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Brasile. L’ “affaire Carrefour” | Notizie Geopolitiche


di Francesco Giappichini

Lo scenario è noto: in queste settimane i Paesi più favorevoli puntano alla conclusione, entro l’anno, dell’European union–Mercosur free trade agreement. Ovvero il Trattato di libero scambio tra Unione Europea (Ue) e Mercosur (Mercado comum do sur), i cui negoziati rimontano al 1999, e che la stampa brasiliana definisce «um acordo comercial histórico, que seria o maior do mundo». Si coinvolgono infatti 31 Paesi, 720 milioni di persone, e circa il 20% dell’economia mondiale. È impossibile qui valutare le chance di ratifica da parte dei due blocchi, sebbene sembri consolidarsi, a Bruxelles, un gruppo di minoranza capace di frenare ogni speranza di accordo.
Né è questa la sede per approfondire il ruolo del governo italiano, che facendo proprie le volontà di Coldiretti (Confederazione nazionale coltivatori diretti) e altre associazioni, si è schierato a fianco di Parigi, e delle altre Nazioni recalcitranti (Polonia, Austria, Paesi Bassi). Tuttavia va rimarcato che su questo sfondo va in scena, sull’asse Brasília-Parigi, lo scontro commerciale più mediatico di sempre: il caso Carrefour. Una contesa che si rappresenta come un’ulteriore dimostrazione di quanto le misure protezionistiche si rivelano controproducenti; ma che soprattutto evidenzia quanto Bruxelles stia perdendo di vista il Sudamerica. E tanti opinionisti locali hanno così avuto buon gioco nell’esprimere il loro sdegno antioccidentale.
Alcuni hanno segnalato come si sia scelto di praticare un populismo a buon mercato, e di imporre misure unilaterali all’intera regione, senza neppure un barlume della lungimiranza mostrata dal presidente cinese Xi Jinping durante la recente visita in Brasile. E ogni riferimento va alla impalpabile Comunità umana dal futuro condiviso, offerta da Xi ai sudamericani. Andiamo però con ordine. A inaugurare lo scontro è stato Alexandre Bompard, che presiede il mega gruppo di vendita al dettaglio Carrefour in un messaggio su X. «In tutta la Francia sentiamo lo sgomento e la rabbia degli allevatori per la proposta di accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e il Mercosur e per il rischio che il mercato francese venga inondato da carne che non soddisfa le sue richieste e i suoi standard. In risposta a questa preoccupazione, Carrefour vuole formare un fronte unito con il mondo agricolo e si impegna oggi a non vendere carne proveniente dal Mercosur», recita il comunicato del 20 novembre.
Inevitabile la replica al di là dell’Atlantico. Ovvero le reazioni sia da parte dei produttori di carne, sia del governo federale. E a organizzare la prima risposta sono stati gli imprenditori, che inizialmente hanno agito in silenzio. Con un boicottaggio quanto mai efficace, hanno cessato di rifornire i tanti supermercati del gruppo francese, che sono presenti sul suolo brasiliano. Il gruppo Carrefour accusa il colpo, e in breve è costretto a pubblicare il seguente comunicato, rivolto alla clientela locale: «Sfortunatamente, la decisione di sospendere la fornitura di carne ha un impatto sui nostri clienti, soprattutto su coloro che si affidano a noi per rifornire le loro case con prodotti responsabili e di qualità».
Inevitabili quindi le più svariate analisi, pronte a segnalare quanto la mossa della catena di supermercati abbia un effetto boomerang. Si ricorda come Carrefour ricavi dalle attività in Brasile (il secondo mercato del gruppo dopo la Francia), il 23% del fatturato. Inoltre si segnala che nell’anno in corso la Francia ha acquistato dal Brasile solo 40 tonnellate di carne bovina: lo 0,002% delle esportazioni brasiliane del prodotto. Insomma per l’industria brasiliana della carne, le vendite verso Parigi sono di fatto irrilevanti, poiché l’Ue è da tempo un mercato protetto (e altamente regolamentato) verso la carne sudamericana. Infine si citano le stime sulle vendite in Argentina, anch’esse sorprendenti.
Le associazioni che rappresentano il settore delle carni hanno poi spiegato, in un comunicato congiunto, le ragioni del boicottaggio. «La decisione annunciata dimostra un approccio protezionistico che contraddice il ruolo di un’azienda globale che opera in mercati diversi e interdipendenti», esordiscono i colossi della carne. «Questa posizione, oltre a svalutare la qualità e la sostenibilità della carne prodotta nei Paesi del Mercosur, mina il dialogo e la partnership necessari per affrontare sfide globali come la sicurezza alimentare. Il Brasile a sua volta è un riferimento globale nella produzione ed esportazione di proteine animali. Siamo leader globali nell’esportazione di carne di manzo e pollo, e la nostra produzione è ampiamente riconosciuta per l’eccellenza, essendo assicurata da rigorosi controlli sanitari e standard di qualità che soddisfano più di 160 paesi, inclusi mercati esigenti come Unione europea, Stati Uniti, Giappone e Cina. Negli ultimi 30 anni l’allevamento brasiliano ha aumentato la sua produttività del 172%, riducendo la superficie dei pascoli del 16 per cento. Se la carne brasiliana non è adatta a rifornire Carrefour in Francia, è difficile capire come possa essere considerata adatta a rifornire qualsiasi altro mercato. Dopotutto se il Brasile, con le sue pratiche sostenibili, la sua rigorosa legislazione ambientale e la sua vasta area protetta, non soddisfacesse i criteri di Carrefour per il mercato francese, probabilmente non soddisferebbe i criteri di nessun altro Paese».
Volontà di boicottaggio e “ripudio” antifrancese che ha coinvolto anche altre entità, come la Federação empresarial de hotéis, bares e restaurantes do Estado de São Paulo (Fhoresp), che raccomanda ai suoi membri di smettere di fare acquisti nei punti vendita Carrefour. Posizioni fatte proprie dal ministro da Agricultura, Carlos Fávaro, che ha dichiarato a braccio: «Non si tratta del boicottaggio economico. Il problema è il modo in cui l’amministratore delegato di Carrefour ha espresso, nel primo paragrafo della lettera, la sua dichiarazione, in cui si parla della qualità sanitaria della carne brasiliana, di cui è invece inaccettabile parlare. La Francia acquista carne dal Brasile da quarant’anni, se ne è accorta solo adesso? Quindi è assurdo, a maggior ragione voler creare una barriera commerciale. Sono soddisfatto dell’atteggiamento dei nostri fornitori. Se per i francesi Carrefour non dovrebbe comprare carne brasiliana, così Carrefour non dovrebbe comprare carne brasiliana per metterla nei suoi negozi qui in Brasile. Non siamo una colonia francese».
E anche il presidente delle Camera dei deputati, Arthur Lira, ha espresso indignazione. Sono giunte infine le scuse di Carrefour, secondo cui il presidente del gruppo, con la dichiarazione del 20 novembre, avrebbe solo voluto sostenere le imprese francesi della filiera. «Con questa decisione abbiamo voluto garantire agli agricoltori francesi, che stanno attraversando una grave crisi, la continuità del nostro sostegno e dei nostri acquisti locali». Sinora però i rappresentanti di categoria brasiliani non hanno annunciato alcun passo indietro.



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