Il ritorno da Washington per Giorgia Meloni, con tanto di video per spiegare le ragioni dei suoi tanti viaggi e ribadendo il concetto degasperiano che la politica estera è essenzialmente politica interna, segna anche un metaforico passaggio: tra la dimensione internazionale dell’esecutivo, con tanto di punte spaziali come accennato da Donald Trump nel suo discorso d’insediamento, e quella nazionale, anzi di, coalizione. Qualche frizione, giudicata forse anche fisiologica nella vita di una maggioranza plurale, la sta mettendo in atto.
Zaia e Santanchè
Ad aprire le danze è stata ovviamente la questione del terzo mandato per i presidenti di Regione, incarnata dal “Doge” Zaia (che in verità si batte per il quarto mandato) e dalla Lega, e poi transitata nell’Affaire Santanchè. Il rinvio a giudizio ha colto di sorpresa la ministra del Turismo e un po’ meno i suoi legali, a rileggere le dichiarazioni rilasciate dopo la pronuncia del Gup di Milano per il caso Visibilia, creando qualche imbarazzo a Fratelli d’Italia e alla stessa premier. Non solo, la stessa Santanchè alla richiesta dei cronisti sulle possibili o eventuali “dimissioni” ha ribadito che “deciderà la premier”, senza accennare ad alcun gesto di “opportunità” politica, e consegnando il suo destino politico nelle mani della Meloni.
Crosetto garantista, Fdi un po’ meno
Nessun passo indietro o avanti nelle ultime ore, se non fosse stato per la difesa immediata di Lega e Forza Italia in linea garantista. Mentre Fratelli d’Italia ha scelto una linea molto più fredda e attendista, con la sola eccezione del ministro della Difesa Guido Crosetto, che nel suo tradizionale garantismo ha voluto ribadire come “si è colpevoli solo dopo tre gradi di giudizio”. Che la ministra vacilli è un dato di fatto, sulle tempistiche è ancora tutto da definire: ma la prima accelerazione alla vicenda è stata fornita dal colloquio tra il presidente del Senato La Russa e Meloni, anche se ciò che si siano meno detti resta tuttora un mistero. Di sicuro la vicenda ha tenuto banco anche nel vertice di maggioranza a Palazzo Chigi, con tutti i partner del governo riuniti per fare il punto sullo “stato dell’arte” e provare a sciogliere qualche nodo, con una certezza arrivata dalla Corte Costituzionale che toglie un punto interrogativo non irrilevante dall’agenda del centrodestra, che potrà evitare un’estenuante battaglia referendaria sull’autonomia differenziata.
Il vertice e le smentite
L’Affaire Santanchè rimane comunque uno snodo cruciale per allontanare ogni forma di strumentalizzazione, e alcuni hanno intravisto nell’arrivo a Palazzo Chigi dei capigruppo di FdI Lucio Malan e Galeazzo Bignami una prima mossa della presidente del Consiglio per sondare l’eventuale disponibilità del presidente dei senatori meloniani a prendere il posto di Daniela Santanchè. Tutto prontamente smentito dai diretti interessati. Benché molto al di là delle scadenze processuali, intravediamo nell’atteggiamento silente e composto assunto da Fratelli d’Italia una chiara indicazione sul destino che attende l’avventura ministeriale della Santanchè. I sampietrini sconnessi non piacciono alla premier, e in generale non vanno nell’interesse di una coalizione che nei prossimi mesi dovrà affrontate battaglie politiche importanti in chiave interna, e che in politica estera si giocherà le carte che potranno decidere il futuro dell’Italia per i decenni avvenire.
Coalizione compatta
Due prospettive che cozzano molto con le vicende private e societarie di un singolo membro dell’esecutivo. Meloni dovrà anche rinsaldare la coalizione in vista degli appuntamenti elettorali regionali, ribadendo agli alleati e ai suoi che il segreto del successo del centrodestra è l’unità e che gli elettori non accettano crisi politiche interne. Inoltre, le vicissitudini dei singoli partiti non possono alimentare voci di divisioni, soprattutto alla luce delle ultime rilevazioni che vedono il centrodestra al 50%, e cioè al punto massimo della propria forbice elettorale. E anche la Lega dovrà ascoltare gli alleati sulle modifiche da apportare in Parlamento – richieste poi dalla Consulta – alla legge Calderoli, come ribadito oggi dal vicesegretario azzurro e presidente della Regione Calabria Roberto Occhiuto. Sempre in casa Forza Italia, il segretario Tajani ha nominato membro della segreteria nazionale Pietro Vignali, come riconoscimento per la crescita degli azzurri nelle ultime elezioni in Emilia-Romagna.
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