Il ritrovamento di quattro esemplari avvelenati riapre il dibattito sulle strategie della Provincia autonoma, ma anche sul declassamento del lupo.
- Quattro lupi sono morti per avvelenamento nei pressi di Levico Terme, in Valsugana.
- Le associazioni ambientaliste e animaliste accusano la Provincia di Trento di non mettere in campo politiche adeguata di salvaguardia ambientale.
- A livello europeo si riapre il dibattito sul declassamento del lupo da specie “rigorosamente protetta” a semplicemente “protetta”.
Prima quattro lupi, morti per avvelenamento nei pressi di Levico Terme. Adesso anche una volpe, nei boschi di Gambor, vicino ad Arco. Senza contare ovviamente le uccisioni indiscriminate di orsi di cui si è molto parlato negli scorsi mesi. Tanti, troppi indizi che portano ad affermare con ragionevole certezza che le strategie di gestione della fauna selvatica e della sicurezza ambientale, in Trentino, sconti più di qualche falla. Ad esserne convinti sono anche associazioni ambientaliste come Io non ho paura del lupo, Wwf del Trentino, Enpa del Trentino, Lipu sezione Trento che, in relazione all’uccisione dei quattro lupi, i cui corpi sono stati ritrovati senza vita lo scorso 1 febbraio, hanno parlato senza mezzi termini di “atto illegale che non solo mette a rischio la biodiversità, ma compromette anche la qualità e la sicurezza degli ecosistemi locali”.
L’avvelenamento infatti, oltre a causare la morte degli animali direttamente colpiti, rappresenta una minaccia per l’intera catena alimentare e per la salute pubblica, dal momento che la dispersione di sostanze velenose nell’ambiente può infatti avere ripercussioni su altre specie animali, domestiche e selvatiche, nonché sugli esseri umani. Nei giorni precedenti alla loro uccisione, i lupi erano stati visti aggirarsi nei pressi della pista ciclabile lungo il fiume Brenta, ma non erano stati segnalati problemi per gli esseri umani.
Non solo i quattro lupi: le carenze nella gestione ambientale
Le associazioni avevano prontamente sollecitato una chiara presa di posizione da parte dei sindaci dei comuni coinvolti e della Provincia autonoma di Trento. L’assessore Roberto Failoni in effetti, intervistato da Il Dolomiti aveva condannato l’episodio sottolineando che “il bracconaggio è illegale e non appartiene alle comunità che vogliono ritenersi civili. Oltretutto quello con il veleno è estremamente pericoloso poiché può colpire indiscriminatamente numerose specie selvatiche e domestiche”.
Una presa di posizione che però non può bastare alle associazioni che parlano invece di carenze strutturali nella gestione delle bonifiche ambientali: ad oggi, sottolineano, la Provincia di Trento al contrario di altre regioni alpine non dispone di nuclei cinofili anti-veleno, “moderni strumenti indispensabili per localizzare e rimuovere con precisione eventuali esche o residui tossici. La mancata istituzione di queste unità operative rappresenta una gravissima lacuna che va colmata con la massima urgenza”.
È inoltre fondamentale, secondo le associazioni, investire in campagne di sensibilizzazione e formazione rivolte alla popolazione locale per promuovere una maggiore consapevolezza sull’importanza della convivenza con la fauna selvatica combinate con un potenziamento delle attività di monitoraggio e controllo, possono contribuire a mitigare i conflitti uomo-animale e prevenire atti di bracconaggio o avvelenamento.
La battaglia contro il declassamento del lupo
Appena lo scorso dicembre, il Comitato permanente della Convenzione di Berna ha votato a favore del declassamento dello status di protezione del lupo, portando la specie da “rigorosamente protetta” a semplicemente “protetta”: una decisione che sicuramente non ha legami diretti con quanto avvenuto ai lupi trentini, ma che sicuramente ha inciso in qualche modo sulla percezione dell’importanza della protezione della specie.
Proprio per questo 77 organizzazioni internazionali, tra cui la trentina Io non ho paura del lupo, hanno firmato una lettera aperta per chiedere l’annullamento del declassamento entro un mese, il 2 marzo prossimo. Secondo gli esperti animalisti, infatti, la decisione manca di basi scientifiche solide ed è stata adottata senza un’adeguata revisione scientifica indipendente e al contrario: numerosi studi scientifici e la comunità accademica europea si sono espressi contro questo declassamento, sottolineando i rischi per gli ecosistemi e per la biodiversità. Il lupo, spiegano, “è una specie apicale fondamentale per gli ecosistemi europei. La sua protezione è un simbolo del nostro impegno per la conservazione della natura e per la scienza come base delle decisioni ambientali”.
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