La Fast Information, spinta dagli algoritmi delle piattaforme e dalla ricerca di like, alimenta superficialità , disinformazione e polarizzazione. Per contrastarla, serve prendersi il tempo per capire, recuperare spirito critico e responsabilità .
Viviamo immersi in un flusso costante di informazioni. Ogni giorno, ogni ora, veniamo bombardati da titoli, notifiche, post e aggiornamenti che si susseguono senza sosta.
Eppure, è ormai chiaro che ci stiamo abituando a quella che potremmo definire Fast Information. Un’informazione veloce, superficiale, confezionata più per raccogliere like e approvazione immediata che per aiutarci davvero a comprendere il mondo che ci circonda.
Basta aprire i social per accorgersene. Fatelo adesso, in questo preciso istante.
Cosa si intende per Fast Information
Titoli ad effetto, frasi secche, giudizi netti, spesso accompagnati da toni perentori o indignati. Si innesca così una reazione a catena: chi legge viene spinto a rispondere di pancia, senza avere il tempo di approfondire, e chi scrive rincorre sempre più la sintesi e il clamore per alimentare il ciclo delle interazioni. Questo meccanismo diventa rapidamente il carburante di quella che possiamo chiamare superficialità informativa.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti e si sviluppano su più livelli.
Quali rischi corriamoÂ
Disinformazione
Il primo rischio è la disinformazione. Notizie sbagliate, parziali o manipolate trovano spazio con facilità e diventano virali prima ancora che sia possibile verificarle. La velocità , che in teoria dovrebbe essere un valore aggiunto, diventa così un ostacolo alla verità .
Polarizzazione
Il secondo rischio è la polarizzazione. Tutto si riduce a una battaglia tra opposti: bianco o nero, amico o nemico. Non c’è più spazio per il dubbio, per il confronto civile, per la complessità . Le sfumature spariscono e con esse anche la capacità di dialogare con chi la pensa diversamente.
Perdita del pensiero critico
Infine, la perdita della capacità critica. La fretta e il bisogno di approvazione soffocano l’abitudine a fermarsi, ragionare, verificare. Il dubbio, che dovrebbe essere il motore di ogni conoscenza, viene sostituito da certezze assolute costruite spesso sul nulla. E così, ci si ritrova a credere a tutto, o peggio, a non credere più a nulla.
Dentro questo quadro, c’è un ulteriore elemento che merita attenzione. Ed è il ruolo di chi si erge a paladino dell’informazione alternativa. Una funzione che, se esercitata con responsabilità , costituirebbe davvero un valore prezioso.
Ma troppo spesso questa etichetta diventa uno scudo per legittimare pressapochismo e arroganza. Pur di sembrare controcorrente, si alimentano tifoserie, si screditano realtà e marchi senza basi solide, si preferisce colpire piuttosto che spiegare.
L’approfondimento viene sostituito con slogan
L’approfondimento lascia il posto agli slogan, la verifica cede il passo alla provocazione.
Ma questa rincorsa alla superficialità non è frutto del caso. È spesso una conseguenza diretta di ciò che i social media ci mostrano. Le piattaforme non sono neutre.
Gli algoritmi che decidono quali contenuti farci vedere sono sempre più spesso modellati dagli interessi e dalle visioni di chi possiede quelle piattaforme.
L’algoritmo del proprietario
È quello che che ho già definito come l’algoritmo del proprietario. Vale a dire, un sistema che non premia più necessariamente ciò che è rilevante per noi, ma ciò che è utile a chi detiene il controllo della piattaforma.
E così, ad essere favoriti, sono i contenuti che generano più reazioni immediate, spesso polarizzanti, perché alimentano discussioni, scontri, e mantengono gli utenti incollati allo schermo.
La logica SNARF dei social media
Dentro questa logica, prende forma un altro fenomeno: la cosiddetta SNARFizzazione. Scrolliamo velocemente, siamo attratti solo da ciò che colpisce al primo sguardo, reagiamo senza approfondire.
SNARF è l’acronimo di
- Stakes (posta in gioco)
- Novelty (novità )
- Anger (rabbia)
- Retention (intrattenimento)
- Fear (paura).
Si tratta di un comportamento istintivo, automatico, che ci porta a consumare contenuti in modo superficiale, senza esercitare quello spirito critico che invece sarebbe indispensabile.
L’informazione non è più qualcosa che cerchiamo per capire, ma qualcosa che subiamo.
Informazione sempre più superficiale
Il risultato è che l’informazione diventa sempre più rapida e superficiale, e noi ci trasformiamo in consumatori compulsivi di titoli, anteprime, notifiche. Ci illudiamo di essere sempre informati, mentre in realtà ci allontaniamo sempre più dalla comprensione profonda di ciò che accade intorno a noi.
Eppure, la soluzione non richiede formule straordinarie. L’unica strada percorribile, oggi più che mai, è tornare a prendersi il tempo per capire. Non fermarsi ai titoli, non farsi travolgere dalle emozioni del momento, non dare subito ragione a chi urla più forte.
Pretendere informazioni complete, ragionare sulle fonti, essere curiosi, ma anche prudenti. Perché informare e informarsi significa essere responsabili. Verso chi ci legge e ci ascolta, ma soprattutto verso noi stessi.
Ed è proprio in questa responsabilità che si gioca la qualità del nostro vivere digitale.
[L’immagine di copertina e quella che accompagna le condivisioni sui social media è stata realizzata da Franz Russo utilizzando il modello di IA Generativa Imagen 3 di Gemini]
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