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Luci ed ombre della tutela del credito nel contenzioso familiare: la portata precettiva degli artt. 473-bis 36 e 37 c.p.c. e la complicata relazione con l’art. 473-bis. 39 c.p.c. (prima e dopo il correttivo).




Di Beatrice Ficcarelli –


Sommario: 1. Il problema dell’attuazione dei provvedimenti economici in ambito familiare: profili evolutivi. – 2. La Legge delega di riforma del processo civile e le proposte per l’attuazione dei provvedimenti economici: il “procedimento unico” di cui all’art. 8 l. div. – 3. La disciplina attuale: gli artt. 473-bis. 36 e 37 c.p.c.  – 4. L’applicabilità delle misure coercitive: il difficile (ma opportuno) raccordo con l’art. 473-bis. 39 c.p.c.  – 5. Riflessioni conclusive.

 1.Il problema dell’attuazione dei provvedimenti economici in ambito familiare: profili evolutivi.

Prima dell’introduzione, ad opera della Riforma Cartabia, di una normativa organica ed unitaria, la disciplina per l’esecuzione dei provvedimenti di carattere economico resi all’esito di un procedimento familiare, era frastagliata nel nostro sistema, in una pluralità di norme prive di un collegamento organico tra loro. Si prevedevano, infatti, sostanzialmente, tre discipline per tre principali procedimenti, vale a dire quello di divorzio, quello di separazione personale tra coniugi e quello relativo al mantenimento dei figli di coppie non unite da matrimonio.

Circa il divorzio, la regolamentazione relativa all’esecuzione dei provvedimenti di carattere economico era contenuta nell’art. 8 della legge n. 898 del 1970, in cui si stabiliva che il tribunale che aveva pronunciato lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, poteva imporre al coniuge obbligato a corrispondere un assegno in favore dell’ex coniuge o dei figli, di prestare idonea garanzia personale o reale e disporre, su richiesta dell’avente diritto, il sequestro dei beni dell’obbligato al fine di garantire la soddisfazione del credito. La norma medesima stabiliva, inoltre, la possibilità dell’invito diretto al versamento delle somme dovute al datore di lavoro del coniuge obbligato in caso di inadempimento di quest’ultimo. Infine, qualora in seguito alla notifica del provvedimento il datore di lavoro risultasse inadempiente, il comma 4 del medesimo art. 8 attribuiva al coniuge creditore azione esecutiva diretta nei confronti del datore di lavoro.

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Per la separazione personale tra coniugi, la disciplina era invece contenuta all’interno dei commi 4, 5, 6 dell’art. 156 c.c. con cui il legislatore, con la riforma del diritto di famiglia del 1975 e sulla scia della originaria formulazione della legge sul divorzio, aveva introdotto nel sistema strumenti di tutela privilegiata del credito, per il tramite del richiamato apparato di norme variegate a tutela della soddisfazione degli obblighi di mantenimento a seguito di separazione. Si trattava, similmente a quanto previsto in caso di divorzio, di una serie di strumenti processuali collocati al di fuori del processo esecutivo e finalizzati, se non ad evitarlo o prevenirlo, sicuramente a meglio prepararlo e ad agevolarne i risultati[1], evidenziando la preoccupazione di evitare l’esecuzione forzata, per dare preferenza a mezzi di conservazione della garanzia patrimoniale generica, nonostante l’esistenza di un titolo esecutivo.

Precisamente, al comma 4 dell’art. 156 cc. era prevista la possibilità per il giudice di imporre all’obbligato idonea garanzia reale o personale qualora esistesse il pericolo che lo stesso potesse sottrarsi al dovere di mantenimento nei confronti del coniuge o dei figli; al comma 5 era ribadita l’idoneità della sentenza di separazione a rappresentare titolo esecutivo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818 c.c., mentre al comma 6 si stabiliva, in caso d’inadempimento e su richiesta dell’avente diritto, la possibilità per il giudice di disporre il sequestro di parte dei beni del coniuge obbligato e di ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere somme di denaro all’obbligato stesso, che una parte di esse venisse versata direttamente agli aventi diritto.

Le ragioni di tali scelte legislative risiedevano nel fatto che l’assegno di mantenimento o di divorzio riveste il carattere di una obbligazione futura a carattere periodico il che rende difficile, o quantomeno non opportuna, una tutela esecutiva immediata all’esito dell’inadempimento delle singole mensilità, sebbene l’obbligazione di pagamento che dall’assegno deriva sia insuscettibile di permanere inadempiuta per lungo tempo senza che il beneficiario subisca danni anche irreparabili, dati i bisogni che suo tramite vengono soddisfatti [2]. Il tutto in assenza, a quel momento, di meccanismi di esecuzione indiretta volti a dissuadere da eventuali inadempienze[3].

Per quanto riguarda il mantenimento dei figli di genitori non coniugati, i provvedimenti economici erano invece disciplinati dall’art. 3, comma 2, l. 219/ 2012 secondo il quale il giudice, a garanzia dei provvedimenti patrimoniali in materia di alimenti e mantenimento della prole, poteva imporre al genitore obbligato di prestare idonea garanzia personale o reale, se esistesse il pericolo che potesse sottrarsi all’adempimento degli obblighi suddetti. Per assicurare la conservazione  o la soddisfazione  delle  ragioni  del creditore in ordine all’adempimento degli obblighi di cui al  periodo precedente, il giudice poteva disporre  il   sequestro   dei   beni dell’obbligato  secondo  quanto  previsto  dall’articolo  8,  settimo comma, della legge 1º dicembre 1970, n. 898; ordinare ai terzi, tenuti a corrispondere anche periodicamente somme di denaro all’obbligato, di versare le somme dovute direttamente agli aventi diritto, secondo quanto previsto dall’articolo 8, secondo comma e seguenti, della legge 1º dicembre 1970, n.  898.  I provvedimenti definitivi costituivano titolo   per   l’iscrizione   dell’ipoteca giudiziale ai sensi dell’articolo 2818 del c.c.

