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Credito alle pmi padovane 839 milioni di costi in più in due anni e prestiti in calo dell’8%


Il Presidente di Confartigianato Imprese Padova Gianluca Dall’Aglio: “Il costo del denaro rimane elevato, servono misure per garantire liquidità”

L’aumento dei tassi degli ultimi due anni ha comportato 839 milioni di euro di maggiori oneri finanziari per le aziende della provincia, mentre il credito erogato alle piccole imprese venete è diminuito di oltre l’8%. Il recente taglio dei tassi di interesse deciso dalla Banca Centrale Europea rappresenta un segnale positivo, ma non sufficiente per risolvere le crescenti difficoltà delle piccole imprese padovane nell’accesso al credito.

A lanciare l’allarme è Confartigianato Imprese Padova, che evidenzia come il costo del denaro rimanga un ostacolo agli investimenti e all’impegno delle imprese nel percorso di transizione digitale e sostenibile.

“Non possiamo pensare che un lieve ribasso dei tassi sia sufficiente a compensare le difficoltà degli ultimi anni – sottolinea il Presidente di Confartigianato Imprese Padova, Gianluca Dall’Aglio –. Il credito rimane costoso e di difficile accesso per le piccole imprese, che faticano a ottenere finanziamenti dalle banche a causa delle rigidità normative, come quelle imposte da Basilea 3+, che penalizzano il nostro sistema produttivo”.

COSTI GRAVOSI PER LE IMPRESE

Per le piccole aziende venete, i costi di finanziamento sono particolarmente gravosi, con un tasso medio dell’8,93%, rispetto al 6,09% delle medio-grandi.

“Questa dinamica mette in luce un evidente squilibrio nell’accesso al credito – precisa Dall’Aglio-, penalizzando le realtà di minori dimensioni che perdono di competitività, in un momento in cui si chiede alle piccole e medie imprese di investire in digitalizzazione e azioni per il risparmio energetico e al contempo di far fronte anche al caro bollette”.

Confartigianato Imprese Padova ribadisce l’urgenza di politiche più favorevoli a supporto delle piccole imprese. ” Servono strumenti finanziari più flessibili e politiche di sostegno adeguate alle esigenze del nostro tessuto produttivo”, conclude Dall’Aglio.

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INCENTIVI E SGRAVI PER SOSTENERE GLI INVESTIMENTI

Un dato positivo emerge però sul fronte degli investimenti in digitale, che hanno coinvolto il 66,2% delle imprese nazionali. Tuttavia, solo il 28,1% ha destinato risorse alla transizione green, con il manifatturiero come unico settore ad aver dimostrato una propensione significativa verso la sostenibilità, grazie soprattutto agli incentivi del Piano Transizione 5.0. “Le imprese non hanno la forza economica per sostenerne gli oneri. In un momento così complicato di crisi nell’export, aumento dei prezzi delle materie prime e dei costi energetici,

diminuzione di commesse – denuncia Dall’Aglio – non si possono chiedere ulteriori sacrifici al mondo imprenditoriale senza un supporto fatto di incentivi e sgravi. Soprattutto se a governare gli investimenti sono le banche”.

CONTRAZIONE DEL CREDITO BANCARIO: -42% DAL 2012 AL 2024 PER LE IMPRESE CON MENO DI 20 DIPENDENTI

“A fronte degli eventi straordinari di natura geo politica ed economica degli ultimi anni, le imprese hanno manifestato nuovi e urgenti bisogni con una crescente esigenza di credito straordinario che purtroppo non viene sufficientemente soddisfatto dal sistema bancario. Secondo la Banca d’Italia, infatti, nell’ultimo decennio, c’è stata una progressiva e persistente contrazione del credito bancario. E a pagare sono soprattutto le realtà produttive più piccole: le aziende con numero di dipendenti inferiori a 20 hanno subito, infatti, una riduzione del 42% dal 2012 al 2024, riduzione che tende a cronicizzarsi – spiega Dall’Aglio”.

LA VERTIGINOSA CRESCITA DEGLI UTILI BANCARI

Negli ultimi anni, le banche hanno registrato un incremento significativo dei profitti, passando da 15 miliardi di euro nel 2018 a oltre 50 miliardi nel 2024. Questo aumento è stato accompagnato da un cambiamento nelle strategie di investimento: gli istituti bancari tendono sempre più a concentrarsi su settori ad alta redditività e con minori rischi di credito, abbandonando quelli con margini più bassi e che richiedono maggiori investimenti in infrastrutture e risorse.

Parallelamente, la Banca d’Italia ha rilevato che il rischio di credito ha raggiunto nel 2024 il livello più basso dal 2007, grazie anche all’uso crescente delle garanzie pubbliche da parte delle banche a partire dal 2020. Inoltre, la solidità patrimoniale del sistema bancario è migliorata, con un coefficiente di capitale superiore al 15%, rispetto al 7% del 2007.

“Questa situazione viene valutata positivamente dall’Autorità Bancaria Europea, perché rende le banche più sicure e riduce il rischio di crisi finanziarie, ma rappresenta una criticità per lo sviluppo economico locale – precisa Dall’Aglio. Le imprese, soprattutto quelle con esigenze di finanziamento più complesse, potrebbero trovare maggiori difficoltà nell’accesso al credito, dal momento che non rientrano nei settori considerati più redditizi e sicuri dalle banche”.



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