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per il sovraindebitamento

il governo vuole rendere più opaco l’export di armi


In questi giorni le commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera dei Deputati sono al lavoro per dare il via libera a un disegno di legge di iniziativa governativa che mira a stravolgere l’attuale assetto che disciplina l’autorizzazione alla vendita all’estero delle armi prodotte in Italia e la trasparenza su quali banche fanno affari con queste operazioni

In questi giorni le commissioni riunite Esteri e Difesa della Camera dei Deputati sono a lavoro per dare il via libera a un disegno di legge di iniziativa governativa che mira a stravolgere l’attuale assetto che disciplina l’autorizzazione alla vendita all’estero delle armi prodotte in Italia e la trasparenza su quali banche fanno affari con queste operazioni.

Tutto è (ri)cominciato il 6 febbraio, quando le commissioni di Montecitorio hanno ripreso la discussione sul ddl che mira a modificare la legge 185/1990 sull’export di armi italiane.

L’obiettivo è quello di cancellare la trasparenza sulla vendita di armamenti e sul ruolo delle banche che finanziano e traggono profitto da queste operazioni. Il provvedimento – che ha già avuto il via libera del Senato, nonostante la mobilitazione delle opposizioni che hanno presentato emendamenti che raccoglievano le preoccupazioni della società civile – esautora il parlamento e gli organismi tecnici per accentrare in capo al governo le scelte sui paesi verso cui è possibile esportare armi.

Contro l’Europa

Il ddl è in contraddizione con l’impianto normativo che l’Europa sta costruendo per garantire maggiore trasparenza nel settore finanziario, e favorirebbe il mantenimento di zone grigie al servizio di un comparto noto per pratiche diffuse di corruzione come dimostrano vari rapporti internazionali al riguardo.

Nel 2024 la Commissione europea ha presentato uno studio in cui si evidenzia che la corruzione nel settore della Difesa e della sicurezza – tra i settori a maggior rischio – è favorita da alti livelli di segretezza e da ingenti budget.

Assistenza e consulenza

per il sovraindebitamento

La modifica legislativa stimolata dal governo è inoltre in contrasto con il trattato Onu del 2013 sul commercio di armi, sottoscritto dall’Italia, e non considera quanto le banche determinino il tipo di economia e di società in cui viviamo.

Già durante l’iter in Senato, Banca Etica, insieme a una vasta rete di organizzazioni della società civile, ha lanciato una petizione in difesa della legge 185 e ha chiesto al governo di spiegare le ragioni di questa scelta, che si traduce in un’inaccettabile operazione di opacità.

Perché l’attuale testo della legge 185/1990 non vieta l’export di armi italiane, ma impone che queste operazioni non coinvolgano paesi in conflitto o responsabili di gravi violazioni dei diritti umani e che avvengano nel rispetto della trasparenza. Un principio essenziale, considerando gli enormi impatti umanitari, strategici e geopolitici dell’industria bellica.

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I cittadini e il parlamento hanno il diritto di sapere a chi vengono vendute le armi italiane e quali banche utilizzano il denaro dei risparmiatori per finanziare questo business.

Negli ultimi anni, in Italia e in Europa, consumatori e risparmiatori hanno mostrato un interesse crescente per scelte etiche e sostenibili. Vogliono conoscere ‘’impatto sociale e ambientale delle loro decisioni economiche. Senza trasparenza, questa consapevolezza viene negata arbitrariamente. Le stesse normative bancarie e societarie richiedono piena disclosure alle aziende.

E allora, perché un passo indietro sulla trasparenza? Perché si vuole abbassare il livello informativo proprio sulle collaborazioni tra settore bellico e finanza? Da chi è invocata questa modifica?

Ci auguriamo che almeno in Aula – dove il provvedimento dovrebbe approdare la prossima settimana – la discussione dia spazio a un confronto approfondito. È fondamentale che il maggior numero di forze politiche si attivi per presentare emendamenti per migliorare questa norma ed evitare di legittimare pratiche che non esito a definire da “legge-bavaglio”.

Nei prossimi giorni l’ampissimo network di organizzazioni della società civile, tra cui le tante organizzazioni che compongono il tavolo dei soci di riferimento di Banca Etica, che si è mobilitato in difesa della legge 185/1990, continuerà a far sentire la propria voce con diverse iniziative.

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La finanza etica rifiuta ogni finanziamento e investimento nel settore delle armi. Ma non ci aspettiamo che tutte le banche adottino questa politica, né chiediamo che sia imposta per legge. Quello che chiediamo è di non cancellare il principio di trasparenza e il diritto del parlamento a un’informazione corretta. La legge 185/1990, pur indebolita nel tempo, garantisce questo presidio fondamentale: smantellarlo sarebbe un grave errore.

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