 

2.La Legge delega di riforma del processo civile e le proposte per l’esecuzione dei provvedimenti economici: il “procedimento unico” di cui all’art. 8 l. div.

La legge delega 206/2021 di riforma della giustizia civile ha previsto il riordino della disorganica disciplina delle garanzie a tutela dell’adempimento degli obblighi di mantenimento in materia familiare sopra tratteggiata.

La Commissione Luiso aveva infatti evidenziato la necessità di rimettere mano alla disciplina di cui agli articoli 156 e 316-bis c.c., all’articolo 8 della legge 1 dicembre 1970, n. 898, e all’articolo 3 della legge 10 dicembre 2012, n. 219, disposizioni tutte che dettavano norme relative alle garanzie per l’adempimento degli obblighi di mantenimento e per l’ordine diretto al terzo debitore del soggetto obbligato all’adempimento nei vari procedimenti cui le disposizioni medesime si riferivano con normative tuttavia, come già si è evidenziato, differenziate e non omogenee.

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Quale criterio in sede di legge delega, alla lett. hh, è stata così prevista l’introduzione di un unico procedimento che richiamasse quanto previsto dall’art. 8 della legge 1° dicembre 1970, n. 898, relativamente agli aspetti procedurali e dall’articolo 156 c.c. relativamente alla assenza di limiti per l’adempimento delle obbligazioni a carico dell’onerato e per il sequestro. Il richiamo dell’articolo 8 della legge sul divorzio avrebbe permesso di azzerare il numero di procedimenti aventi ad oggetto l’ordine diretto al terzo debitore dell’obbligato al pagamento dell’obbligazione alimentare, in quanto tale norma prevede che sia direttamente la parte beneficiaria della prestazione a potersi rivolgere al terzo creditore dell’obbligato. Il riferimento all’articolo 156 c.c. quanto ai limiti di queste misure, avrebbe consentito di assicurare massima garanzia al creditore dell’obbligazione, prevedendo la possibilità di compiere esecuzioni o di richiedere sequestri o pignoramenti fino alla concorrenza del credito vantato.

La disposizione era stata ritenuta necessaria in quanto, frequentemente, nei procedimenti di famiglia la parte obbligata occulta disponibilità patrimoniali (con intestazioni fittizie o trasferimenti immobiliari a terzi soggetti); la presenza di limiti, d’altro canto, (quali quelli indicati nell’articolo 8 della legge divorzio) sarebbe stata suscettibile di “svuotare” le garanzie a tutela del creditore alimentare, vanificando il titolo emesso all’esito del procedimento di cognizione, anche quando nello stesso l’entità del contributo posto a carico dell’obbligato fosse stato determinato proprio sulla base di presunzioni che avessero evidenziato disponibilità reddituali e patrimoniali più elevate di quelle formalmente disponibili e dichiarate[4].

3.La disciplina attuale: gli artt. 473-bis. 36 e 37 c.p.c.

In sede di decreto attuativo, la tutela, rectius l’attuazione dei provvedimenti a contenuto patrimoniale, è stata affidata a due norme di nuovo conio, peraltro non toccate da correttivi, vale a dire gli artt. 473-bis. 36 e 473-bis. 37 c.p.c., rispettivamente rubricate “Garanzie a tutela del credito” e “Pagamento diretto del terzo”, aventi lo scopo di dettare una disciplina uniforme che riguardasse ogni provvedimento, anche se temporaneo, in materia di contributo economico in favore della prole o delle parti, emanato all’esito o all’interno di un qualsivoglia procedimento ricompreso nell’ambito di applicazione di cui all’art. 473-bis c.p.c.

Anzitutto, ai sensi dell’articolo 473-bis. 36 c.p.c., i provvedimenti, anche se appunto temporanei, in materia di contributo economico in favore della prole o delle parti, sono immediatamente esecutivi. Il creditore può così procedere regolarmente con l’espropriazione forzata dei beni del debitore.

Anche il novello legislatore, tuttavia, in adesione alla legge delega, in considerazione della funzione non strettamente patrimoniale e di rilevanza costituzionale delle obbligazioni pecuniarie che derivano dai provvedimenti di carattere economico, evidenzia, come nel passato, la sua preferenza per strumenti altri che il processo esecutivo possano evitare o posticipare[5].

E’ così che l’art. 473-bis. 36 c.p.c., sempre al comma 1, si premura di precisare che i provvedimenti in favore della prole o delle parti costituiscono titolo per l’iscrizione della ipoteca giudiziale (ai sensi dell’art. 2818 c.c.)[6], aggiungendo che se il valore dei beni ipotecati eccede la cautela da somministrare, si applica il secondo comma dell’articolo 96 c.p.c. Si tratta, com’è evidente, di una scelta atta a mantenere la possibilità di iscrizione di ipoteca giudiziale già prevista dall’art. 156 c.c. (ora ne è stato abrogato il comma 6), al contempo tentando però di risolvere il ricorrente problema delle iscrizioni ipotecarie cd. “esorbitanti”, con l’introduzione della possibilità che l’iscrizione ipotecaria non congrua possa essere sanzionata con la disciplina della responsabilità aggravata in tema di spese giudiziali prevista dall’art. 96, comma 2 c.p.c. Il riferimento è, pertanto, quello dell’accertamento da parte del giudice dell’inesistenza del diritto per cui è stata iscritta ipoteca giudiziale ai sensi dell’art. 2818 c.c. che può comportare condanna del creditore che non abbia agito con la normale prudenza al risarcimento dei danni.

