Il 31 marzo prossimo scade il termine entro il quale le Comunità Energetiche Rinnovabili realizzate all’interno di comuni con meno di 5000 abitanti possono accedere alla domanda per poter usufruire del contributo in conto capitale (sino al 40%) sugli investimenti necessari. Sono contributi previsti nel contesto dei PNRR.
Sicuramente un’agevolazione importante che ha dato, tra l’altro, luogo alle varie iniziative di promozione e sostegno che, con modalità varie, si stanno portando avanti in tutte le regioni italiane.
I ritardi con le quali è stata recepita la normativa a livello europeo ed emanate le conseguenti discipline tecnico/giuridiche rendono questo termine difficilmente rispettabile e, come già richiesto da più parti, sarà necessario prevedere una proroga (non solo di questo ma, molto probabilmente, dell’intera ‘gamma’ dei termini fissati dal PNRR).
La realizzazione delle CER – ove fatte seriamente – presenta una serie di problematiche e complessità in buona parte giustificate dalla intrinseca e contestuale presenza di aspetti e tematiche – tecniche, giuridiche, amministrative, economico/finanziarie, gestionali – che, necessariamente vanno affrontate con approccio multidisciplinare su un percorso completamente nuovo che impone, anche sotto il profilo culturale, una collaborazione, a più livelli, alla quale non siamo abituati.
Oltre alla complessità prima evidenziata se ne pone un’altra che ne costituisce il substrato e, se vogliamo, il ‘lievito’.
La Comunità Energetica è una vera e propria ‘palestra di democrazia’. Non solo perchè si richiede un approccio collaborativo e di condivisione, quindi democratico, sin dal momento iniziale in cui cittadini e/o imprese e/o associazioni decidono di dar corso alla sua costituzione e per tutta la sua durata, ma anche perchè, come tutte le palestre, hanno il compito di addestrare ad un esercizio, quello democratico appunto. Ed ogni giorno che passa possiamo constatare quanto questo sia difficile: molti hanno perso l’allenamento; molti non conoscono proprio la pratica e devono acquisirla…partendo dagli esercizi di base (rispetto, ascolto, non prevaricazione etc.).
Esercizio difficile ma necessario! Ora per l’energia elettrica, domani per altri beni e diritti comuni ed essenziali.
La Comunità come prerequisito
Chi si sta occupando professionalmente della materia conosce la fatica nello spiegare in termini semplici un tema complesso sotto il profilo tecnico/giuridico ed ancor più nel far recepire l’idea della ‘condivisione’, presupposto indefettibile per poter realizzare il meccanismo comunitario.
Nello spirito della normativa europea (ed italiana di conseguente derivazione) la parte energetica va a qualificare l’aspetto comunitario; è una Comunità che si costituisce per la produzione e condivisione di energia da fonti rinnovabili. La Comunità non è quindi un elemento di poco valore o che potrebbe essere addirittura assente. E la produzione energetica, unitamente alla condivisione tra i membri – nel contesto normativo di riferimento – rappresenta l’oggetto e l’esito di tale modalità organizzativa.
E ciò è vero anche ove si considerino la natura gli obiettivi che le CER devono – necessariamente – conseguire; vengono richiamati gli obiettivi ambientali, sociali ed economici che accompagnano e sottendono le finalità da perseguire: la decarbonizzazione e di transizione energetica.
Va da se che questa logica – unitamente alle regole tecniche per la costituzione della CER (in particolare il limite di 1 MW e della inerenza dei punti di prelievo e di produzione alla medesima cabina primaria) – non può prescindere da un contesto territoriale di riferimento all’interno del quale la ‘Comunità’ può svilupparsi nella pienezza della sua potenzialità.
Ogni percorso che si allontana da questa finalità e da questi obiettivi snatura irrimediabilmente lo strumento previsto dal legislatore e la sua alta e complessa natura che tranquillamente può essere definita politica (nel senso nobile del termine).
Proposte nuove sul campo
Anche per rispondere alle difficoltà prima evidenziate sono state avanzate diverse proposte che, in buona sostanza, ‘saltano’ il livello territoriale/locale – che definisce la possibilità concreta e reale di condivisione fra membri che si conoscono e vogliono costruire e perseguire benefici che vanno ben oltre il mero aspetto economico – e vanno a definire possibilità estese; anche oltre le singole zone elettriche (7 in Italia) che sarebbero già aree vastissime, per arrivare a proporre soluzioni che possono interessare l’intero ambito nazionale.
Sul piano meramente tecnico sarebbe possibile, posto che la limitazione prima richiamata (1MW e l’inerenza dei punti di prelievo e di produzione alla medesima cabina primaria) deve essere riferita non alla CER in sé stessa ma alla singola configurazione e, pertanto, nulla impedisce che sotto l’ombrello di un’unica Comunità Energetica vi siano ‘n’ configurazioni (ciascuna entro quei limiti) che, potenzialmente, possono riguardare l’intero territorio nazionale.
Alla base di queste soluzioni vi è un approccio di tipo economicistico e gestionale – di per se corretto – dove si ragiona sull’efficienza che ne potrebbe derivare dall’introdurre, secondo le regole dell’economia di scala, una gestione centralizzata i cui costi andrebbero ad essere spalmati su una base operativa (le ‘n’ configurazioni) più ampia.
