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Susanna Ceccardi tra Bruxelles e Toscana


Intervista alla parlamentare europea della Lega. Concorrenza sleale cinese e Made in Italy, Giustizia, gestione rifiuti in Toscana, Israele.

Susanna Ceccardi è la ragazza della porta accanto, le scarpe sportive le calzano naturali sotto i jeans, ha l’età dalla sua, è nata a Pisa nel 1987, le fossette sulle guance accentuano l’immagine acqua e sapone. Forse, anche questo le ha giovato quando nel 2019 raccolse 48.239 preferenze alle elezioni europee, e tutt’ora, la simpatia che continua a riscontrare, non avendo subìto granché di quella mutazione che colpisce l’italiano quando si trova a vedere il mondo dall’alto. Pisana fin dalla punta dei capelli: una qualità che spesso inganna l’evidenza come la punteggiatura che scivola alle Spallette in estate sul Lungarno, appartenendo a quell’ “esser toscani e cioè senza maschera” che diceva Curzio Malaparte.

Onorevole Ceccardi, siamo ormai in prossimità del fine anno, è il tempo quindi in cui si può fare un bilancio. La pagina migliore e quella peggiore del Parlamento Europeo nel 2024, lei quali indicherebbe?

Guardando agli interessi dei cittadini toscani, senza voli pindarici ma con la concretezza e la pragmaticità che caratterizzano la mia azione politica, tra le pagine migliori inserirei sicuramente i 70 milioni di euro ottenuti dall’Ue tramite il fondo di solidarietà per le alluvioni del 2023 che tanti danni hanno causato alle imprese e alle famiglie della nostra regione. Mi sono spesa molto sia a Bruxelles che a Roma, personalmente, per ottenere questo risultato. 

Tra le pagine peggiori cito senza dubbio quelle relative al Green Deal, accolto dagli applausi della sinistra italiana ed europea, che rischia di mettere in ginocchio la nostra economia, come la Lega e il gruppo Patrioti per l’Europa denunciano senza sosta. Penso al regolamento imballaggi, al regolamento deforestazione, a quello sulle ‘case green’ e alle auto elettriche ‘obbligatorie’ dal 2035. Ma anche al nuovo patto asilo e migrazioni, frutto della solita ideologia immigrazionista della sinistra: un testo che non sarà di facile applicazione per gli Stati membri e che, comunque, non risolverà affatto i problemi delle ondate migratorie irregolari che funestano il nostro Paese, causando gravissimi problemi di sicurezza per i cittadini. Anzi, probabilmente li aggraverà.

Lei è membro della Commissione per le libertà civili, la giustizia e gli affari interni del Parlamento Europeo. Dalla visione più ampia che può avere da questa posizione, secondo lei quali sono tutt’ora le differenze tra l’Italia e i Paesi europei più avanzati in Europa, penso alla Spagna, la Francia, l’Inghilterra, la Germania, ma anche il nord Europa, sul piano delle libertà civili e della giustizia?

L’Italia sconta ancora un problema strutturale legato alla lentezza della Giustizia. Rispetto a Paesi come la Germania o il nord Europa, i nostri tempi processuali sono troppo lunghi, il che danneggia cittadini e imprese. È un tema che il Governo italiano sta affrontando con determinazione, ma serve un impegno più forte anche da parte dell’Europa per garantire che la giustizia sia rapida ed efficiente, in modo uniforme, in tutti gli Stati membri.

Inoltre, l’Italia ha un serio problema di politicizzazione di una parte, per fortuna minoritaria, della sua magistratura. Lo stiamo vedendo con il patto Italia-Albania e soprattutto con il vergognoso processo politico a Matteo Salvini per i fatti della ‘Open Arms’. Il vicepremier – che ha ricevuto la solidarietà dell’intero gruppo dei Patrioti per l’Europa – rischia 6 anni di carcere per aver lavorato a schiena dritta nell’interesse degli italiani, da ministro dell’Interno, fermando gli sbarchi e difendendo così la nostra sicurezza nazionale. Un paradosso incredibile, punito per aver fatto il proprio dovere, come sancito dall’articolo 52 della nostra Costituzione: “la difesa della Patria è sacro dovere del cittadino”.