Va da sé che la norma debba o possa essere combinata con la fattispecie di cui all’art. 2872 c.c. relativa alla riduzione delle ipoteche da disporsi eventualmente con provvedimento d’urgenza ai sensi dell’art. 700 c.p.c. qualora ne ricorrano i presupposti[7]. L’iscrizione dell’ipoteca per un valore eccedente o sproporzionato rispetto all’importo del credito dà pertanto al debitore tanto il diritto di ottenerne la riduzione quanto il diritto al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c e 2043 c.c. Poiché secondo la giurisprudenza prevalente, il diritto a iscrivere l’ipoteca giudiziale dipende dalla sussistenza dell’inadempimento o dal pericolo dello stesso, qualora ciò manchi, la parte debitrice potrà chiedere al giudice la cancellazione dell’ipoteca stessa[8].

Al comma 2 dell’art 473-bis. 36 è invece previsto che il giudice possa imporre al soggetto obbligato di prestare idonea garanzia personale (ex art. 1936 c.c.) o reale (ex art. 2784 c.c. ma anche ex art. 2808 c.c.) se esista il pericolo che possa sottrarsi all’adempimento degli obblighi di contenuto economico. Si tratta di due misure cui anche in passato nella prassi non si è tuttavia fatto frequente ricorso. Se per esempio una fideiussione a prima richiesta potrebbe essere rimedio garantistico innegabilmente efficace, problematiche processuali possono sorgere quando si tratti di coinvolgere terzi nella prestazione della stessa, nel qual caso è escluso che l’ordine giudiziale possa avere efficacia costitutiva della garanzia[9].

Il creditore a cui spetta la corresponsione periodica del contributo, per assicurare che siano soddisfatte o conservate le sue ragioni in ordine all’adempimento, può infine chiedere al giudice di autorizzare il sequestro dei beni mobili, immobili o crediti del debitore. Il dato da rimarcare è che, a differenza di quanto era stato stabilito dall’abrogato articolo 156 comma 6 c.c. applicabile “in caso di inadempienza”, attualmente non si richiede che l’applicazione della misura dipenda dal previo inadempimento della parte onerata[10] né che il sequestro debba essere limitato a parte dei beni o che le somme spettanti alla parte obbligata alla corresponsione dell’assegno siano soggette a sequestro fino alla concorrenza della metà (come era previsto dal parimenti abrogato articolo 8, comma 7 della legge sul divorzio)[11]. Si tratta, evidentemente, di una disposizione a finalità e funzione sostanzialmente coercitiva nei confronti del debitore, per indurlo ad adempiere ad un provvedimento anche provvisorio che contiene comunque un accertamento del credito alla somministrazione del contributo economico, il quale può trovare attuazione con l’esecuzione forzata a cui dà ingresso la sua efficacia di titolo esecutivo. La concessione della misura non è infatti soltanto una reazione all’inadempimento, come invece voleva l’art 156 c.c. di primo conio, ma ha la prevalente funzione di assicurare al creditore cui spetta la corresponsione di prestazioni periodiche, il soddisfacimento o la conservazione delle sue ragioni in ordine al loro adempimento[12]. Non si tratta pertanto di una misura cautelare in senso stretto, con ogni conseguenza in ordine al rito applicabile che non può (o non dovrebbe) essere il rito cautelare uniforme.

Quale allora il procedimento nonchè i mezzi di impugnazione? Occorre premettere che ai sensi degli ultimi due commi dell’art. 473-bis. 36 c.p.c., qualora sopravvengano “giustificati motivi” il giudice, su istanza di parte, può disporre la revoca o la modifica dei provvedimenti eventualmente adottati sulla base dei commi precedenti. Si tratta delle stesse espressioni utilizzate dall’ultimo comma del parzialmente abrogato articolo 156 c.c. che oggi ricalca quella utilizzata dall’art. 473-bis. 29 c.p.c., norma che, nel nuovo rito unitario dei procedimenti familiari, rappresenta la disposizione generale dedicata alla modificabilità dei provvedimenti a tutela dei minori e in materia di contributi economici da attivarsi con le forme del rito unitario medesimo (nonché, sostanzialmente, quella di cui all’art. 473-bis. 23 c.p.c. per la modifica dei provvedimenti temporanei ed urgenti che possono essere modificati o revocati in presenza di “fatti sopravvenuti” (nonché nuovi accertamenti istruttori).

Circa la competenza, stando al dettato normativo, i provvedimenti di cui al secondo, terzo e quarto comma dell’art 473-bis. 36 c.p.c. sono richiesti al giudice del procedimento in corso “o, in mancanza, ai sensi dell’articolo 473- bis. 29 c.p.c.”, vale a dire in sede di procedimento per la modifica dei provvedimenti, da proporsi con il procedimento uniforme.

Su questa base, secondo parte della dottrina, si tratterebbe, pertanto, di proporre l’istanza secondo le regole generali previste per l’esercizio della giustizia in materia familiare dagli articoli 473-bis e seguenti c.p.c. e, per quanto riguarda la competenza territoriale, dall’art. 473-bis. 11 per cui è competente il tribunale del luogo della residenza abituale del minore mentre, se non vi sono minori, si applicano le regole generali; regole da integrare, per i giudizi di crisi familiare o riguardanti la responsabilità genitoriale o la modifica delle relative condizioni, con quanto prevede l’articolo 473-bis. 47 c.p.c. per le ipotesi di irreperibilità o di residenza all’estero del convenuto[13].

