Il Piano nazionale di ripresa e resilienza, il Pnrr, doveva cambiare il volto dell’Italia post pandemia. A quasi quattro anni dal suo inizio molte delle promesse non sono state mantenute e la spesa dei fondi va più che a rilento. Sul Piano, il governo Meloni ha sempre condiviso poche informazioni e in ritardo, con toni trionfali sul suo avanzamento. Ora, grazie alla fondazione Openpolis sappiamo di più: gli ultimi dati del Pnrr ci dicono che la spesa dei quasi 200 miliardi di euro previsti è ferma a 58,6. Ma la spesa è “drogata” dalla quota destinata al Superbonus e da altri progetti che esistevano già prima del Pnrr. Così, la percentuale reale è ancora più bassa di quello che è. Quello che invece riguarda la sanità, le infrastrutture o l’ambiente è in stallo: centinaia di progetti di importanza strategica sono fermi o non sono mai partiti. E tra due anni il piano scade.
Il Pnrr italiano: che fine hanno fatto 194 miliardi di euro
L’Italia è il paese dell’Unione europea che ha ricevuto più fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza: 194,4 miliardi di euro. Con questi soldi si dovevano superare le difficoltà economiche della pandemia di Covid-19 insieme a storiche criticità della Pubblica amministrazione. L’erogazione delle risorse da parte della Commissione europea avviene ogni sei mesi sulla base dei traguardi e obbiettivi più o meno raggiunti dal governo italiano. Di questi 194,4 miliardi, 122,6 sono prestiti – a basso tasso di interesse -, e 71,8 miliardi sono sovvenzioni a fondo perduto.
Il Pnrr è strutturato su 7 missioni, col vincolo di destinare almeno il 40% delle risorse complessive al Mezzogiorno. In più, il 37% delle risorse deve andare a interventi per la transizione ecologica e il 25% alla transizione digitale. Finora, la Commissione europea ha erogato all’Italia 122,2 miliardi di euro. L’ultima rata ricevuta, la sesta, era di 8,7 miliardi ed è stata versata all’Italia il 23 dicembre 2024. Questo è lo stato dell’arte dei fondi ricevuti. Ma quanti ne abbiamo spesi davvero?
Quanti fondi Pnrr abbiamo speso: la “droga” del Superbonus (e non solo)
Mancano due anni alla fine del Pnrr e i soldi che l’Italia è riuscita a spendere sono meno di un terzo del totale. Secondo le elaborazioni di Openpolis sulla base degli ultimi dati rilasciati sulla piattaforma del governo Italia Domani, al 13 dicembre scorso la spesa effettiva delle risorse ammontava a 58,6 miliardi di euro su 194,4 miliardi. Ma il dato è drogato.
Di questi 58,6 miliardi, più di 27, infatti, sono stati spesi per il Superbonus 110 per cento (13,9 miliardi) e per altri crediti d’imposta (13,4 miliardi), tra cui quelli per l’ammodernamento tecnologico delle aziende (Transizione 4.0). Si tratta di misure che esistevano a prescindere dal piano. Tolte queste, la percentuale crolla a poco più del 16% di avanzamento.
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A due anni dalla fine del Pnrr mancano più di 135 miliardi da spendere. Giorgia Meloni e l’ex ministro Raffaele Fitto, oggi diventato commissario europeo, hanno spesso celebrato l’ottenimento dei soldi ricevuti dalla Commissione Europea in base ai traguardi raggiunti. Ora il nuovo ministro del Pnrr è Tommaso Foti.
L’approvazione del pagamento della sesta rata del PNRR certifica il primato europeo dell’Italia, a conferma del positivo lavoro del Governo, in costruttiva collaborazione con la Commissione europea, le amministrazioni titolari degli interventi e gli enti territoriali.
Questo… pic.twitter.com/DVQ4Ke2D8s
— Giorgia Meloni (@GiorgiaMeloni) 26 novembre 2024
Ma se è vero che l’Italia è tra i Paesi che hanno ottenuto più fondi, la spesa effettiva, come abbiamo visto, dice altro. E le difficoltà sull’attuazione del Piano hanno spinto il governo Meloni a chiedere delle revisioni che hanno causato il taglio di alcuni progetti o lo spostamento della loro data di realizzazione più in avanti nel tempo. Riducendone il numero, il governo ha centrato in tempo gli obbiettivi ma li ha anche concentrati negli ultimi due anni rimasti: vuol dire che tra 2025 e 2026 si dovranno spendere più 135 miliardi di euro mentre nei quattro anni precedenti ne sono stati spesi 58,6 e grazie a misure già esistenti come il Superbonus.
I progetti Pnrr fermi e in ritardo: miliardi bloccati da nord a sud
Tra i progetti eliminati o definanziati troviamo programmi per “infrastrutture sociali di comunità” beni confiscati alla mafia, piani urbani integrati per la riqualificazione delle periferie e anche interventi per asili nido e scuole dell’infanzia.
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I ritardi sono numerosi e sparsi tra le sette missioni. Tra i capitoli in sofferenza spicca quello sulle infrastrutture in capo al Ministero di Matteo Salvini. In particolare, solo gli interventi sulle ferrovie valgono quasi 25 miliardi. Ma sono stati spesi poco più di 9 miliardi e i progetti sono in una fase di stallo: secondo l’ultima analisi della Corte dei conti solo il 4% delle iniziative è arrivata al collaudo.
Dando un occhiata più da vicino ai progetti in ritardo, troviamo i lavori di riqualificazione su 1.280 km di linee e su “collegamenti nazionali chiave”. Valgono oltre 10 miliardi di euro e i pagamenti sono fermi a circa 1 miliardo. Le linee interessate sono la Liguria-Alpi, BolognaVenezia-Trieste/Udine, il collegamento tirrenico centro-settentrionale, Adriatico-Ionio, tirrenico meridionale, oltre alla rete siciliana e quella sarda.
C’è poi la missione “Salute”, che ha una percentuale di spesa effettiva al di sotto del 15 per cento: per la sanità sono stati usati 2,3 miliardi su 15,6 disponibili. Un esempio: dovevano essere realizzate 1.430 Case della Comunità in tutta Italia. A giugno 2024, risultano operative solo 413 Case della Comunità, concentrate principalmente in Lombardia (136) ed Emilia-Romagna (123). In diverse regioni, tra cui Calabria e Campania, non ne risultano attive.
Anche il Piano nuovi asili nido è in difficoltà. Secondo l’Ufficio parlamentare di bilancio, quasi tutti gli interventi avviati nel 2020 o nel 2021 sono in una fase esecutiva e solo circa il 3 per cento dei progetti per realizzare oltre 150.000 nuovi posti è concluso. In ritardo anche gli interventi per mense e palestre. In generale, per le strutture scolastiche sono stati spesi 3,4 miliardi su 12 disponibili.
La Transizione ecologica ha speso l’8 per cento dei fondi mentre Cultura e turismo hanno ricevuto solo 552 milioni di euro, a fronte di uno stanziamento di quasi 5 miliardi. Il capitolo relativo alla Pubblica amministrazione è quello in cui si è speso meno: 37,8 milioni di euro.
Come detto, in totale fanno oltre 135 miliardi di euro da spendere. Al governo Meloni sono rimasti due anni di tempo.
Su OpenPnrr è possibile monitorare lo stato di avanzamento e spesa di ogni singolo progetto in Italia, per capire dove ci si trova in difficoltà e dove a buon punto rispetto alla programmazione iniziale.
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