Un post scritto da chi conosce bene i meccanismi della Corte Penale Internazionale, quindi incentrato sul diritto processual-penalistico, e qui rilanciato per far comprendere al meglio il contesto in cui nasce e si gestisce un caso di questo tipo.
Ovviamente si tratta di un elemento diverso, anche se magari contermine, rispetto alla tutela dell’interesse nazionale.
Al Masri, uno scritto sui meccanismi CPI
Scrive il dott. Tarfusser:
Ha davvero dell’incredibile come, nel giro di poche ore, fretta e incompetenza ed ora anche opacità, abbiano causato un incalcolabile danno alla giustizia, al governo, alla giustizia internazionale e alla credibilità dell’Italia, quella stessa Italia, una volta culla del diritto (questa almeno è la retorica) e culla della giustizia internazionale avendo avuto un ruolo decisivo nella nascita, a Roma nel 1998, della Corte penale Internazionale che – forse è il caso di ricordarlo ai più distratti e disattenti, ma soprattutto ai moltissimi ignoranti – in virtù della ratifica (legge n. 232/1999 ) fa parte dell’architettura giudiziaria del nostro Paese. In questa breve disamina volta ad evidenziare in quale fase del procedimento sono stati commessi errori e chi li ha commessi causando questa perdita di credibilità, procederò cronologicamente.
La Corte Penale Internazionale
La Corte Penale Internazionale è certamente criticabile per tanti motivi. Io stesso che la conosco profondamente per avere, come giudice e vicepresidente, vissuto al suo interno per quasi undici anni, sono molto critico con la Corte. Altrettanto certamente però cadono nel vuoto tutte le accuse complottiste, le speculazioni politiche che le vengono rivolte in relazione alla vicenda AL MASRI. Nessuna stranezza nella tempistica del mandato di arresto e complotto in danno dell’Italia, nessuna volontà di “colpire” l’Italia e il suo governo. Lo affermo senza timore di essere smentito, conoscendo benissimo il funzionamento e le dinamiche proprio di quella Divisione preliminare di cui ho fatto parte ed essendo ancora in assiduo contatto con diversi esponenti della Corte. La segnalazione dell’Interpol che AL MASRI – da tempo inserito nel suo sistema informatico con una cd blue notice – era arrivato in Europa diventando “catturabile”, è giunta alla Corte in un momento successivo prossimo al 6 gennaio 2025 rendendo la richiesta di mandato di arresto, che il Procuratore presso la Corte, Karim Khan aveva depositato alla Camera preliminare il 2 ottobre 2024, attuale e urgente. Del tutto comprensibile e nulla di strano che la Camera preliminare – che non tratta solo il caso AL MASRI ed i cui giudici siedono anche in altre Divisioni e Camere della Corte – avesse preso in mano la richiesta di arresto solo a seguito di questa segnalazione. Da questo momento era diventato urgente (i) leggere attentamente la richiesta e le prove allegate, (ii) discutere in camera di consiglio le questioni sostanziali e processuali, (iii) deliberare e (iv) redigere il provvedimento in lingua inglese con traduzione in arabo. I passaggi sommariamente descritti, già di per sé lenti e complessi, sono stati ulteriormente rallentati dall’emergere di un’opinione dissenziente (anche questo nulla di strano, anzi!), seppure solo per motivi processuali, non certo sostanziali.
Sabato 18 gennaio 2025
Finalmente la mattina di sabato 18 gennaio 2025 la CPI emette il mandato di arresto a carico di AL MASRI per innumerevoli ipotesi di crimini contro l’umanità. Lo fa tramettendolo al Registrar, organo amministrativo della Corte che cura i rapporti con l’esterno. Lo stesso 18 gennaio 2025 la CPI, per il tramite del Registrar, informa sei paesi europei dei possibili whereabouts del catturando chiedendo la collaborazione per il suo arresto e la consegna.
