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Palermo prova a imparare da Milano, ma il divario sembra incolmabile


L’ultima volta che le città di Milano e Palermo erano state insieme nella stessa locandina era nel 1995, in occasione di un film a suo modo cult, “Milano-Palermo solo andata”, pellicola sull’avventuroso viaggio senza ritorno di un gruppo di poliziotti in servizio di scorta a un giudice antimafia e a un pentito.

Milano e Palermo, adesso, sono vicine anche nella locandina del forum Milano-Palermo “Genio Mediterraneo”, che lunedì ha portato i protagonisti dell’economia, della cultura e della politica delle due città al Teatro Massimo, a Palermo, per confrontarsi su quello che è stato definito «percorso di crescita comune». Grande parata di vip, a cominciare dal sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, a fare gli onori di casa, e dal suo collega di Milano, Giuseppe Sala. Ma sono stati i siciliani di trasferta a Milano i protagonisti della giornata, banchieri e manager che, emigrati dalla Sicilia, hanno avuto successo in Lombardia. Le case history abbondano.

Tra loro Antonio Calabrò, che oggi è presidente della Fondazione Assolombarda e che è entusiasta di quello che lui chiama «uno straordinario laboratorio, guidato dai sindaci delle due metropoli, in cui tracciare nuove mappe dello sviluppo sostenibile». Si parla della Sicilia come di un «hub logistico del Mediterraneo», di sinergie tra le due città per evitare soprattutto i tanti, troppi, trasferimenti al nord di giovani diplomati. Pragmatico, Giuseppe Sala vede il percorso già tracciato: «Da uno a dieci siamo già a due, e non è poco, per fare qualcosa di concreto». Per il primo cittadino di Milano quella con Palermo è soprattutto «un’alleanza delle competenze».

Ma davvero si possono mettere sullo stesso piano Palermo e Milano? Superficie simile, densità abitativa doppia di Milano rispetto a Palermo, ma mentre il capoluogo lombardo primeggia in molte classifiche (occupazione al settantacinque per cento, reddito medio ventitremila euro), Palermo arranca nei bassifondi (occupazione al cinquanta per cento, reddito medio intorno ai diecimila euro).

Ma il presidente della Regione, Renato Schifani, parla di una «città che sta facendo grandi sforzi, e che sta iniziando un percorso di industrializzazione e di modernizzazione». Sarà, ma intanto nello stesso giorno il suo governo lancia l’ennesima misura di sostegno per le famiglia disagiate: il reddito di povertà, che in poche ore è stato chiesto già da undicimila siciliani. Insomma, di fronte alla povertà dilagante, la risposta della politica è sempre quella del sussidio.

Lagalla, invece, orgoglioso, mostra i progressi della città da lui amministrata, e in particolare il riconoscimento ottenuto dalla rivista National Geographic che ha incoronato Palermo come «luogo ideale per lo smart working». Negli interventi si parla spesso di periferie, gap, transizione digitale, e si utilizzano alcune espressioni ricorrenti: «sinergia pubblico privato», «visione culturale», «puntare sui giovani». Si cita anche il «ponte Palermo-Milano», ed ogni volta in sala sono sorrisini e occhiatine, perché la parola ponte fa venire in mente sempre quella roba lì, il Ponte per eccellenza, quello sullo Stretto, e si scopre che l’unico lumbard che ci crede veramente è il Ministro dei Trasporti, Matteo Salvini, perché per il resto gli ospiti milanesi hanno molto scetticismo sulla fattibilità dell’opera (dove la Sicilia mette sul piatto 1,5 miliardi di euro).

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Al di là degli interventi di rito, è, come sempre, nei discorsi di corridoio che si capisce il senso di molto, con il Sindaco Giuseppe Sala che ha gli occhi che gli brillano quando chiede al suo omologo palermitano, ad esempio, come stanno messi i siciliani a raccolta dei rifiuti. Lagalla vorrebbe cambiare discorso, idem Schifani. Se il tema rifiuti in Sicilia è un rebus, a Palermo è un autentico disastro, con la città, oggi come ieri, puntualmente invasa da discariche. «Ma dal 27 febbraio – fa sapere Lagalla – partiremo con la raccolta differenziata anche nel centro storico».

