Ma come gli è venuto in mente, come può proprio lui che pesa le parole e le pause, il padre di tutte le mediazioni e le grandi alleanze, dire una cosa così divisiva, così spregiudicatamente inopportuna? Allora, lo avrete letto, Romano Prodi, nel bel mezzo della discussione che divide destra e sinistra sugli immigrati in Albania, per attaccare il centrodestra messo nell’angolo dai giudici sul trasbordo dei reietti del mondo nei Cpt a spese dell’Italia oltre l’Adriatico, ha pensato di suggerire la soluzione e ha detto: «Lo stesso campo, se lo volevano fare, non si poteva fare in Calabria, così tra l’altro si dava lavoro a delle persone in zone che ne avevano bisogno? Perché in Albania? Non ha alcun senso: si spende di più, ci sono traffici internazionali, si fanno costruzioni che poi rimarranno in Albania, ci sono costi di trasferta». Prodi lo ha detto durante la trasmissione “Di Bella sul 28”, su Tv2000.
Il centrodestra calabrese è andato su tutte le furie, figuriamoci, un piatto servito su un vassoio d’argento. Non una parola dall’altra sponda, quella politica, non quella del mare. Sarebbe interessante capire il processo logico mentale che ha portato Prodi a immaginare la Calabria refugium peccatorum. Non è difficile. Proprio la Calabria, sì, ultima degli ultimi del Sud, mandiamoli in Calabria per alimentare la fiammella dell’immaginazione di una regione riserva dove si può sversare di tutto, si può compattare quello che altrove divide, si può nascondere quello che altrove non vogliono. Talmente si nasconde che stamattina neppure un rigo su giornali come Corriere e Repubblica. Anzi qui, se date uno sguardo, c’è un bel paginone dedicato al professore di Bologna che commenta la proposta del suo corregionale Franceschini su come converrebbe andare alle prossime elezioni, da soli o in compagnia. Un’intervista che parte dalla casa color miele di Prodi e, scorri, scorri, la domanda sulla Calabria frasca di giornata non c’è, tra l’altro con la firma di una brava collega di origine calabrese, Antonella Cuzzocrea. Vabbè sappiamo che un’intervista del genere può essere stata fatta di prima mattina e infilata in un timone che nessuno più, a una certa ora della sera, nei quotidiani di carta, ha voglia e tempo di smuovere se non da una strage in su. Figuriamoci per una voce del sen fuggita. La quale voce, però, non torna indietro e si dà il caso che sia pronunciata da un protagonista della scena pubblica da molti lustri che restituisce, ahinoi, l’idea che si ha della Calabria. Parliamoci chiaro. Non è un’offesa quella di Prodi, come dice il centrodestra calabrese. Non è un’offesa perché accogliere immigrati non è una brutta parola. E perché la Calabria è la Calabria di Cutro, la Calabria di Riace, la Calabria di Badolato, la Calabria dove da anni si gestisce l’emergenza del vento, vengono in mente le parole di Mimmo Lucano, sì lui. Le parole di Prodi sono preoccupanti perché significano che della Calabria ti ricordi per rattoppare un’emergenza senza affrontarla, che tanto qui nessuno dice niente, puoi fare tutti gli sforzi che vuoi in questa benedetta regione – vanno bene, non vanno bene, questo è un altro discorso – ma rimani inchiodato all’idea nascosta che tanto sei nato storto e storto devi rimanere, e ti devi accontentare di creare un po’ di lavoro coi campi profughi, che se fosse una strategia condivisa non sarebbe neppure male, ma visto che è faticoso affrontare il problema – perché non l’ha detto, perché? – i calabresi hanno un cuore grande e li trattano pure bene gli immigrati. Quindi dirotta su Cosenza, Reggio, Catanzaro, che magari il governo albanese sta pure zitto perché la Calabria è terra sorella, un pezzo di storia c’hanno lasciato qui gli albanesi, e pure la lingua.
Ma come è divertente tirare in ballo la Calabria quando tutti gli altri scappano, qui di sicuro si trova uno spazio per ripulire i salotti ipocriti degli altri, che tanto, ve lo ricordate no, anche i sequestrati li prendevano a Milano e li portavano in Aspromonte. Sempre a quell’idea siamo rimasti, chi ha peccato deve pagare in eterno, “si deve accontentare”, che è già tanto che siamo parte della “Bell’Italia”. E pazienza se a volte il ministro Salvini confonde lo Stretto di Messina con il canale di Sicilia, da queste parti è tutto indefinito, vagamente posizionato, una scorciatoia la trovi sempre. C’è da avere compassione, cos’altro, e alla sinistra calabrese (dove sei batti un colpo) ricordare con sottile perfida soddisfazione che è stato uno di loro, il calabrese Marco Minniti, che da sottosegretario voleva rivoltare la sua regione come un calzino, ad avviare il piano Mattei prima della Meloni. Si chiama contrappasso e andrebbe docilmente ricordato a Prodi. Ma perché, perché, ci portate a fare ragionamenti così miserevoli? Ve lo ricordate Prodi nel ’96 del secolo scorso con un ramo di ulivo in mano a Cosenza? Pace, facciamo pace. (redazione@corrierecal.it)
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