Dai bar della provincia sarda agli esclusivi club della Costa Smeralda, fino all’elegante rooftop bar dell’Hilton: a 30 anni, Lorenzo Manconi è uno dei più interessanti bartender della “new wave” italiana a Londra. “Ho sacrificato tutto per questo lavoro e non mi fermo qui. Ma non punto ai 50 Best Bars”.
Da ragazzino, dopo la scuola, lavorava nei baretti di paese nella zona di Calangianus, dove è cresciuto nel nord della Sardegna. Oggi, a 30 anni, Lorenzo Manconi è head mixologist del Florattica, elegante rooftop bar del Canopy Hilton hotel a Londra. E soprattutto è uno dei nomi più interessanti fra le “nuove leve” di mixologist italiani. Perché è bravo, preparato, appassionato e caparbio. E non nasconde l’ambizione di puntare a traguardi sempre più alti, ma sempre animato da un unico obiettivo: “Faccio questo lavoro per la gente, per farla stare bene, non per entrare in una classifica o vincere le competition”, ci racconta fra una guest e l’altra a Palermo.
“Londra? Non è più quella di un tempo”
Sì, perché Lorenzo Manconi è stato fra le guest di spicco della Palermo Cocktail Week che nei giorni scorsi ha animato numerosi locali della città, protagonista in particolare di due serate sponsorizzate dal liquore Cadello 88, rispettivamente, al Cantavespri e al Mini Market, nuovissimo secret bar aperto due settimane fa nel centro storico. Facendosi notare innanzi tutto per la calma e la concentrazione che riesce a mantenere anche nelle situazioni più caotiche: “Merito dei tanti anni di esperienza nei club della Costa Smeralda, dove sono arrivato a preparare anche 800-900 drink a serata”, spiega.
Dai “lavoretti” nei bar della profonda provincia sarda, infatti, Lorenzo scopre la passione per il mondo del bar e della mixology. Così, dopo il diploma al liceo scientifico, arrivano le stagioni estive in alcuni dei più esclusivi locali della riviera gallurese, “a partire dal Phi Beach, da molti considerato uno i migliori beach club al mondo: dagli inizi come barback, sono arrivato a ricoprire il ruolo di secondo barman. E ho capito che era arrivato il momento di fare esperienza fuori dalla Sardegna”.
Pur continuando per diversi anni a lavorare in Costa Smeralda in estate, è a Londra che trova nuove possibilità di crescita e nuovi stimoli: “Quando vi arrivai la prima volta, la capitale britannica era la Mecca di ogni bartender”, ricorda; “C’erano Simone Caporale e Alex Kratena all’Artesian, Marian Beke al Nightjar… Il livello della mixology era superiore a tutto il resto del mondo. Poi c’è stata la Brexit…”. Che ha fatto sprofondare il Paese in una profonda crisi dalla quale non vede ancora la via d’uscita: “Londra ha ancora molto da offrire, tanto che da circa un anno vi lavoro stabilmente, ma il tracollo è evidente. Non si trova più personale e non è un caso se i cocktail bar londinesi, un tempo punto di riferimento nel mondo, sono ormai spariti dai piani alti di classifiche come i World’s 50 Best Bars. Lasciando a Barcellona il ruolo di nuova capitale europea della mixology“.
“Sono una primadonna ma lavoro per i clienti, non per le classifiche”
E infatti, come Londra dieci anni fa, ultimamente è stata la città catalana lo scenario che ha proiettato alcuni top bartender italiani ai vertici della miscelazione mondiale, da Simone Caporale del Sips a Giacomo Giannotti del Paradiso, solo per citare due recenti numeri uno proprio dei World’s 50 Best Bars. Pronto a seguire le loro orme? “Un anno fa – risponde Lorenzo – avrei detto di voler aprire anch’io un mio locale. Oggi penso che sia importante fare un passo intermedio, cercando di allontanarmi un po’ dall’operatività al banco per dedicarmi maggiormente alla creazione di drink. Dove mi vedo in futuro? Non lo so, non sono un pianificatore: magari domattina mi sveglierò e deciderò di partire per chissà quale destinazione. Non è questione di offerte economiche: a Londra guadagno bene (peccato che sia bravissimo a spendere…), ma guadagnavo bene anche in Costa Smeralda. Il fatto è che lì non avevo gli stimoli e la considerazione professionale che mi spingono a guardare sempre avanti”.
Non pensate, però, che punti a rinchiudersi in un laboratorio, a studiare distillati e ricette chino su alambicchi e cocktail glass: “Non potrei mai. Lo ammetto, sono una primadonna: mi piace stare sul palco, farmi vedere… Al punto che, fra un impegno al bancone e l’altro, in passato ho fatto anche il cantante…”. Almeno finché, dovendo scegliere fra microfono e shaker, non ha avuto dubbi: “In 15 anni ho sacrificato tutto per questo lavoro, dalle vacanze agli amici, alle feste in famiglia… Ora inizio a raccogliere qualche soddisfazione e mi concentro ancora di più sull’obiettivo di farmi conoscere ed emergere ulteriormente sul piano professionale. Anche se, per questo, ho dovuto mettere da parte la mia vita privata, almeno per ora: non si può avere tutto”.
Insomma, visto il talento e la determinazione, non ci stupiremmo di vedere il nome di Lorenzo Manconi fra quelli della prossima generazione di bartender che raccoglieranno l’eredità dei vari Caporale, Perrone, Giannotti, Pistolesi o Antinori nei World’s 50 Best Bars. Anche se lui si schermisce: “E’ una classifica importante, ma non è il mio obiettivo. Del resto, in 15 anni avrò fatto al massimo un paio di competition: faccio questo mestiere perché mi piace lavorare per far stare bene la gente. Le valutazioni di giudici e commissioni, sinceramente, non mi interessano”.
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