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Fanghi tossici sui campi, condannato a un anno e 4 mesi per traffico illecito di rifiuti Giuseppe Giustacchini della Wte


di
Pietro Gorlani e Mara Rodella

Prescritta l’accusa di aver creato una «discarica abusiva» e quella di esalazioni moleste. Assolto invece dal traffico di influenze illecite così come l’ex direttore di Aipo, Luigi Mille: la normativa è cambiata

Giubbotto sull’avambraccio e testa bassa, lo sguardo pensieroso (e a tratti perplesso), è tra i primi ad uscire dall’aula, ma preferisce non rilasciare alcuna dichiarazione e lasciare la parola ai suoi legali (mentre tanti colleghi rimangono all’interno nel tentativo di«ricostruire» un dispositivo complesso e articolato, appena letto dal giudice). Sono passate le tre del pomeriggio e Giuseppe Giustacchini, amministratore della Wte, è appena stato condannato dal gup Angela Corvi — all’esito del processo celebrato in abbreviato — a un anno e quattro mesi, pena sospesa, per traffico illecito di rifiuti. Il pm Teodoro Catananti di anni ne aveva chiesti quattro.
In tutto in udienza sono finiti 24 imputati (tra persone fisiche e una decina di società) accusati a vario titolo di aver sparso, tra gennaio 2018 e agosto 2019, 150 mila tonnellate di fanghi ritenuti tossici su 3 mila ettari di campi in 78 paesi del nord Italia tra Lombardia, Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna. Il 24 maggio 2021 sotto sequestro erano finiti proprio gli stabilimenti della Wte — a Calvisano, Quinzano d’Oglio e Calcinato — al centro di una maxi inchiesta ambientale che superò i confini provinciali e regionali.

La disputa sulla qualifica di rifiuto 

Si è giocato tutto in punta di diritto. E cioè sulla legislazione di riferimento per la qualificazione giuridica del reato, quindi sulla classificazione dei gessi: rifiuti o meno. Certamente per il pm, visto il presunto livello di contaminazione, che secondo la difesa di Giustacchini, avrebbe però applicato erroneamente il Testo unico ambientale per la loro classificazione e non la normativa speciale di riferimento, secondo la quale, al contrario, i gessi in quanto fertilizzanti — per la Procura sarebbero stati invece spacciati per tali — furono sottoposti ai trattamenti previsti. E non ci sarebbe prova dello sforamento dei livelli di legge. Per il giudice, invece, si trattava proprio di rifiuti. Prescritte le accuse di esalazioni maleodoranti — per la difesa non sarebbero state riconducibili comunque con certezza alla Wte — e di discarica abusiva sui terreni in affitto a Lonato, secondo l’accusa, solo per spargere gli esuberi dei fanghi.
Ancora, come chiesto dalla stessa accusa, Giustacchini è stato assolto per il traffico di influenze illecite (che nel frattempo ha subito modifiche normative) contestato anche a Luigi Mille, direttore dell’Agenzia Interregionale per il Fiume Po, prosciolto in udienza preliminare per lo stesso motivo. Ma non è finita. Chiamata a giudizio come responsabile civile, la stessa Wte è stata condannata al pagamento di una sanzione amministrativa da 77.400 euro: confermati anche i sequestri dei conti correnti ai fini di confisca. Infine, il giudice ha revocato l’autorizzazione all’esercizio dell’attività di impresa, in via definitiva (che tale, come le altre determinazioni, sarà solo e in caso di conferma della sentenza in terzo grado, non immediatamente esecutive dunque).




















































Condannata a ripristinare lo stato dei luoghi

Ma la Wte è stata inoltre condannata a ripristinare, nel limite del possibile, lo stato dei luoghi contaminati: per chi indaga, i fanghi da depurazione (di acque reflue urbane e industriali) contaminati da «veleni» sarebbero stati venduti come fertilizzanti e distribuiti dalla Wte, poi utilizzati dagli agricoltori ignari per concimare le coltivazioni.
«Attendiamo le motivazioni della sentenza — dice l’avvocato Antonio Giannotta, difensore di Giustacchini insieme al collega Luca Patti (del Foro di Milano) — Di certo non ci aspettavamo questo verdetto, sulla base del compendio probatorio che abbiamo prodotto, talmente esaustivo da renderci fiduciosi. Ce la giocheremo sicuramente in appello». «Capiremo quindi i motivi di questa parziale retromarcia non concretizzata» aggiunge l’avvocato Patti, facendo riferimento al «minimo pena» applicato, a fronte però di una condanna altissima sotto il profilo patrimoniale, quindi «senza una riqualificazione del profitto del reato: questa sproporzione, insieme alla memoria difensiva sul traffico illecito, sarà oggetto di appello».
Sempre in abbreviato, è stato assolto per non aver commesso il fatto il contoterzista e titolare della Agrifutura srl (a sua volta citata come responsabile civile) Giambattista Bonetti — l’unico a cui il Riesame aveva già dissequestrato tutti i beni: «Credevo che i fanghi fossero trattati in modo corretto, furono sparsi anche sui terreni di mio figlio», disse all’epoca. Assolta anche la segretaria di Giustacchini, Silvia Geroldi.
Gli altri imputati hanno scelto la via del dibattimento ordinario, che inizierà a maggio: una dozzina (tra persone fisiche e giuridiche) quelli rinviati a giudizio, solo in relazione al traffico illecito di rifiuti. Cinque i proscioglimenti (tra cui Alberto Giustacchini, fratello del titolare, e Luigi Mille).

