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Uno studio del Politecnico per conservare e valorizzare i paesaggi viticoli alpini


Nelle vallate del Pinerolese, in Valle di Susa e nell’Alto Canavese c’è un patrimonio ambientale, paesaggistico e rurale che merita di essere difeso e trasmesso alle future generazioni, perché è la testimonianza di un’antica sapienza nella coltivazione di vigneti e di vitigni che vengono definiti come eroici.

Per tutelare questa ricchezza, la Città metropolitana di Torino ha promosso e sostenuto uno studio i cui risultati sono stati sintetizzati nella “Guida transfrontaliera per la conservazione e il recupero dei paesaggi viticoli alpini” presentata in occasione del Salone del Vino co curata dalla Dottoressa Federica Barovero e di cui la professoressa Claudia Cassatella, docente del Dipartimento Interateneo di Scienze, Progetto e Politiche del Territorio-DIST del Politecnico è Responsabile Scientifico.

La ricerca, portata avanti nell’ambito del progetto europeo Interreg Alcotra “Strada dei Vigneti Alpini”, analizza le caratteristiche paesistiche impresse al territorio dall’attività vitivinicola, con l’attenzione rivolta all’evoluzione secolare delle coltivazioni e all’impatto che hanno avuto sull’aspetto dei territori alpini. Sono interessanti sia le tecniche di coltivazione che quelle utilizzate per difendere i terreni scoscesi dall’erosione, tant’è che i muretti a secco sono inseriti nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale riconosciuto dell’UNESCO.

“Siamo in una prospettiva di sviluppo rurale e sociale delle comunità alpine, ma anche di messa in sicurezza e manutenzione del territorio – sottolinea la professoressa Claudia Cassatella  I territori vitati alpini sono interessanti per un turismo che cerca un’esperienza non di massa. La prospettiva produttiva è interessante anche in considerazione del cambiamento climatico a cui andiamo incontro: già oggi si stanno spostando più in alto alcuni areali di coltivazione di determinati vigneti. Vorrei anche segnalare che il Politecnico ha contribuito al progetto Vi.A anche con attività di animazione delle comunità locali condotte dalla professoressa Federica Corrado”. 

La guida identifica alcuni indirizzi che le amministrazioni pubbliche dovrebbero seguire per tutelare i paesaggi vitati alpini, che devono essere innanzitutto preservati dall’abbandono e dalla frammentazione, incentivandone il recupero. Una serie di campagne conoscitive e mappature è inoltre indispensabile per individuare le relazioni tra le diverse tessere che compongono il paesaggio viticolo, che va ben oltre il singolo appezzamento vitato. Non è un caso quindi se gli indirizzi che la guida ha previsto per le amministrazioni pubbliche sono stati recepiti nel PTGM, il Piano Territoriale Generale di cui la Città metropolitana di Torino si è dotata negli anni scorsi. Le campagne ricognitive hanno consentito di creare o valorizzare gli itinerari della Strada dei vigneti alpini e di formare guide capaci di spiegarne i valori ai visitatori.

Occorre preservare le aree coltivate a vite dalle trasformazioni d’uso del suolo e dalla diminuzione della biodiversità, adattarle ai cambiamenti climatici, mantenere la riconoscibilità dei borghi storici, recuperare le costruzioni connesse con la viticoltura (i tradizionali “ciabòt”), valorizzare la qualità scenica dei paesaggi viticoli, mitigare le interferenze visive da parte di nuove costruzioni ad uso civile o produttivo non coerenti con il paesaggio tradizionale, ma anche da parte di strade, elettrodotti, muri di contenimento, recinzioni, segnaletica stradale e cartellonistica pubblicitaria. I privati devono essere accompagnati nel recupero e nella gestione degli appezzamenti vitati abbandonati, nell’impianto di nuovi vigneti e nel rinnovo di quelli in abbandono, nella riqualificazione e gestione di edifici storici e indispensabili come le cantine e i tradizionali capanni per il ricovero degli attrezzi. I muri e i muretti presenti nelle vigne, la biodiversità vegetale intorno e nelle vigne sono elementi da tutelare e valorizzare, anche perché influiscono sulla qualità dell’ecosistema del vigneto.

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La guida non è un libro dei sogni, perché si chiude passando in rassegna progetti già realizzati con successo nei territori della Città metropolitana, della Valle d’Aosta e del Dipartimento francese della Savoia. Si tratta di progetti-pilota che, sull’esempio del recupero della casaforte Gran Masun a Carema e dei “ciabòt” lungo il Sentiero del Ramìe a Pomaretto, dimostrano che un’economia rurale e turistica può scaturire dal recupero dell’antica sapienza vitivinicola alpina

L’elemento che fa ben sperare per il futuro è il fatto che vi siano nuove aziende condotte da giovani imprenditori e che nei tavoli di concertazione istituiti nelle quattro aree vitivinicole della Città metropolitana di Torino è emerso un interesse ad avviare nuovi progetti aziendali

Della guida si parlerà da sabato 1 a lunedì 3 marzo anche al Salone del Vino, organizzato alle OGR da Klug aps e patrocinato e sostenuto dalla Città metropolitana di Torino. L’ambizione degli organizzatori è quella di raccontare il patrimonio vitivinicolo del Piemonte in ogni sua sfaccettatura, coinvolgendo tutti i territori del vino, approfondendone tipicità e unicità, analizzando i nuovi trend e le sfide del futuro.

La Città metropolitana di Torino ha scelto di essere presente alle OGR con un desk dedicato al lavoro scientifico curato dalla professoressa Cassatella. Scansionando il QRCode riprodotto nella parete alle spalle del desk della Città metropolitana sarà possibile accedere alla sezione del sito Internet dell’Ente dedicata all’interessante studio scientifico sul valore paesaggistico e naturalistico della vitivinicoltura “eroica” delle Alpi Occidentali.



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