Questa informazione è avvenuta per il tramite dei cd focal points o punti di conta o, indicati da ciascun paese. Per l’Italia il punto di contatto è l’Ambasciata italiana nei Paesi Bassi. Quindi il 18 gennaio, informata del mandato di cattura l’Ambasciata italiana, la Corte ha assolto al suo dovere di informare il Governo e per esso il Ministro della Giustizia. Contestualmente la CPI ha chiesto ad INTERPOL di modificare la segnalazione nel loro sistema informatico da blue notice (monitorare) a red notice (arrestare).
Domenica 19 gennaio 2025
L’Ufficio DIGOS della Questura di Torino allertato della presenza sul territorio di propria competenza di una persona iscri a per le ricerche e l’arresto nel sistema INTERPOL, di prima mattina di domenica 19 gennaio si reca nell’albergo in cui questi alloggiava dando esecuzione al mandato di arresto emesso da un’Autorità giudiziaria – la Corte penale internazionale – riconosciuta dall’ordinamento italiano in forza, come de o sopra, della legge di ratifica dello Statuto di Roma n 232/1999. Dell’avvenuto arresto informa immediatamente, ed in perfe a conformità della legge, il Ministero della Giustizia, la Corte d’appello di Roma e il Procuratore generale di Roma.
Da lunedì 20 gennaio 2025
A questo punto – essendo il Ministro informato sin da sabato 18 dalla CPI del mandato di arresto a carico di AL MASRI ed essendo il Ministro, il procuratore generale e la Corte d’appello di Roma informati sin da domenica 19 dalla DIGOS dell’avvenuto arresto di AL MASRI – “il procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, ricevuti gli a i, chiede (avrebbe dovuto chiedere) alla medesima corte d’appello l’applicazione della misura della custodia cautelare nei confronti della quale è richiesta la consegna.” (art. 11, 1° comma, legge n. 237/2012). La Corte, a sua volta, previa identificazione della persona e richiesta del suo consenso, o meno, alla consegna alla Corte Penale Internazionale entro tre giorni dall’arresto (art. 11, 4° comma, legge n. 237/2012), avrebbe dovuto provvedere con ordinanza, ricorribile per cassazione, sulla custodia cautelare, confermandola, eventualmente concedendo la libertà provvisoria, con o senza prescrizioni, previa informazione della Corte penale internazionale (art. 11, 2° e 3° comma, legge n. 237/2012). Questa prima fase non doveva certamente essere svolta e concludersi nelle 48 ore, come sostenuto da più parti per giustificare i tempi precipitosi, bensì nei cinque giorni dall’esecuzione della misura previsti dall’art 717 c.p.p. cui rinvia l’art. 3 della legge 237/20121. Questa tempistica è sostenuta anche dall’analoga previsione dell’art. 294 c.p.p. in materia di interrogatorio di garanzia che deve seguire l’esecuzione di una misura cautelare. A questo punto si sarebbe aperta una seconda, breve fase procedimentale volta a verificare l’insussistenza delle condizioni che impedirebbero la consegna della persona alla CPI, ovvero: mandato non emesso dalla CPI, persona diversa da quella ricercata, violazione di principi fondamentali e persona già condannata nello Stato per i medesimi fatti. (art. 13, 3° comma, legge n. 237/2012).
In assenza di condizioni ostative, la Corte avrebbe dovuto decidere per la consegna della persona alla CPI, trasmettendola al Ministro per l’esecuzione. Ricevuta la sentenza “il Ministro della Giustizia provvede con decreto sulla richiesta di consegna entro venti giorni” (art. 13, 7° comma, legge n. 237/2012). La lettera della norma non lascia spazio discrezionale al Ministro che, in linea con l’obbligo di cooperazione degli Stati Parte con la CPI (artt. 86 e segg. dello Statuto di Roma2), “provvede” alla consegna. Unico modo per sottrarsi all’obbligo di cooperazione è quello di assumersi la responsabilità politica violando lo Statuto di Roma che, ribadisco, è norma interna dello Stato, cercando di dare una giustificazione, la più plausibile possibile (ragione di Stato), nel giudizio che la Corte certamente avvierà per l’accertamento della violazione dell’obbligo di cooperazione (art. 87, settimo comma, Statuto di Roma3).