Ben potrebbe, cosi ragionando, costituirsi una CER con ‘testa’ a Torino o Milano o Reggio Calabria e base in tutta Italia.
Corretto sul piano teorico e tecnico ma parliamo d’altro. Di Comunità rimarrebbe solo il nome. Andrebbero del tutto disattesi lo spirito sotteso dalla normativa e gli obiettivi pure previsti e che obbligatoriamente vanno perseguiti.
Una CER così costituita sarebbe più facilmente assimilabile ad una qualsiasi agenzia che eroga e gestisce servizi ed i membri sarebbero assimilabili a semplici utenti che entrano ed escono in base alla sola convenienza economica (risparmio in bolletta).
Niente a che fare con le finalità della Comunità Energetica.
Ma si possono nutrire forti dubbi anche sulla sostenibilità economica di simili modelli.
Chi sosterrebbe gli investimenti? Gli stessi membri (cittadini e/o imprese e/o altri enti) che di fatto non avrebbero alcun ruolo nella gestione? Siamo sicuri che chi ha già difficoltà a partecipare attivamente (ed economicamente) ad una CER nella quale avrebbe voce in capitolo (dall’ideazione alla realizzazione e gestione) sarebbe propensa a farlo in una organizzazione dove non avrebbe alcun ruolo (se non quello di realizzare un investimento e/o essere mero consumatore?
Come impatterebbe il principio della c.d. ‘porta aperta’ che consente ai membri libertà di accesso e di uscita dalla Comunità? Come verrebbe affrontato il costante bilanciamento tra produzione e consumo così da garantire la massima condivisione e quindi il massimo risultato in termini di ottenimento dei benefici dalle tariffe incentivanti?
Altre questioni possono essere sollevate per contestare queste soluzioni che avrebbero come unico effetto e risultato quello di affossare il già difficile percorso delle CER senza peraltro ottenere alcun risultato positivo (nemmeno sul piano economico/gestionale dal quale – ed in vista del quale – pur prende le mosse).
Per andar bene – ma sarebbe…andare malissimo! – sortisce l’effetto di organizzare i consumatori / produttori a beneficio di soggetti altri e diversi rispetto ai primi (com’è e dovrebbe essere nella logica delle CER); magari i produttori/venditori di energia (o agenzie di questi) che si troverebbero clienti nuovi..che non solo consumano ma sono anche finanziatori a beneficio di altri!
E’ evidente che su questa logica sono facili e le applicazioni non solo in contrasto con lo spirito delle CER ma dall’esito dannoso e dove, in alcuni casi, si può persino mettere in dubbio la buona fede di chi le promuove.
Federazione delle Comunità
O è Comunità o siamo in presenza di altro.
Questo non toglie, evidentemente, la necessità di affrontare le tematiche di efficienza economica e gestionale. Ma sempre nel contesto della/e Comunità.
Nulla esclude, ad esempio, pensare ad una Federazione delle Comunità ovvero ad una Rete fra le stesse cosi da fare economia di scala nella gestione realizzando ed offrendo servizi a beneficio delle associate.
Si avrebbero i benefici ed il controllo proprio della Comunità uniti a quelli di una gestione più efficiente.
Allo stesso modo, sul piano dell’estensione territoriale, si possono utilmente ipotizzare CER composte da membri accomunati da altre finalità che, pur insediati in aree vaste per le quali si richiede necessariamente lo studio di più configurazioni, possono giustificare la gestione comunitaria anche dell’aspetto energetico; Ipotizziamo, come esempio, una CER realizzata da una Rete di imprese.
Considerazioni finali
Le difficoltà operative che si incontrano nella costituzione della CER non devono portare ad aggirare gli ostacoli mortificando ed eliminando proprio l’aspetto che le qualifica e ne attribuiscono l’essenza, la parte Comunitaria appunto.
Molto meglio non costituirla piuttosto che camuffarla con soluzioni che – anteponendo e mettendo come fine solo l’aspetto economico/finanziario a beneficio, peraltro, di terzi – rappresenterebbero l’ennesima mortificazione dei cittadini (ed imprese…anch’esse composte da cittadini ovviamente!) ridotti a meri soggetti pagatori, succubi di giochi altrui!
Diamo, piuttosto, voce alla necessità di semplificare le procedure esistenti, prorogare i termini del 31 marzo per gli impianti realizzati nei comuni inferiori a 5000 abitanti; emanare regole precise sulla compatibilità tra gli investimenti per le CER e quelli sulla transizione 5.0 per le imprese.
Non solo.
Le battute d’arresto sulle politiche agevolative della transizione energetica e della decarbonizzazione – ormai palesi a livello internazionali dopo l’elezione di Trump – devono rafforzare ancor più le richieste dal basso di proseguire in tali strategie per concorrere a rendere un mondo migliore; non solo sul piano ambientale ma anche, e prima ancora, su quello della partecipazione, della democrazia e..della Comunità!
Contributo di Michele Loche, avvocato e consulente aziendale, autore del libro ‘Le Comunità Energetiche rinnovabili’.
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