Nella regione i compensi più alti d’Italia, la Regione deve ridurli. Le cliniche: «Così andiamo in perdita»
Sembra un paradosso. L’opposizione in Consiglio regionale e i sindacati continuano a puntare il dito su «un Veneto troppo generoso con i privati». Secondo il ministero della Salute dal 2020 al 2022 il budget erogato al privato accreditato (cliniche e poliambulatori) è infatti aumentato dal 17% del Fondo sanitario regionale al 17,8%. E dunque su un bilancio della sanità nel 2022 (ultimi dati disponibili) pari a 11,9 miliardi di euro, 2,1 sono andati al privato accreditato. Le aziende sanitarie solo per l’acquisto di prestazioni in aggiunta a quelle erogate dal Sistema sanitario nazionale hanno versato un totale di 664.239.836 euro: 413.937.657 per attività ospedaliere e 250.302.179 per la specialistica ambulatoriale.
Le tariffe
Eppure i privati accreditati sono di nuovo in protesta e, dopo la manifestazione generale del 20 marzo 2024 a Roma, dal primo aprile minacciano di bloccare le prenotazioni rese in regime di convenzione per contestare la riduzione dei rimborsi imposta dal nuovo nomenclatore nazionale, voluto dal governo per uniformare tariffe finora diverse regione per regione. E soprattutto ferme al 1996 per la specialistica ambulatoriale (da allora le voci sono cresciute da 1.702 a 2.108) e al 1999 per la protesica (1.063 voci). Il provvedimento è entrato in vigore il primo gennaio scorso (con un anno di ritardo rispetto al previsto) in tutta Italia ma non in Veneto, dove una delibera della giunta Zaia ha deciso di mantenere fino al 31 marzo le tariffe più alte del Paese. Per esempio se una risonanza del cervello e del tronco encefalico viene rimborsata 191,5 euro, nel Veneto vale 240,10; una risonanza nucleare del torace, 133,2 euro, qui si paga 223,40; una risonanza della mammella, 215,2 euro, lievita a 323,10. Dal primo aprile però ci si dovrà adeguare ai rimborsi unificati, da qui la minaccia dei privati di bloccare le prenotazioni, stop già avviato venerdì in Friuli e che rischia di far saltare migliaia di accertamenti, bloccare le agende dei Cup e imporre una brusca frenata allo smaltimento delle liste d’attesa.
«Prestazioni congelate: è grido d’allarme»
«Le nuove tariffe sono state ridotte dal 30% al 60% a seconda della specialità — denunciano in una nota comune le sigle di categoria Aiop, Anisap, Aris e Assosalute —. Così si rende insostenibile l’erogazione di attività che risulteranno al di sotto dei costi di produzione, soprattutto per la Radiologia, le Tac, le Risonanze magnetiche e interventi prima garantiti in regime di ricovero e ora classificati ambulatoriali, come artroscopie, trattamento di ernie e varici. La decisione di congelare le prestazioni in convenzione è un grido d’allarme e una scelta sofferta, siamo consapevoli del disagio arrecato agli utenti. Ma l’attuale nomenclatore per molte voci non copre nemmeno i costi vivi, né considera gli investimenti affrontati per garantire tecnologia e servizi di qualità — aggiungono i privati —. La decisione di bloccare le agende è un gesto che vuol far capire la gravità della situazione: i centri più piccoli non potranno sopravvivere e gli altri saranno costretti a tagliare investimenti, forza lavoro e di conseguenza il servizio ai pazienti. Negli anni sono aumentati i costi di personale, tecnologia, energia, quindi vanno ridefinite le tariffe».
Più di una prestazione su tre garantita dal privato
Ma quante, degli 80 milioni di prestazioni sanitarie erogate ogni anno in Veneto, sono assicurate dal privato accreditato? «Almeno il 36%, ed è un calcolo della Regione — rivela Giusepe Caraccio, presidente per Veneto e Trentino Alto Adige di Anisap, sigla degli ambulatori accreditati —. Però dal primo aprile non potremo più garantire il nostro apporto oppure dovremo ridurlo di molto. Tutto ciò a scapito degli utenti, del resto non ci stiamo dentro con le spese: come si fa a pagare una visita dermatologica 20 euro, un controllo per il Parkinson 15 euro, una Tac 90? E non ci stiamo ribellando solo noi, ma i centri accreditati di tutta Italia, che per sostenere il sistema pubblico spesso riducono l’attività di privato puro. Per la diagnostica il Veneto deve mantenere le tariffe attuali, si può ridurre qualcosa per i laboratori di analisi o altre voci minori».
L’ira della Cgil
«Per sostenere le tariffe più alte d’Italia — tuona la Cgil — il Veneto paga ai privati 100 milioni di euro l’anno». Ridimensionati a 75 dalla Regione, che per cercare di trovare una soluzione ha convocato un tavolo di lavoro con le parti: il prossimo incontro sarà il 6 marzo. «Ci auguriamo che il confronto sia costruttivo e tenga conto delle istanze rappresentate dalla sanità privata accreditata», il sintetico commento di Aiop Veneto, presieduta da Giuseppe Puntin.
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