Martedì 21 gennaio 2025
Anziché seguire la semplice e lineare road-map dettata dalla legge, dalla logica, dal buon senso e anziché agire con la dovuta trasparenza, il giorno successivo, 21 gennaio la vicenda AL MASRI precipita nel caos, nel disastro giudiziario e politico
Questa la surreale cronaca:
- Il 21 gennaio ALMASRI è in stato di detenzione da circa 50 ore;
- Il 21 gennaio sul tavolo della CA giunge un’istanza di scarcerazione della difesa del detenuto;
- Il 21 gennaio la CA trasme e l’istanza al PG affinché esprima il proprio parere;
- Il 21 gennaio, anziché esprimere parere contrario all’accoglimento dell’istanza e chiedere, come previsto per legge, l’applicazione della custodia cautelare, il Procuratore generale incredibilmente ”chiede che codesta Corte dichiari la irritualità4 dell’arresto in quanto non preceduto dalle interlocuzioni con il Ministro della Giustizia5, titolare dei rapporti con la Corte Penale Internazionale; ministro interessato da questo Ufficio in data 20 gennaio u.s. immediatamente dopo aver ricevuto gli atti dalla Questura di Torino e che, ad oggi, non ha fatto pervenire nessuna richiesta in merito. Per l’effetto non ricorrono le condizioni per la convalida e, conseguentemente, per una richiesta volta all’applicazione della misura cautelare. Ne deriva la immediata scarcerazione del prevenuto”.
- Il 21 gennaio, ricevuto il parere del procuratore generale, la CA emette ordinanza con cui, con motivazione, a essere benevoli, avventurosa (come dirò tra poco), rime e in libertà la persona colpita da mandato di arresto della CPI.
Sembra un miracolo di efficienza e tempestività. …e pensare che le male lingue sostengono che la giustizia non funziona…
Purtroppo così non è. Da quanto de o è evidente come all’origine dell’assurdo cortocircuito che si è verificato nell’ambito della vicenda AL MASRI si colloca la Giustizia, la magistratura nelle persone del Procuratore generale e dei componenti il collegio della Corte d’appello di Roma, che con zelante “vorauseilenden Gehorsam” – traducibile in “ubbidienza precipitosa e anticipata” – del potere giudiziario verso quello politico, hanno interpretato le norme in modo né letterale, né logico, certamente non in base alla volontà del legislatore e comunque in senso abrogativo, non solo della legge 237, ma della cooperazione con la Corte penale internazionale, essendo evidente che la assurda interpretazione offerta non permetterà l’esecuzione di nessun mandato di arresto della CPI sul territorio italiano. Né oggi, né mai. Uno scempio delle norme, insomma.
- Il 21 gennaio, infine, un aereo di Stato parte ancora e sempre in ma inata (!!!) da Roma alla volta di Torino dove imbarca la persona colpita da mandato di arresto per crimini contro l’umanità della CPI e la riporta in Libia.
A quest’ultimo proposito sarebbe estremamente interessante conoscere l’esa a e de agliata tempistica tra il momento del deposito dell’istanza difensiva nella Cancelleria della Corte – (i) deposito dell’istanza, (ii) so oposizione della stessa al Presidente, (iii) invio per il parere al procuratore generale (iv) restituzione alla Corte, (iv) convocazione della Camera di Consiglio, discussione collegiale, redazione dell’ordinanza e suo deposito in Cancelleria, (v) comunicazione dell’ordine di scarcerazione al carcere – sino a quando viene dato ordine di volo ai piloti.
Questa tempistica me erebbe a nudo non solo un’inammissibile sinergia, tra giustizia requirente e giustizia giudicante a sostegno della necessità della separazione delle carriere, ma sopra u o una intollerabile sinergia tra potere politico e potere giudiziario con buona pace dell’autonomia e indipendenza della magistratura che viene rivendicata solo quando fa comodo.