Circa gli strumenti di impugnazione, poiché la norma non dà indicazioni sulla possibilità di proporre reclamo avverso le ordinanze che dispongono le misure previste dai commi 2 e 3 dell’art. 473-bis. 36, occorre agire, o tentare di farlo, in via interpretativa. Fare riferimento al reclamo alla Corte d’appello disciplinato dall’articolo 473-bis. 24 sembra trovare ostacolo nella regola che ne fa oggetto soltanto i provvedimenti temporanei e urgenti pronunciati nell’interesse delle parti o dei figli a norma dell’articolo 473- bis. 22 ma è un ostacolo che può essere superato quando il sequestro è una misura accessoria disposta con tali provvedimenti. Qualora ciò non avvenga, il dettato dell’art. 473-bis. 24 c.p.c. a seguito degli interventi correttivi di cui al D. lgs. 31 ottobre 2024, n°164 lo precluderebbe, non applicandosi, per chiara previsione legislativa, la norma ai provvedimenti di carattere economico. Quando invece il sequestro è concesso, per ripetere la formula normativa, in mancanza di un procedimento in corso, soccorre la predetta regola che affida le misure attuative a quanto dispone l’articolo 473- bis. 29 c.p.c. e quindi alle regole del procedimento unitario in materia di persone minorenni e famiglie, con rinvio ai mezzi di impugnazione per esso stabiliti[14].

Resta pertanto una lacuna in riferimento ai possibili rimedi avverso il sequestro concesso in corso di causa ma non in sede di provvedimenti temporanei e urgenti. Sebbene la natura dello stesso non sia strettamente cautelare, se si aderisce alla tesi emersa in dottrina per cui occorrerebbe quantomeno la prova di un pericolo di inadempimento[15], per effetto della norma di richiamo di cui all’art. 669-quaterdecies c.p.c. potrebbe forse ipotizzarsi il reclamo di cui all’art. 669-terdecies c.p.c.

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E veniamo all’articolo 473-bis. 37 c.p.c. rubricato “Pagamento diretto del terzo”. E’ ivi stabilito che il creditore cui spetta la corresponsione periodica del contributo in favore suo o della prole, dopo la costituzione in mora del debitore inadempiente per un periodo di almeno 30 giorni, può notificare il provvedimento o l’accordo di negoziazione assistita in cui è stabilita la misura dell’assegno, ai terzi tenuti a corrispondere periodicamente somme al soggetto obbligato, con la richiesta di versargli direttamente le somme dovute, dandone comunicazione al debitore inadempiente. Il terzo è tenuto al pagamento dell’assegno dal mese successivo a quello in cui è stato effettuata la notificazione e, ove, non adempia, il creditore ha azione esecutiva diretta nei suoi confronti per il pagamento delle somme dovute (comma 2).

Qualora, ai sensi del comma 3 della norma in esame, il credito dell’obbligato nei confronti dei suddetti terzi sia già stato pignorato al momento della notificazione, all’assegnazione e alla ripartizione delle somme tra l’avente diritto al contributo e gli altri creditori provvede il giudice dell’esecuzione, il quale tiene conto anche della natura e delle finalità dell’assegno. Qui la fattispecie è quella in cui il processo esecutivo è già iniziato da altri mentre il creditore deve intervenire nel processo esecutivo in cui ha luogo un’espropriazione concorsuale del credito[16]. Il giudice dell’esecuzione, nel ripartire le somme fra i creditori concorrenti, deve così tener conto anche della “natura e delle finalità dell’assegno”: si tratta, come subito notato dalla dottrina, di una formula che sembra attribuire al giudice il potere di alterare le regole del concorso con valutazioni discrezionali ma che è ricognitiva delle norme che danno privilegio ai crediti alimentari e di mantenimento (artt. 2751 e 2778, n°17 c.c.)[17].

L’art. 473-bis. 37 c.p.c. sostanzialmente adotta in tal modo, per ogni provvedimento familiare di carattere economico che possa trovare soddisfazione tramite il terzo datore di lavoro, le garanzie già previste dall’art. 8 della legge sul divorzio commi 3-5, eletto a modello unico stragiudiziale[18], quello cioè più preferibile a garanzia del creditore. Il terzo potrà difendersi con il sistema delle opposizioni esecutive.

4.L’applicabilità delle misure di coercizione indiretta: il difficile (ma opportuno) raccordo con l’art. 473-bis. 39 c.p.c.

La funzione non patrimoniale dei contributi economici ed il loro carattere periodico, ha indotto il legislatore a estendere l’ambito di applicazione delle misure sanzionatorie a funzione coercitiva di cui al previgente art. 709-ter c.p.c. -oggi trasferite nell’art. 473-bis. 39 c.p.c.-, anche agli obblighi di carattere pecuniario. Per l’attuazione dei provvedimenti che li prevedano, di conseguenza, anche a tale disposizione, per così dire nata o pensata per le gravi inadempienze di natura personale, occorre pertanto fare rinvio (con una operazione affatto facile, considerati, come vedremo, i problemi interpretativi che la norma presenta anche e forse soprattutto alla luce del correttivo di cui al D. lgs. 31 ottobre 2024, n°164 recentemente intervenuto sulla disposizione nell’intento di migliorarne i confini ma creando nuovi dubbi).