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Le varie reazioni: pena lieve ma il caso ha portato norme ad hoc

Perplessità per la lievità della pena inflitta ma pure la consapevolezza che grazie a questa vicenda in Lombardia sono arrivate norme più stringenti sull’utilizzo dei fanghi in agricoltura. Sono ambivalenti le reazioni alla condanna ad un anno e 4 mesi per  Giustacchini.
Il presidente della Provincia, Emanuele Moraschini, ricorda che la vicenda «gravissima e per certi versi sconvolgente» ha portato «ad infittire i paletti normativi per la tutela dei terreni agricoli» e oggi «l’attenzione della Provincia resta alta, in un’ottica di prevenzione delle condotte illecite e di garanzia della salvaguardia ambientale, della salute dei cittadini e della capacità produttiva delle aziende agricole che operano nel rispetto delle regole e del territorio». Il Broletto si era costituito parte civile perché «lo spargimento di centinaia di migliaia di tonnellate di fanghi tossici, carichi di metalli e idrocarburi in 78 comuni del Nord Italia, aveva purtroppo riguardato ampiamente la nostra provincia» aggiunge Moraschini che sottolinea come il Broletto nel 2021 «sospese immediatamente l’autorizzazione integrata ambientale della Wte».

Oltre alla Provincia gli unici comuni ammessi tra le parti civili sono stati quelli di Calcinato, Calvisano, Lonato e Visano (oltre al comitato referendario per l’acqua pubblica, il comitato cittadini di Calcinato e due residenti dello stesso paese). Forte l’amarezza della sindaca di Calcinato, Vincenza Corsini: «Le sentenze si rispettano ma faccio davvero fatica a sentirmi soddisfatta da questa sentenza, visto quello che per anni il mio paese e i suoi abitanti hanno patito». Più diplomatico il primo cittadino di Calvisano, Angelo Formentini: «Non sta a me giudicare la coerenza della pena. Mi limito a ricordare che con l’abuso d’ufficio un sindaco rischiava una condanna più corposa. E se un commercialista sbaglia una dichiarazione dei redditi si becca un anno e un mese». Formentini ragiona anche sulla esiguità dell’indennizzo ricevuto dal suo comune (5mila euro): «Meno male che il soccombente è stato costretto a pagare le spese legali, altrimenti quella cifra non sarebbe bastata nemmeno per la parcella dell’avvocato». Per Roberto Tardani, sindaco di Lonato del Garda, la partita del risarcimento danni è tutt’altro che conclusa: «Abbiamo chiesto il danno d’immagine e la richiesta verrà valutata in sede civile». In quanto alla sentenza, vede il bicchiere mezzo pieno: «Il mio comune è stato il primo a denunciare lo spargimento di fanghi sul proprio territorio e il fatto che sia stata emessa una condanna per traffico di rifiuti dice che abbiamo agito correttamente».
Lo scandalo Wte portò la Regione ad introdurre una norma che vietò lo spandimento di fanghi in quelle zone ricche di reflui zootecnici e poi a scriverne una ad hoc per assimilare i «gessi di defecazione» ai fanghi, visto che fino al 2022 per la normativa nazionale risultavano fertilizzanti grazie all’aggiunta di acido solforico e calce. A volere quella norma fu l’allora assessore all’Agricoltura Fabio Rolfi. Il ministero dell’Ambiente la impugnò ma la Consulta diede ragione a palazzo Lombardia. «Una norma per contrastare chi considera i terreni agricoli un business privilegiato per lo smaltimento di fanghi, sfruttando l’ignoranza e le difficoltà economiche di molti agricoltori. Business che non è ancora del tutto terminato» commenta Rolfi che mette in guardia il settore agricolo da un’altra minaccia, quello dell’agrivoltaico: «Stanno avanzando fondi speculativi che acquistano e affittano i terreni a cifre folli. Sono a rischio tantissimi campi. Si dice che sotto i moduli fotovoltaici si possa coltivare ma di fatto non lo fa nessuno».
Forte la delusione di Imma Lascialfari, presidente del coordinamento Ambiente Futuro Lombardia (che non è stato ammesso tra le parti civili al pari di Legambiente e Lac) e Laura Corsini, presidente del comitato Cittadini di Calcinato: esprimono rammarico per la mancata costituzione di parte civile del ministero dell’Ambiente, della Presidenza del consiglio dei ministri e di Regione e ricordano che «le pene per i reati ambientali sono troppo leggere. La politica deve metterci mano in fretta». E non mancano di ringraziare «il procuratore Mauro Tenaglia (che diede il via all’inchiesta nel 2018, poi passata a Teodoro Catananti quando venne trasferito a Verona, ndr) ed i colonnelli dei Carabinieri forestali Giuseppe Tedeschi e Cesare Nascé. Senza di loro oggi non saremmo qui a commentare una sentenza di condanna della Wte».

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19 febbraio 2025 ( modifica il 19 febbraio 2025 | 21:13)



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