Sembrerebbe una buona notizia, è la certificazione di una città che è indietro anni luce, con una raccolta differenziata ferma al quindici per cento, mentre la media siciliana è del cinquantacinque per cento (con trecento Comuni oltre l’ottanta per cento), e, di conseguenza una Tari elevatissima (ed evasissima). I milanesi chiedono informazioni e la buttano lì: «Noi abbiamo il gruppo A2A, la nostra multiservizi, potrebbero darvi una mano. Abbiamo creato termovalorizzatori anche in Campania».  Stiamo parlando di un colosso quotato in Borsa, con un fatturato di 421,3 miliardi nel 2024.  Numeri irrisori invece per l’omologa palermitana, la Rap, con circa centodieci milioni di euro di fatturato e un’enormità di problemi, in una Regione che da anni discute la realizzazione di due termovalorizzatori per evitare di dover pagare, cosa che accade, per inviare i rifiuti all’estero via nave.

I milanesi ammazzano il sabato, insegna Scerbanenco. Ma fanno affari per tutto il resto della settimana. E così in questo caldo lunedì palermitano, con un febbraio che sembra maggio, chiedono informazioni anche su altro: «I trasporti, ad esempio, come siete messi con i trasporti?». «Noi abbiamo anche il tram, da poco – rispondono i palermitani – funziona che è una bellezza, e poi i bus, e stiamo facendo la metro, che vi pare» aggiungono, omettendo lo scandalo dei cantieri lumaca e delle palazzine sventrate. Anche là, i meneghini hanno il suggerimento: «Noi abbiamo l’Atm, se serve possiamo fare qualcosa». Stiamo parlando di un altro colosso, che, in effetti, ormai ha allargato il suo raggio d’azione anche oltre Milano, gestendo la metro della capitale della Danimarca, Copenaghen, e quella di Salonicco, in Grecia. Perché non provarci anche in Sicilia?

Insomma, sembra quasi che questi milanesi siano venuti a conquistare la Sicilia,  più che a scambiare buone pratiche. E i siciliani? Emigrano, come fanno sempre. E si vantano di raccontare le loro storie di successo al nord, dove magari diventano top manager di aziende che vengono a conquistare i mercati siciliani.

Arriva anche l’eco, in questa lunghissima giornata, dell’ennesimo deputato regionale siciliano finito nei guai. Si chiama Giuseppe Castiglione, è stato arrestato per voto di scambio politico-mafioso. Giusto per renderla ancora più sfiziosa, Castiglione è componente della commissione antimafia dell’Ars. Fa parte del nuovo partito del Sindaco di Palermo, con l’ex delfino di Berlusconi, Gianfranco Miccichè, e Raffaele Lombardo. Un partito che non ha un nome (si dovrebbe chiamare Stella del Sud, anche se sa tanto di villaggio vacanze), ma ha già un arrestato. Su questi record, bisogna dire, i siciliani sono imbattibili, e ai lumbard hanno molto da insegnare.

Finisce con tante strette di mano, i milanesi che se ne vanno, i siciliani che restano. «Parole, parole, parole», dice nel foyer ormai quasi deserto del Teatro Massimo un alto burocrate della Regione, ad un noto politico della città. «Questi vengono qua, convinti di doverci spiegare come va il mondo, ma da noi hanno solo da imparare» aggiunge.  E racconta una barzelletta, che vale di essere scritta qui, in chiusura, come sugo di questa giornata e di tutta questa storia. La barzelletta è questa. Due politici, uno milanese e l’altro palermitano, stringono amicizia tra i banchi del Parlamento. Il palermitano un giorno va a trovare il milanese. Che lo porta a fare un giro, e poi gli fa vedere il cantiere di un viadotto in costruzione: «Guarda, gli dice, qui abbiamo fatto un capolavoro. Questo cantiere durerà anni, costa un miliardo di euro, tra una variante e l’altra ci mangiamo un pò tutti, taaac. Che te ne pare?».

«Bello – risponde il palermitano –. Anche noi abbiamo fatto una cosa simile, in Sicilia». Qualche tempo dopo il milanese ricambia la visita e va a trovare il suo amico palermitano. «E allora, mi porti a vedere questo famoso viadotto?», lo stuzzica. «Certo, andiamo», gli fa quello. Prendono l’auto, escono dalla città, superano un paio di tornanti, ed arrivano al belvedere su una valle, deserta. «Un miliardo di euro, e ci mangiamo un po’ tutti…». «Ma io qua non vedo nessuno cantiere», ribatte meravigliato il milanese. «Appunto».

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