È proseguito anche in gennaio il calo dei prezzi dei suini da macello pesanti, mentre i costi di produzione, in particolare per l’alimentazione degli animali, continuano a crescere.
Inevitabili le conseguenze negative sui conti di questi allevamenti, costretti a registrare un’ulteriore caduta della loro redditività.
Una situazione che si fa di mese in mese più difficile e che ha coinvolto sia le imprese a ciclo chiuso, sia quelle a ciclo aperto.
È quanto emerge dalle analisi del Crefis, il Centro per le Ricerche Economiche sulle Filiere Sostenibili dell’Università Cattolica di Piacenza, diretto da Gabriele Canali.
Ma andiamo con ordine, con l’esame delle diverse fasi della filiera suinicola.
Gli allevamenti
Come anticipato, in gennaio la redditività degli allevatori italiani di suini operanti nel ciclo chiuso ha subìto una contrazione su base congiunturale, che ha comportato un calo del 6,7% dell’indice Crefis.
Negativa anche la variazione tendenziale, riferita allo scorso anno, che risulta negativa del 3,3%.
La principale causa di questa flessione è stata la diminuzione del prezzo dei suini da macello pesanti destinati al prodotto tutelato, che hanno perso il 6,3% su base mensile, fermandosi a 1,977 euro/chilogrammo (-6% su base annua), associata a un lieve aumento dei costi per l’alimentazione suina.
Anche la redditività della fase di ingrasso del ciclo aperto ha risentito del ribasso delle quotazioni dei suini da macello pesanti, segnando una riduzione del 3,3% rispetto al mese precedente (-0,9% su base annua), nonostante un costo inferiore per l’acquisto dei suinetti a inizio ciclo produttivo.
In controtendenza, la redditività della fase di scrofaia ha registrato un miglioramento a gennaio, con un incremento del 7,4% rispetto al mese precedente, pur rimanendo inferiore del 3,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso.
Questo risultato è stato favorito dall’aumento dei prezzi dei suinetti da 7 chilogrammi, saliti, a gennaio, del 7,8% su base mensile fino a raggiungere i 75,570 euro/chilogrammo, sebbene la variazione tendenziale resti negativa (-4,6%).
Anche la fase di svezzamento ha mostrato una crescita della redditività nel mese di gennaio, con un aumento del 3,3% su base congiunturale, anche se il confronto con l’anno precedente indica una riduzione del 6,7%.
Questo risultato è stato supportato dall’incremento del prezzo dei suini da 40 chilogrammi (+3,9% la variazione su base mensile), che ha raggiunto 2,949 euro/chilogrammo.
Tuttavia, la variazione tendenziale per questa categoria di animali resta negativa (-14,2%).
La macellazione
Per quanto riguarda il settore della macellazione, gennaio ha visto un miglioramento della redditività, con una crescita del 2,1% su base congiunturale e del 6,7% su base annua, grazie alla riduzione del costo di acquisto dei suini da macello e nonostante il fatto che i prezzi delle carni fresche abbiano mostrato andamenti in flessione.
Le cosce fresche pesanti destinate a produzioni tipiche hanno fatto registrare un calo mensile del 2,9%, attestandosi a 6,132 euro/chilogrammo (+1,5% la variazione annua), mentre le cosce fresche pesanti per prodotti non tipici hanno subìto una riduzione dell’1,9%, fermandosi a un valore di 4,992 euro/chilogrammo (+0,6% la variazione tendenziale).
Anche I prezzi dei lombi sono diminuiti, con il taglio Padova che ha raggiunto i 4,040 euro/chilogrammo (-9,2% rispetto al mese precedente) e il taglio Bologna attestatosi a 3,940 euro/chilogrammo (-11,5% sempre su base mensile).
Le variazioni tendenziali sono state positive per il taglio Padova (+1,6%) e negative per quello Bologna (-1,5%).
La stagionatura
Nel comparto della stagionatura, la redditività congiunturale dei prosciutti Dop stagionati 12 mesi è aumentata dell’1,1%, mentre le produzioni non Dop hanno subìto una lieve flessione dello 0,8%.
Questa dinamica ha ridotto il divario di redditività tra le due categorie, che però continua a essere a favore del prosciutto non tutelato, con un gap pari al +9,7% rispetto al tutelato.
Infine, sul mercato, le quotazioni del Prosciutto di Parma stagionato 12 mesi si sono mantenute stabili a 10,650 euro/chilogrammo ma con una variazione tendenziale negativa del 2,1%.
Al contrario, il prosciutto pesante non tipico, in gennaio, ha subìto una leggera battuta d’arresto con un calo mensile dello 0,8%, pur mantenendo livelli superiori rispetto allo stesso periodo del 2024 e facendo registrare una variazione tendenziale del +14,6%.
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