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Quanto incidono, in realtà, i dazi USA sull’export italiano| Commercialista Telematico


I nuovi dazi USA minacciano l’export italiano, colpendo settori strategici come farmaceutico, auto e lusso. Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto tra le regioni più esposte, mentre solo 44mila imprese operano sul mercato americano.
Quanto impatteranno queste misure sul Made in Italy? Scopri scenari e strategie per il futuro.

Dazi USA e impatto sull’export italiano: rischi e prospettive per le imprese

dazi usa export italianoQuale impatto avranno i dazi dell’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump sulle esportazioni italiane? L’implementazione delle barriere doganali potrebbe avere delle ripercussioni negative, ma ad ogni modo meno gravi rispetto a quanto preventivato.

Andando, infatti, a vedere il precedente storico più recente, l’introduzione dei dazi nel 2019 (anche in quell’occasione voluti da Trump) ha determinato un calo delle vendite italiane negli USA di 3,1 miliardi di euro, ma, con ogni probabilità, i risultati sono stati influenzati principalmente dal crollo del commercio mondiale causato dall’insorgere della pandemia. I dazi innalzati avrebbero impattato solo in parte.

A fare questo ragionamento è l’Ufficio Studi della Cgia di Mestre, che ha redatto un bilancio dell’export italiano, già duramente colpito dalla crisi economica che ha investito la Germania, la quale ha comportato un danno economico alle nostre imprese pari a 5,8 miliardi di euro.

Ma vediamo un po’ come si muove l’export italiano verso gli USA e come potrebbero impattare i dazi statunitensi sulle nostre attività.

 

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Le esportazioni in USA sono in crescita dal 2010

A partire dal 2010 le esportazioni italiane verso gli USA sono in costante crescita. A questa regola generica c’è un’eccezione costituita dal 2020, quando è stata alzata l’aliquota daziale media al 10 per cento sui prodotti importati e si sono fatti sentire gli effetti del Covid 19.

Fino ad una quindicina di anni fa l’Italia esportava verso gli USA prodotti per 20,3 miliardi di euro, pari al 6 per cento dell’export nazionale; nel 2023 abbiamo raggiunto quota 67,2 miliardi di euro, pari al 10,7 per cento del totale. Gli Usa sono diventati il secondo Paese di destinazione dei nostri prodotti, collocandosi subito dopo la Germania.

Pur continuando a mantenere la seconda posizione, nel corso dei primi 10 mesi del 2024 – sono le ultime statistiche disponibili – le nostre esportazioni verso gli USA sono diminuite di quasi 1,5 miliardi di euro (-2,7 per cento) rispetto allo stesso periodo del 2023. Percentualmente parlando la contrazione è più contenuta rispetto al -4,9 per cento della Germania, ma comunque vada superiore rispetto al -2,1 per cento della Francia.

Stando a quanto messo in evidenza dall’Ocse, nel caso in cui gli USA dovessero introdurre dei dazi al 10 per cento sui prodotti e sui servizi provenienti dall’Unione europea, l’impatto in Italia provocherebbe una riduzione delle esportazioni che in termini economici sarebbe pari a 3,5 miliardi di euro, che diventerebbero 10/12 miliardi nel caso in cui l’aliquota fosse al 20 per cento.

Ad essere più penalizzati, indubbiamente, sarebbero i settori nei quali ad oggi si registra il tasso di penetrazione negli Usa più significativo. Solo per fare un esempio basti pensare che, nel corso del 2023, le vendite di medicinali e prodotti farmaceutici hanno generato valore per 7,7 miliardi di euro, gli autoveicoli per 4,9 miliardi e le navi/imbarcazioni per 4,2 miliardi.

 

Le Regioni più colpite dai dazi statunitensi

Le Regioni più penalizzate dai dazi statunitensi sono, ovviamente, quelle più vocate all’export e per la precisione:

  • Lombardia: 14,2 miliardi di euro;
  • Emilia Romagna: 10,4 miliardi di euro;
  • Toscana: 9,1 miliardi di euro;
  • Veneto: 7,5 miliardi di euro;
  • Piemonte: 5,5 miliardi di euro.

Le cinque realtà regionali che abbiamo elencato, nel loro complesso, rappresentano il 70 per cento dell’export nazionale verso gli Stati Uniti d’America. Tra le regioni fuori da questa cinquina è significativo il dato della Campania, il cui il valore delle esportazioni – pari a 2,681 miliardi di euro, suddivisi tra auto, prodotti alimentari e aeromobili – è di poco superiore rispetto a quello del Lazio, pari a 2,629 miliardi di euro.

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Le esportazioni verso gli Stati Uniti rappresentano un asset strategico per le piccole e le medie imprese italiane. Il Centro Studi Unimpresa spiega che:

“l’apprezzamento per il Made in Italy è evidente soprattutto nei settori del lusso, del vino e del food, ma anche nell’industria meccanica e tecnologica, dove l’innovazione italiana è sempre più competitiva. Le imprese tricolori beneficiano di un tessuto economico americano aperto e ricettivo, grazie alla stabilità della domanda e a una capacità di spesa elevata da parte di consumatori e aziende”.

 

Solo 44 mila imprese esportano negli USA

Gli USA rappresentano il secondo mercato di sbocco per le esportazioni italiane, con un valore annuale che supera i 67 miliardi di euro, che corrispondono al 10,7 per cento dell’intero export nazionale. Ma:

“il numero degli operatori commerciali italiani attivi negli Stati Uniti è relativamente contenuto, ammontando a poco meno di 44mila unità – spiega l’ufficio Studi della Cgia di Mestre -. A questo dato, però, si devono aggiungere anche le imprese dell’indotto che, purtroppo, non sono contabilizzate nelle statistiche Istat”.

Secondo Giuseppe Spadafora, vicepresidente di Unimpresa:

l’inasprimento dei dazi da parte degli Stati Uniti corre il rischio di aprire una nuova stagione di instabilità economica e commerciale, con conseguenze pesanti per le imprese italiane ed europee. Un’escalation tariffaria potrebbe generare una spirale di ritorsioni che finirebbe per penalizzare tutti gli attori coinvolti, aggravando il rallentamento della crescita globale e comprimendo la competitività delle nostre aziende sui mercati internazionali. A pagare il prezzo più alto sarebbero i settori manifatturiero, agroalimentare e dell’export di eccellenza, colpiti da barriere che minacciano il libero scambio e l’accesso ai mercati di riferimento”.

 

Pierpaolo Molinengo

Sabato 15 febbraio 2025



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