Le norme dedicate all’attuazione dei provvedimenti rappresentano, invero, forse il più evidente punto debole o complicato della complessiva riforma, che in materia, anche prima degli ultimi interventi del legislatore, non poteva essere definita chiara ed esauriente. Su queste norme tuttavia, si era fatto molto affidamento, in assenza di una normativa espressa previgente, sebbene la questione attenesse all’effettività della tutela giurisdizionale dei diritti di cui la tutela esecutiva è manifestazione, poiché il valore costituzionale del principio di effettività comprende sempre anche il momento esecutivo.

Per comprendere l’interrelazione del problema dell’attuazione dei provvedimenti economici con l’art. 473-bis. 39 c.p.c. val la pena ricordare che prima della sua introduzione ad opera della Riforma Cartabia, nel nostro sistema, l’interesse per le misure coercitive quali strumenti di attuazione dell’obbligo di corrispondere l’assegno di mantenimento si era manifestato con il tentativo di utilizzare il previgente art. 709-ter c.p.c. anche in riferimento agli aspetti economici e non già solo a quelli personali dell’affidamento[19]. Anche sul versante giurisprudenziale, alcuni tribunali, infatti, avevano ritenuto che le sanzioni previste dall’art. 709-ter c.p.c. fossero applicabili nelle ipotesi di inadempimenti concernenti le statuizioni di ordine patrimoniale e non soltanto in quelle concernenti l’affidamento dei minori. A sostegno, si era affermato che trattavasi di atti che comunque arrecano pregiudizio al minore od ostacolano il corretto svolgimento delle modalità di affidamento, atteso che la sufficienza di risorse economiche è condizione indispensabile di esplicazione e sviluppo della personalità del minore medesimo. La soluzione era, anche a parere di chi scrive, del tutto condivisibile, d’accordo con quella dottrina che non ha mai rinvenuto insormontabili ragioni ostative alla utilizzazione dei provvedimenti in questione anche in caso di inadempimenti di obblighi economici gravanti sui genitori, tanto da poterli sussumere all’interno delle ampie categorie richiamate dall’art. 709-ter c.p.c., delle gravi inadempienze o degli atti che comunque arrechino pregiudizio al minore.

L’art. 709-ter c.p.c. aveva così rappresentato la prima breccia nella via dell’applicazione delle misure coercitive alle obbligazioni pecuniarie; ciò diversamente dall’art. 614-bis c.p.c., il cui ambito di applicazione, soprattutto per effetto della riforma apportata dalla L. 6 agosto 2015, n°132, risultava limitato agli obblighi diversi dal pagamento di somme di denaro.

Ebbene, come noto, la riforma Cartabia ha abrogato l’art. 709-ter c.p.c., superando, peraltro, evidentemente, nella nostra materia, anche il limite di applicazione dell’art. 614-bis c.p.c. agli obblighi di carattere economico. L’art 473-bis. 39 c.p.c. rubricato “Provvedimenti in caso di inadempienze e violazioni” infatti prevede che il giudice, in caso di gravi inadempienze o comportamenti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento della responsabilità genitoriale, può d’ufficio modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente, tra le altre sanzioni enunciate dalla norma, individuare ai sensi dell’articolo 614-bis c.p.c. la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento. Dalla lettera dell’art. 473-bis. 39 c.p.c., parrebbe così che l’art. 614-bis c.p.c. il quale disciplina le misure di coercizione indiretta in senso stretto, sia applicabile, in ambito familiare, anche ai provvedimenti di carattere economico, in deroga all’espresso divieto della sua applicazione a provvedimenti aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro.

Se già ciò può presentare ombre ed incongruenze con la normativa generale (superabili trattandosi però del rito familiare con le sue caratteristiche del tutto peculiari), i veri problemi nascono allorquando si tenti di individuare il procedimento volto all’irrogazione di tali misure. Il problema non è di poco conto, a pena di vanificare l’opportuno ricorso a strumenti di coercizione indiretta per spingere il debitore ad adempiere, anche eventualmente sollevando parte creditrice dall’attivarsi con gli strumenti di cui agli artt. 473-bis. 36 e 37 c.p.c., oppure in concorso con gli stessi.

Posto infatti che la grave inadempienza può portare alla modifica dei provvedimenti in essere e, di conseguenza, la revisione del provvedimento è sicuramente pregiudiziale al problema della sua attuazione, può anche ipotizzarsi che in sede attuativa il provvedimento non muti e che il giudice si limiti ad irrogare (anche d’ufficio giusta la previsione normativa) una misura coercitiva. In ogni caso la procedura dovrebbe essere sufficientemente semplice e spedita.

Prima del correttivo, chi scrive aveva ipotizzato una continuità processuale tra l’art. 473-bis. 38 e l’art. 473-bis. 39 c.p.c. Aveva cioè ritenuto che quest’ultima norma attingesse dal procedimento, sicuramente a cognizione sommaria, disciplinato dalla norma precedente deputata all’attuazione (diretta) dei provvedimenti sull’affidamento dei minori e alla soluzione delle controversie in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale, con possibilità di opporsi (oggi, per effetto del correttivo, entro il termine perentorio di dieci giorni dalla pronuncia del provvedimento in udienza o dalla comunicazione o dalla notificazione se anteriore) all’ordinanza pronunciata dal giudice con un procedimento a cognizione piena proposto ai sensi e nelle forme di cui all’art. 473-bis. 12 c.p.c. (nonché con possibilità anche di reclamo avverso l’ordinanza medesima qualora il provvedimento da attuare fosse stato modificato rispetto all’assetto originario[20]).