L’ordinanza della Corte
Veniamo ora al merito dell’ordinanza della Corte d’appello di Roma e quindi all’atto che ha dato inizio a tutta questa grottesca, a questa vergognosa vicenda politico giudiziaria. La Corte, in estrema sintesi, afferma nella parte espositiva e motivazionale del suo provvedimento che (i) la legge 237/2012 che pone “norme per l’adeguamento alle disposizioni dello statuto istitutivo della CPI” non prevede l’ipotesi dell’arresto di iniziativa da parte della polizia giudiziaria ma, testuale, “prescrive una prodromica e irrinunciabile interlocuzione tra Ministro della Giustizia e la procura generale“; (ii) che nel caso di specie non è possibile ricorrere all’art. 3 della legge 237 secondo cui “in materia di consegna [ … ] si osservano, se non diversamente disposto dalla presente legge e dallo statuto (di Roma ndr) le norme contenute nel [ … ] codice di procedura penale”, quelle in base alle quali la DIGOS ha agito, perché la legge 237 in materia di applicazione di una misura cautelare “prescrive una procedura analiticamente scandita”, “prescrive una prodromica e irrinunciabile interlocuzione tra Ministro della Giustizia e procura generali” e “ha prescritto analiticamente il relativo procedimento, in cui non vi è una previsione attinente alla possibilità di intervento ‘di iniziativa’ della polizia giudiziaria”, una procedura “specificamente scandita in tutti i suoi passaggi” che, sempre ad avviso della Corte, esclude l’arresto di iniziativa della polizia giudiziaria. Da queste premesse – totalmente errate, come dirò – la Corte conclude con il seguente controsenso, ovvero dichiarando il “non luogo a provvedere sull’arresto”, provvedendovi però immediatamente dopo ordinando “l’immediata scarcerazione” della persona sul presupposto che l’arresto è “irrituale6 poiché non previsto dalla legge”, così mutuando il linguaggio atecnico utilizzato dal PG nel suo parere, riportato verbatim nell’ordinanza quasi a volerlo corresponsabilizzare in questo avventuroso provvedimento che, oltretutto, viene emesso senza nemmeno avere proceduto all’obbligatoria identificazione della persona di cui stavano ordinando ordina la scarcerazione (art. 11, IV comma, l. 237/2012). Di fronte ad un arresto eseguito dalla polizia giudiziaria di iniziativa, come dice la Corte – ma che, come dirò tra poco, di iniziativa non è -, il giudice o “convalida” o “non convalida” l’arresto. Il “non luogo a provvedere”, provvedendo, è una evidente contraddizione in termini. Se, poi, l’arresto è stato eseguito nelle forme e nelle ipotesi previste dalla legge (esecuzione di un mandato di arresto) l’arresto è “legittimo” ed è “illegittimo” in caso contrario. Certamente un arresto non è mai “irrituale”, una terminologia atecnica che esprime tu a l’insicurezza di chi la utilizza. Perché, come ho de o, non si è trattato di un arresto di iniziativa come sostiene la Corte? Perché la DIGOS ha dato esecuzione a un mandato di arresto emesso da un organo giudiziario che è e le cui regole sono parte integrante del nostro ordinamento giuridico in virtù, come ho de o all’inizio ma forse è il caso di ripeterlo, della ratifica (legge n. 232/1999) dello Statuto di Roma. Tant’è vero e aggiungo, che la legge non parla di “estradizione” ma di “consegna”, quindi di una procedura più agile e meno burocratica che comunque presuppone che sulla persona da consegnare si eserciti un potere.
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Da quanto detto emerge chiaramente come – stando ai fatti e alla legge, non alle chiacchiere, alle speculazioni e alle tesi complottiste e alle avventurose interpretazioni orientate al vantaggio politico dell’una o dell’altra parte – in questa vicenda hanno agito corre amente la Corte penale internazionale e la DIGOS di Torino, mentre ha sbagliato in maniera catastrofica l’autorità giudiziaria, sbaglio di cui ha approfittato il governo, da un lato rimanendo inerte (Ministro della Giustizia), dall’altro precipitosamente espellendo (Ministro dell’Interno) un soggetto accusato dalla Corte penale internazionale delle peggiori nefandezze. Non v’è dubbio che, come ha de o il Ministro degli Esteri, la CPI “non è il verbo”, ma mi permetto di ricordare al Ministro che la CPI agisce in base allo Statuto di Roma e quindi alle regole su cui la Comunità Internazionale, riunita a Roma nel 1998, si è accordata per processare le persone macchiatesi “dei crimini più gravi che riguardano l’insieme della comunità internazionale”, crimini che “non possono rimanere impuniti e la cui repressione deve essere efficacemente garantita mediante provvedimenti adottati in ambito nazionale ed attraverso il rafforzamento della cooperazione internazionale”7.
