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Birra artigianale e turismo: Umbria “regione-laboratorio”


Umbria, cuore verde d’Italia. Una formula ormai storica (circola da oltre mezzo secolo) e a tutt’oggi inossidabile, grazie a un’immediatezza e a un’efficacia che non conoscono usura. Ebbene, quel cuore verde palpita, ora, aprendosi ad accogliere anche tanti altri colori: quelli ad esempio – il dorato, l’ambrato, il bruno e l’ebano – che brillano in un calice di birra. Perché lei, la figlia dei cereali e del luppolo, ha dato vita nel nostro Paese, da ormai trent’anni, a un tessuto di piccoli produttori artigianali che anche qui ha attecchito diffusamente. Affermandosi come nuovo classico e rendendo evidente il proprio potenziale come volano del turismo legato al filone delle tipicità alimentari. Un potenziale che non è sfuggito alle istituzioni locali, tanto da essere collocato al centro di un’organica iniziativa di promozione: varata dalla Regione, inquadrata nel progetto Umbriatourism (di cui è responsabile Sandra Placidi) e consultabile visitando l’omonimo portale. Il titolo? Unisce senso delle radici e fiuto della modernità: Birradvisor, birre uniche in Umbria.

SCHIUME E TERRITORI
L’iniziativa – presentata tra l’altro nel corso della prima edizione di Umbria Lup and Beer, rassegna tematica alla quale collabora Promocamera (azienda speciale della Camera di Commercio umbra) – parte da un dato di geografia economica: tra le province di Perugia e Terni, il reticolo dei microbirrifici consta ormai di 34 unità produttive. Inoltre, questo telaio è ulteriormente arricchito da due poli di assoluta eccellenza nell’ambito della filiera brassicola nazionale: la malteria avviata da uno di quei marchi artigianali, i Mastri Birrai di Gualdo Cattaneo; e il Cerb, il centro di ricerca, consulenza e formazione attivato dal 2003 in seno all’Università di Perugia. Insomma, la pinta (con il suo connesso bagaglio di costume e professionalità) ha messo radici, innervando il territorio in modo capillare e profondo. Senza clamore è diventata una tra le voci stabili nel catalogo di saperi e competenze che questa comunità regionale è in grado di esprimere; niente mancava, dunque, per poter farne una leva di sviluppo anche in chiave turistica.

ITINERARI, SCOPERTA E RI-SCOPERTA
Il progetto scommette sulla valorizzazione della birra artigianale come veicolo di scoperta del territorio regionale; anche nei lembi più periferici, quelli sui quali occorre agire con maggiore creatività in termini di rivitalizzazione. In soldoni, il punto è quello di suscitare curiosità verso tutto ciò che l’Umbria può offrire, fino nei suoi angoli meno conosciuti (ma preziosi), disegnando un itinerario da percorrere… di bicchiere in bicchiere. Un percorso le cui tappe rappresentano altrettante stazioni in corrispondenza delle quali poter tuffarsi nella conoscenza del costume locale: non solo gastronomico, ma anche umano, storico, artistico, culturale e naturale. Insomma: un tragitto lungo il quale poter… gustare l’Umbria a sorsi!

L’UMBRIA IN SETTE CAPITOLI
Vediamole, dunque le sette fermate che scandiscono il circuito di Beeradvisor. La prima è a Cascia: perla architettonica e urbanistica, è conosciuta per la produzione di cicerchia, roveja e zafferano; e rappresenta un perfetto esempio di come le tradizioni locali possano essere valorizzate proprio attraverso la birra artigianale. Seconda tappa, Norcia e Castelluccio: una distretto tra spiritualità e concretezza contadina che offre l’opportunità di tuffarsi in pinte prodotte con lenticchia IGP e farro, ingredienti in grado di parlare, raccontando la storia di un territorio dalla profonda vocazione agricola. Terza stazione, Nocera Umbra, altro borgo di grande suggestione: dove, tra l’altro, poter dissetarsi con birre a base di ingredienti tipici (la canapa, la stessa acqua sorgiva) che dipingono l’unicità dell’ambiente locale. Quarto approdo, Torgiano e Montefalco: dove vibra, ovviamente, il fermento delle Iga, le Italian Grape Ale, il cui mosto unisce cereali e pigiato d’uva, fondendo culture millenarie e nuovi classici, così da offrire al visitatore un’esperienza che è ponte tra passato e futuro. Quinto scalo, immancabile, la maestosa Perugia: all’ombra del cui colle non poteva mancare un’esperienza come quella che, nel processo di brassaggio, integra l’uso del cacao (tra i fiori all’occhiello della manifattura fiorita attorno al capoluogo); tratteggiando così una nuova, e golosa, frontiera per il turismo gastronomico. Sesto attracco, l’Alta Umbria: comprensorio nel quale la bevanda di Gambrinus accoglie, nella propria ricetta, le numerose varietà di mieli e di castagne raccolte nei boschi di queste campagne; quei boschi che, con la loro cultura, danno spunto per creare eventi dedicati e altrettante occasioni di stimolo al turismo anche nei mesi invernali. Settimo ormeggio, le rive del Lago Trasimeno: laboratorio di produzione di birre con fagiolina e teatro di appuntamenti capaci di mobilitare flussi di vacanzieri culinari lungo tutto l’arco dell’anno. E allora, in alto i calici: alla salute dell’Umbria!



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