Oggi, come rilevato subito in dottrina, per effetto del correttivo si è indubitabilmente creata una lisi tra l’art. 473- bis. 38 e l’art. 473- bis. 39 c.p.c. con la conseguenza, dunque, che questa norma presenta una disciplina processuale in larga misura assimilabile a quella in precedenza prevista dall’articolo 709-ter c.p.c.[21](se non fosse che il problema della soluzione delle controversie in ordine all’esercizio sulla responsabilità genitoriale è deferita al procedimento di cui all’art. 473-bis. 38 c.p.c.), prospettandosi che per la tutela incidentale occorrerà proporre un’istanza da depositarsi nel fascicolo telematico del procedimento in corso, al pari di quel che accade ai sensi dell’articolo 473-bis. 23 c.p.c. Verrà aperto un subprocedimento definito con ordinanza[22]. Questa sarà reclamabile in presenza delle condizioni previste dall’art. 473-bis. 24, 1) c.p.c. Ai sensi del rinovellato art. 473-bis. 24 c.p.c., se trattasi di provvedimenti economici, è infatti ammesso reclamo solo per quelli provvisori ed urgenti di cui all’art. 473-bis. 22 c.p.c. (giusta l’esclusione dei provvedimenti economici dal successivo punto 2). Ovviamente i provvedimenti di carattere economico, al pari degli altri, potranno invece essere sempre modificati o revocati dal collegio o dal giudice istruttore in presenza di fatti sopravvenuti o nuovi accertamenti istruttori.

In ogni caso le questioni risolte in via provvisoria con l’ordinanza dovranno essere riesaminate all’esito della cognizione piena con la sentenza che definisce il giudizio. Nella tutela autonoma, invece, si seguiranno le forme del rito unitario come oggi prevede il correttivo all’art. 473-bis. 39 c.p.c., nella parte in cui la norma rinovellata stabilisce all’ultimo comma che “se non pende un procedimento la domanda si propone nelle forme dell’art. 473-bis. 12 c.p.c”.

La sentenza resa al termine del procedimento sarà prima appellabile e poi ricorribile per Cassazione.

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5. Riflessioni conclusive.

Circa il riordino delle misure attuative “dirette” dei provvedimenti economici, lo sforzo del legislatore pare essere andato nella giusta direzione.
I veri problemi nascono, invece, in riferimento al profilo dell’esecuzione indiretta.

Le “sanzioni” previste dall’art. 473-bis. 39 c.p.c. sono molto eterogenee tra loro. Si tratta, come è noto, dell’ammonizione, dell’applicazione della misura di cui all’art. 614-bis c.p.c., della condanna al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria da un minimo di 75 € ad un massimo di 5.000 € a favore della cassa delle ammende, nonché del risarcimento dei danni subiti dal minore disponibile in favore dell’altro genitore o del minore medesimo.

La dottrina ha ritenuto possibile qualificare l’art. 614-bis c.p.c. come misura coercitiva in senso stretto, poiché caratterizzata da una funzione schiettamente esecutiva, stante lo stretto collegamento strutturale tra il provvedimento di condanna e la sanzione, mentre l’art. 709-ter c.p.c. (oggi, evidentemente o per analogia contenutistica, l’art. 473-bis. 39 c.p.c.) secondo parte della dottrina medesima presenta una correlazione più tenue sul piano strutturale ed inevitabilmente possiede un’efficacia compulsoria minore[23]. Pare tuttavia indubbio, al di là della loro forza, che tutte le misure indicate dalla predetta norma si ispirino alla tecnica cd. della “coercizione per dissuasione”. Per effetto dell’art. 473-bis. 39 c.p.c., il destinatario di un provvedimento di condanna emanato all’esito o all’interno di un procedimento familiare sa, infatti, che in caso di inadempienza può scattare non soltanto una tutela esecutiva o attuativa diretta (artt. 473-bis. 36, 37 e 38 c.p.c.) ma anche indiretta, secondo, peraltro, la strada preferita e già abbondantemente tracciata da altri ordinamenti.

In Francia, le astreintes, utilizzate anche per l’attuazione degli obblighi di carattere economico in seno alla famiglia né più né meno che per quanto accade ai provvedimenti di carattere non economico, sono infatti rimedi di portata generale, utilizzabili anche in concorso con altri strumenti di attuazione dei provvedimenti del giudice, per garantire l’esecuzione di qualsiasi provvedimento. La loro vera forza risiede proprio nella suscettibilità di dare attuazione ad ogni provvedimento di carattere condannatorio che le rende idonee ad essere applicate in materia di diritto di famiglia, diritti della personalità, diritti reali, diritti assoluti e rapporti obbligatori, questi ultimi sia a contenuto e funzione patrimoniale che non patrimoniale.

Si tratta comunque di provvedimenti di carattere accessorio: l’“astreinte fait corps” con la decisione cui si affianca e la segue come un’ombra[24]. Se cade il provvedimento condannatorio, l’astreinte perde ogni fondamento.

Su questa base, nella consapevolezza delle profonde differenze tra le misure coercitive del sistema italiano e di quello francese, viene da pensare che per non svuotare di contenuto l’art. 473-bis. 39 c.p.c. a causa della sua enigmatica formulazione che rischia di svalutare l’importanza che in ogni sistema hanno le misure di coercizione indiretta per l’attuazione dei provvedimenti familiari contenenti obblighi fungibili o infungibili, si ritiene, anzitutto, che la misura di cui all’art. 614-bis c.p.c. dovrebbe essere emanata siccome richiesta, ma anche disposta d’ufficio, unitamente ai provvedimenti di condanna (economici e non). In questo caso anche l’astreinte italiana[25] seguirebbe effettivamente, secondo il modello francese, il provvedimento “come un’ombra” e sarebbe davvero una misura di carattere accessorio.

