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Istituti tecnici, Veneto primo in Italia: bene anche i licei ma solo su 5 giorni


di
Alice D’Este

Le pre iscrizioni scolastiche confermano il calo demografico ma i plessi (per ora) resistono

Nel tempo delle graduatorie e delle corse ai primi posti, quello che sancisce il rapporto del Veneto con gli istituti tecnici è senza dubbio «un oro». Prima regione per percentuale di studenti iscritti ai tecnici (che restano comunque il 39,81% del totale) e seconda solo all’Emilia Romagna per i professionali (che arrivano al 15%) il Veneto incassa così un doppio podio. «Siamo la regione che più cresce nell’istruzione tecnica – commenta il direttore dell’ufficio scolastico regionale Marco Bussetti – siamo i primi in percentuale tra tutte le regioni d’Italia. Si confermano anche i buoni risultati dei professionali che rappresentano un ottimo terreno di sviluppo per la nuova filiera 4+2».

E buone notizie, almeno sul fronte delle dinamiche di ingresso nel mondo del lavoro, sembrano arrivare per le aziende venete che da qui ai prossimi anni «avranno i tecnici di cui hanno bisogno», dice Bussetti: «Ne gioverà anche la formazione dei nostri giovani che non trascureranno tecnica e tecnologia». Su questo punto però s’incrina il consenso. Che non vede tutti gli attori del mondo della scuola concordi su un fronte comune.
Licei al 45%. 




















































Certo, i tecnici sono una strada possibile e non vanno dimenticati come è accaduto per anni ma i licei (tutti insieme) a conti fatti rimangono le scuole più scelte dagli studenti della nostra regione con il 45% delle adesioni anche se il Veneto in questo senso è fanalino di coda di tutta Italia. «Non ci si stupisce più. Si è trattato di un percorso costruito negli anni anche dal punto di vista politico e delle famiglie – dice Roberto Fattore, preside del liceo classico Maffei di Verona – i tempi di formazione più lunga come quelli inevitabilmente legati al liceo oggi vengono percepiti come problematici, in particolare in presenza delle lingue classiche».

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Cinque o sei giorni

Il tempo dunque, anche quello impiegato per lo studio e per la formazione, assume un ruolo chiave nella scelta della scuola superiore sull’onda lunga della rivoluzione che sta investendo tutta la società (in cui smart working e bilanciamento del tempo lavorativo con quello di vita sono sempre più richiesti). 

Il risultato – se vogliamo estremo – nelle iscrizioni appena concluse è che una delle ragioni della scelta tra diversi tipi di licei sembrerebbe essere proprio la suddivisione oraria, ovvero la presenza o meno della settimana corta (il sabato a casa). E alcuni licei premiati ad esempio dalla classifica di Eudoscopio sono finiti in coda alle iscrizioni perché ritenuti troppo difficili (e strutturati su 6 giorni). 

«Dal prossimo anno anche da noi le prime classi saranno su 5 giorni – dice Fattore – penso che sempre di più il “tempo scuola” debba fare i conti con “altri tempi”». «Sarebbe triste se la scelta delle famiglie dipendesse dal sabato più o meno libero di una scuola – dice però Enrico Ghion, dirigente scolastico del liceo Einstein di Piove di Sacco – nel nostro caso abbiamo rilevato una minore richiesta per gli indirizzi scientifici e linguistici mentre tengono bene le scienze applicate e le scienze umane».

La stessa tendenza vale per tutta la regione: nei licei la parte del leone viene fatta dallo scientifico con l’opzione scienze applicate e quindi senza latino (al 10,25%), seguito dallo scientifico standard (7,58%) e dal linguistico (6,27%), dalle scienze umane con i due indirizzi, standard (5,59%) ed economico sociale con il 4,90%. Tutti gli altri licei sono scesi sotto il 4% , classico compreso con il 3,08% e con il Made in Italy che raggiunge appena lo 0,03%.

Calo demografico

Gli studenti in generale, come accade ormai da tempo, sono in calo, ma in modo meno brusco. Se ne perdevano circa 10mila ad ogni nuovo anno scolastico ma stavolta la frenata è dimezzata. Gli studenti in meno sono 5.883, metà dei quali vengono persi alle elementari; qui continua ad essere in crescita la richiesta di tempo pieno a 40 ore che passa dal 51% dello scorso anno al 54,6%. «Ci sono da tempo molti studenti in meno alle elementari ma non ci sono stati grossi tagli ai plessi, – spiega Sandra Biolo, Cisl – gli enti locali vogliono tenere aperte le scuole a tutti i costi. Nelle periferie la classe da 12-14 non manca e poi in centro paese si rimane fissi a 25. Quando è stato fatto il piano di dimensionamento sono state ridotte 32 dirigenze e altre 5 ne verranno ridotte quest’anno ma i plessi sono rimasti gli stessi. Così i dirigenti devono girare come trottole da una scuola all’altra e le classi di primaria nelle scuole del centro città rimangono super affollate».

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13 febbraio 2025



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