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Sulla vicenda della denuncia dell’Avv. Li Gotti e sull’ “atto dovuto” del Procuratore Lo Voi Ho poco da dire sull’Avv LI GOTTI il quale, al pari di ogni altro cittadino e cittadina, ha il diritto di presentare denunce e esposti relativamente a fatti che ritiene possano costituire reato. Nemmeno voglio speculare sul perché – ragioni personali o politiche, egocentrismo o senso di giustizia, autodiretto o eterodiretto – lo ha fatto. Certo è, e questo è importante, che venerdì 24 gennaio ha presentato una denuncia contro la Presidente del Consiglio, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio e i Ministri della Giustizia e dell’Interno per, a quanto si sa, peculato e favoreggiamento. Certo è anche che martedì 28 gennaio 2025 la Presidente del Consiglio ha comunicato via social al mondo di aver ricevuto un “avviso di garanzia” dal Procuratore noto per il “fallimentare processo a Salvini”. Orbene, al netto delle dichiarazioni, in parte sbagliate, in parte esagerate, in parte speculative, tu e però animate dalla propaganda politica più che dalla verità, vi è da chiedersi se la condotta del Procuratore LO VOI fosse corre a e necessitata, se cioè l’immediata iscrizione dei qua ro rappresentanti del Governo a registro degli indagati fosse un a o dovuto o meno. Mi sono domandato cosa avrei fatto io, che il Procuratore della Repubblica l’ho fatto, fossi stato io il Procuratore della Repubblica di Roma. Innanzitutto, nell’impossibilità di semplicemente cestinarla, mi sarei chiesto come tra are la denuncia dell’Avv. LI GOTTI in termini di iscrizione, valutando anche la possibilità di iscriverla, anziché subito a cd. modello 21 (noti), nel cd “modello 45”, un registro di passaggio, una sorta di binario secondario. Temo però che questa sarebbe stata una via poco percorribile, sia giuridicamente, ma sopra u o “politicamente”. Quindi, in un’ottica di abbassamento della temperatura, avrei certamente atteso la scadenza del termine massimo dei 15 giorni previsti dalla legge per la trasmissione degli a i al Tribunale dei Ministri. Nel frattempo avrei cercato un canale informativo, il più dire o e personale possibile, per informare i destinatari, anziché, come credo sia avvenuto, mandare i Carabinieri. Si chiama cortesia istituzionale. Il quindicesimo giorno avrei poi iscri o i denunciati a modello 21 trasme endo gli a i al Tribunale dei Ministri unitamente ad una ben argomentata richiesta di archiviazione. Contestualmente avrei comunicato pubblicamente, in modo chiaro e trasparente, la situazione giuridica e le modalità con cui gli a i erano stati trasmessi al Tribunale dei Ministri.
1 In materia di consegna … si osservano, se non diversamente disposto dalla presente legge e dallo statuto, le norme contenute nel … codice di procedura penale” in materia di estradizione.
2 State Parties shall, in accordance with the provisions of this Statute, cooperate fully with the Court in its
investigation and prosecution of crimes within the jurisdiction of the Court
3 Where a State party fails to comply with a request to cooperate by the Court contrary to the provision of this
Statute, thereby preventing the Court from exercising its functions and powers under this Statute, the Court may
make a finding to that effect and refer the matter to the Assembly of States Parties or, where the Security Council
referred the matter to the Court, to the Security Council.
4 L’enfasi è mia.
5 Come detto, circostanza non è vera.
6 L’enfasi è mia.
7 Dal Preambolo dello Statuto di Roma che evidentemente, Autorità giudiziaria di Roma e Governo, o non
conoscono o di cui se ne fregano.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
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