Quanto al risarcimento del danno, tuttavia, trattandosi in effetti di un rimedio risarcitorio e non già misura punitiva[26],  alla luce del correttivo che include nell’ambito di applicazione del rito unitario famiglia le domande di risarcimento del danno conseguente a violazione dei doveri familiari, sembrerebbe opportuna una operazione di scollamento o distacco dall’art. 473-bis. 39 c.p.c. per considerarlo procedimento del tutto autonomo.  A questo forse ha pensato il novello legislatore anche quando ha previsto, in riferimento alla norma in questione, in sede di correttivo, che “se non pende un procedimento la domanda si propone nelle forme dell’art. 472-bis. 12 c.p.c.”.  Il problema, qui, sembra maggiore allorquando l’istanza sia proposta in corso di causa e debba provarsi il danno effettivamente subito.

Riguardo alle altre due sanzioni di natura sicuramente punitiva e non risarcitoria (vale a dire l’ammonizione e la sanzione pecuniaria in favore della Cassa delle ammende) giacché hanno lo scopo di sollecitare il corretto adempimento dei doveri genitoriali e l’osservanza delle decisioni che questi stabiliscono analogamente all’art. 614-bis c.p.c., l’attuale formulazione dell’art. 473-bis. 39 c.p.c. rischia di renderle lettera morta, potendo semmai essere opportunamente disposte solamente in corso di causa. Si concorda, pertanto, con chi è convinto dell’opportunità di una riscrittura e semplificazione della disciplina dell’attuazione dei provvedimenti determinativi della responsabilità genitoriale che incide, come si è avuto modo di vedere, anche sui provvedimenti economici[27].

A tal fine potrebbe ipotizzarsi che:

1)L’art. 473-bis. 38 c.p.c. sia deputato alla attuazione/esecuzione diretta dei provvedimenti di carattere personale, ivi compresa la risoluzione delle difficoltà che sorgono in sede di esecuzione, il tutto con il procedimento delineato dalla norma, oggi opponibile entro dieci giorni. In quella sede, il giudice (monocratico) può solo disporre in ordine alla attuazione senza modificare in alcun modo il provvedimento nel suo contenuto originario (così superandosi il problema per cui un giudice monocratico modificherebbe un provvedimento collegiale). Qualora ciò venga richiesto, la domanda attuativa viene rigettata. La modifica del provvedimento può chiedersi ai sensi dell’art. 473-bis. 23 o dell’art. art. 473-bis. 29. Con il medesimo procedimento snello previsto dall’art. 473-bis. .38, si risolvono anche le controversie insorte in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale (g. scelta tra scuola pubblica e privata).

2)L’art. 473-bis. 39 c.p.c. diventa norma enunciativa delle sanzioni che il giudice può irrogare in caso di gravi inadempienze anche economiche;

3)Le sanzioni o misure coercitive di cui all’attuale art. 473-bis. 39 c.p.c. vengono per quanto possibile disposte assieme al provvedimento di condanna, sicuramente definitorio del procedimento ma anche endoprocessuale al pari delle astreintes;

4)Il risarcimento (effettivo) del danno per violazione dei doveri familiari, giusto anche il nuovo disposto dell’art. 473-bis, viene disposto in via autonoma (ed eventualmente estrapolato dal novero delle “altre” sanzioni).

 

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[1] In generale, v. Acone, La tutela dei crediti di mantenimento, Jovene, Napoli, 1985.

[2] Così Graziosi, L’esecuzione forzata dei provvedimenti in materia di famiglia, in Diritto processuale di famiglia, a cura di A. Graziosi, Torino, 2016, 252.

[3] La norma che ha aperto ad una prima possibilità interpretativa in tal senso è stata, come ben noto, l’art. 709-ter c.p.c. Sul punto torneremo in seguito.

[4] V. le Proposte normative e note illustrative della Commissione per l’elaborazione di proposte di interventi in materia di processo civile e di strumenti alternativi, Pres. Prof. Francesco Paolo Luiso, 2021, 134 ss.

[5] Come giustamente rileva Donzelli (Manuale del processo familiare e minorile, Torino, 2024, 254) ciò soprattutto ove i provvedimenti siano provvisori.

[6] Lo stesso ovviamente vale per gli accordi raggiunti in sede di negoziazione assistita da avvocati che vi debbono essere equiparati.

[7] V. in tal senso, di recente, il Tribunale di Livorno (ord. del 11.06.2024 in ilcaso.it) che ha accolto un ricorso proposto ai sensi dell’art. 700 c.p.c. volto alla riduzione di una ipoteca giudiziale ex art. 2872 c.c. (iscritta in forza di una sentenza di separazione su quattro immobili). La richiesta è apparsa ammissibile avendo ad oggetto esclusivamente la sproporzione tra garanzia, credito e beni cauzionati, mentre secondo il Tribunale non ha potuto trovare applicazione il disposto dell’art 2884 c.c., cioè la cancellazione dell’ipoteca, oggetto di domanda proposta in via subordinata, non potendo la cancellazione essere disposta con provvedimento emesso ai sensi dell’ art. 700 c.p.c. giacché la norma sostanziale richiede sentenza passata in giudicato o altro provvedimento definitivo emesso dalle autorità competenti. Nel caso di specie, l’irreparabilità del pregiudizio era legata alla compromissione per effetto delle iscrizioni ipotecarie esorbitanti dell’esito di un accordo di ristrutturazione del debito che tutela non già un semplice interesse patrimoniale bensì il diritto di iniziativa economica di cui all’art. 41 Cost.