Sul piano delle libertà civili, invece, credo che l’Italia talvolta sia stata ingiustamente e strumentalmente dipinta come ‘arretrata’. Il nostro Paese ha un solidissimo sistema di diritti fondamentali, ma subisce spesso critiche ideologiche da parte della sinistra e dei suoi media, incapaci di riconoscere che il governo italiano, democraticamente eletto, è giustamente chiamato a fare le sue scelte, legittime e democratiche. Un esempio per tutti: l’utero in affitto che abbiamo finalmente reso ‘reato universale’.

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Le è stata affidata dal suo partito un’altra rappresentanza, lei fa parte anche della Delegazione del Parlamento europeo per le relazioni con Israele. Come ha detto il presidente Daniel Caspary, “Teniamo tutta la nostra attenzione e il nostro sostegno alla lotta all’antisemitismo contribuendo al rafforzamento del partenariato tra Unione europea e Israele, tra Parlamento europeo e Knesset”. Quale è la sua opinione sulla ripresa crescente di forme diffuse di antisemitismo in Europa?

L’antisemitismo è una piaga che non possiamo permetterci di sottovalutare. La crescente diffusione di odio contro gli ebrei, sia online che nella vita reale, è un segnale di allarme. È compito delle istituzioni europee lavorare per l’educazione, la memoria storica e il rafforzamento della sicurezza delle comunità ebraiche. Il rafforzamento delle relazioni con Israele è fondamentale non solo per combattere l’antisemitismo, ma anche per promuovere la cooperazione in ambiti strategici come la ricerca, la tecnologia e la sicurezza. Il Parlamento Europeo deve continuare a sostenere un dialogo franco e costruttivo con la Knesset.

Le va riconosciuto che lei è una dei parlamentari europei della circoscrizione in cui è stata eletta ad avere una presenza costante sul territorio. Il 20 novembre ha presentato un’interrogazione alla Commissione sulla conformità del piano regionale di gestione dei rifiuti della Toscana. Quale è il punto della controversia?

La questione riguarda la sostenibilità e l’efficacia del nuovo piano regionale della Toscana, che rischia di non essere in linea con le direttive europee. Nella nostra regione, i problemi nella gestione dei rifiuti stanno diventando sempre più evidenti, con costi elevati per i cittadini e un aumento dei rifiuti esportati verso altre regioni o Paesi.

Questo accade perché la sinistra, per motivi elettorali, non vuole fare i termovalorizzatori e quindi ricorre in misura eccessiva, per gli standard europei, alle discariche. Eppure Giani aveva detto che i termovalorizzatori sarebbero stati fatti e che, all’occorrenza, per farli avrebbe persino ‘chiamato i carri armati’. L’ennesima promessa non mantenuta.

La mia interrogazione punta a verificare se il piano regionale rispetti gli obiettivi europei di economia circolare e gestione sostenibile dei rifiuti. È inaccettabile che la Toscana, che dovrebbe essere un modello per l’Italia, continui a rimandare soluzioni concrete, con conseguenze sia ambientali che economiche.

Il 20 ottobre lei ha presentato, invece, un’interrogazione con richiesta di urgenti misure contro le importazioni alimentari dalla Cina che causano concorrenza sleale a danno degli Stati membri dell’UE. Il tema agroalimentare mi pare rilevante anche per una regione come la Toscana.

Assolutamente. La Toscana vive di eccellenze agroalimentari, che sono però minacciate da prodotti importati dalla Cina e da altri Paesi che non rispettano gli stessi standard di qualità, sicurezza e sostenibilità.

Questa concorrenza sleale non solo danneggia i nostri produttori, ma mette a rischio la salute dei consumatori europei. Per questo la Lega e Patrioti per l’Europa sono così determinati nel combatterla. Con la mia interrogazione ho chiesto che la Commissione Europea intervenga con controlli più rigidi e con misure di tutela per i nostri prodotti.

Difendere il Made in Italy e il Made in Tuscany al Parlamento europeo, come ho già fatto in passato contrastando ad esempio il ‘Nutriscore’ e il via libera alla carne sintetica, significa difendere la nostra cultura, la nostra economia e il nostro futuro. La prossima battaglia che mi preparo a combattere, in questo ambito, è quella contro l’accordo commerciale Ue-Mercosur che rischia di dare un’altra mazzata, dopo le plurime follie del Green Deal, ai nostri agricoltori e ai nostri allevatori.





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