corruzione, finito con l’assoluzione di Oliverio, proprio quest’ultimo di recente ha ricevuto l’avviso di conclusione di un’indagine che lo vede coinvolto (insieme ad altre trenta persone) e che venne aperta nel 2018 sempre dalla procura di Catanzaro guidata da Gratteri. La procura ipotizza il reato di falso e accusa Oliverio di aver istigato un dirigente della Protezione civile a prorogare di un anno il contratto di due lavoratori co.co.co. “Una bomba a orologeria”, la definisce Oliverio. “Quello che in questo caso indigna ulteriormente è che la bomba congegnata è a scoppio ancor più ritardato. Insopportabile,  al di fuori da ogni norma processuale, che esige, al contrario, una celerità di giudizio”. 

 

I fatti contestati risalgono infatti all’aprile 2019. Ciò significa che per il reato ipotizzato la prescrizione scatterà il prossimo aprile. La procura di Catanzaro ha quindi impiegato sei anni per concludere le indagini su un presunto falso che andrà in prescrizione tra poche settimane. Nonostante ciò, o forse proprio per questo, ha deciso comunque di notificare l’avviso di conclusione delle indagini a Oliverio, facendo sì che il suo nome tornasse a essere infangato sui quotidiani. E’ il metodo calabrese. Piuttosto costoso per le casse pubbliche. 
 





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