[8] Così, in dottrina, Donzelli, Manuale del processo familiare e minorile, cit., 254. Circa la giurisprudenza più recente v. Cass. 16 gennaio 2023, n°1076. Contra, Corte di Appello Firenze, 2°sez. civ., 25 febbraio 2017, in questionegiustizia.it, (con nostra nota critica) la quale stabiliva che ai fini della iscrizione ipotecaria fosse sufficiente l’esistenza del titolo, prescindendosi dall’inadempimento e dal pericolo.

[9] V. in tal senso Tommaseo, Sull’attuazione dei provvedimenti della giustizia familiare, in Fam. dir., 2023, 973.

[10] Secondo parte della dottrina “evidenti ragioni sistematiche e costituzionali impongono di ritenere che l’accoglimento dell’istanza dipenda quantomeno dalla prova di un pericolo di inadempimento”. Così Donzelli, Manuale del processo familiare e minorile, cit., 256.

[11] V. Donzelli, Manuale del processo familiare e minorile, cit., 255-256.

[12] In tal senso v. oggi Tommaseo, Sull’attuazione dei provvedimenti della giustizia familiare, cit., 973-974.

[13] Il punto è argomentato ancora da Tommaseo, Sull’attuazione dei provvedimenti della giustizia familiare, cit., 974-975.

[14] Per tale ricostruzione prima degli interventi operati dal cd. correttivo v. Tommaseo, Sull’attuazione dei provvedimenti della giustizia familiare, cit., 975-976. Su tali problemi applicativi v. Cecchella, Il processo in materia di persone, minorenni e famiglie, Pisa, 2024, 139 ss.

[15] V. Donzelli, Manuale del processo familiare e minorile, cit., 256.

[16] Così ancora Donzelli, Manuale del processo familiare e minorile, cit., 257.

[17] Così Tommaseo, Sull’attuazione dei provvedimenti della giustizia familiare, cit., 976-977. Sul punto v. anche Donzelli, Manuale del processo familiare e minorile, cit., 257.

[18] Per effetto dell’entrata in vigore della nuova normativa, con decreto del 04.07.2024 il Tribunale di Roma, Sez. I (in osservatoriofamiglia.it), ha dichiarato inammissibile un ricorso proposto ex art. 700 c.p.c. avverso un ordine a terzi di corrispondere il mantenimento ex art. 473- bis. 37 c.p.c., proposto dall’onerato. Il giudice del procedimento ha infatti ritenuto non esperibile la tutela di cui all’art. 700 c.p.c. nel caso in oggetto in quanto vi sono rimedi impugnatori tipici, precisando che il datore di lavoro può proporre opposizione all’esecuzione ex art. 615 ss. c.p.c.

[19] Di recente v. Di Bernardo, I confini mobili degli artt. 614-bis e 709-ter c.p.c. nei nuovi trend giurisprudenziali in materia di misure coercitive, 10 ss., in L’osservatorio sul diritto di famiglia, Diritto e processo, 2021, 10 ss.

[20] Alludo al nostro Il nodo critico degli artt. 473-bis. 38 e 473-bis. 39 c.p.c.: riflessioni sul procedimento e una proposta interpretativa, in Judicium.it.

[21] Così giustamente Donzelli, Le modifiche al processo familiare e minorile: prime note illustrative al d.lgs n°164 del 31 ottobre 2024, in judicium.it, 19 novembre 2024. Quella della “assimilazione” tra l’art. 709-ter c.p.c. e l’art. 473-bis. 39 c.p.c., era, peraltro, la posizione originariamente prospettata dallo stesso Autore in Manuale del processo familiare e minorile, cit., p. 258 ss. ed anche da chi scrive quando la riforma si trovava in stato di legge delega (quando, cioè, l’art. 709-ter c.p.c. risultava essere ancora non abrogato). Mi permetto di rinviare al nostro Il programma di riforma della giustizia familiare e la tutela esecutiva dei diritti personali: la modifica dell’art. 709-ter c.p.c., in Scritti in onore di Bruno Sassani, a cura di R. Tiscini e F.P. Luiso, Tomo I, Pisa, 2022, 811 ss. anche per la copiosa bibliografia in materia di art. 709-ter c.p.c. e le problematiche sollevate dalla norma.

[22] V. Donzelli, Le modifiche al processo familiare e minorile: prime note illustrative al d.lgs n°164 del 31 ottobre 2024, cit.

[23] V. Donzelli, I provvedimenti nell’interesse dei figli minori ex art. 709 ter c.p.c., Torino, 2018, 132 ss.

[24] L’espressione è di Perrot, Astreinte: son caractère accessoire, in Rev. trim. dr. civ., 2000, 897. L’applicabilità diretta dell’art. 614- bis-c.p.c. è sempre stata sostenuta da parte della dottrina primo fra cui Cecchella. V. ad es. in Diritto e processo nelle controversie familiari e minorili, Bologna, 2018, 248-249.

[25] Su cui, ampiamente, oggi, il lavoro monografico di Nascosi, Le misure coercitive indirette nel sistema di tutela dei diritti in Italia e Francia. Uno studio comparatistico, Napoli, 2019.

[26] Lo ha sempre sostenuto Donzelli, da ultimo in Manuale del processo familiare e minorile, cit., 267.

[27] Così conclude Donzelli, Le modifiche al processo familiare e minorile: prime note illustrative al d.lgs n°164 del 31 ottobre 2024, cit.





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