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dal cinema indipendente al Cineporto dell’Emilia-Romagna


Alessandra Stefani conquista, subito. Sarà per il suo modo empatico di parlare, capace di trasmettere la passione che la anima e che coinvolge tutti gli aspetti della sua vita. Sarà per la naturalezza con cui passa dal mondo imprenditoriale che ha nel Dna a quello ‘visionario’ del cinema, e a quello avveniristico dell’ecosistema sostenibile che ha creato. Legata alla sua città, Sassuolo, capace di conciliare creatività artistica e business, Alessandra è figlia ‘d’arte’: suo padre, Franco Stefani, è il presidente della System Ceramics, colosso multinazionale della ceramica, che lui ha innovato applicando l’elettronica ai processi industriali.

Ma lei, imprenditrice e regista, ha scelto in autonomia il suo percorso: ha fondato la ‘Scarabeo Entertainment’, casa di produzione cinematografica indipendente, e ha ideato, realizzato e finanziato il ‘Cineporto dell’Emilia-Romagna, il primo polo del cinema privato in Regione destinato alla produzione e post-produzione di film e documentari.

Lei ‘nasce’ nel mondo delle ceramiche, per inclinazione familiare. Quali sono stati i suoi primi passi?

“Ero Art director in Laminam, manifattura d’eccellenza per il prodotto innovativo realizzato da mio padre. Nel 2018 ho curato sceneggiatura e scenografia del mio primo cortometraggio, ‘Laminam il top in ceramica’. Sono stati dieci anni belli, concreti, formativi, ma non era la dimensione che mi avrebbe consentito di esprimermi davvero liberamente”.

Così è approdata alla macchina da presa…

“Dopo avere studiato, nel 2018, produzione e regia alla New York Film Academy, nel 2019 ho fondato la ‘Scarabeo Entertainment’ con l’obiettivo di costruire nuovi paradigmi e creare storie coinvolgenti che mettano al centro l’esperienza umana attraverso il documentario”.

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Il suo primo film da regista? “Nel 2020 è uscito ‘The Arch.’, un ‘road-movie’ di architettura, incentrato sul tema delle sostenibilità ambientale. Attraversando quattro continenti ho intervistato nove architetti tra i più innovativi della scena contemporanea che raccontano storie, idee e progetti, delineando le tendenze del futuro. Per tre anni, fino a fine 2024, è stato visibile su Sky Arte”.

E non si è più fermata…

“Nel 2021 ho diretto il docufilm ‘La moda del liscio’, tra i progetti vincitori del Bando regionale dell’Emilia-Romagna Film Commission e poi ho realizzato il mio terzo lungometraggio, ‘Mycelia’, film sperimentale entrato nel circuito dei festival. Con la mia casa di produzione ho una doppia vocazione: crescere nel territorio emiliano e contribuire ad aprire la Regione al mondo”. L’hanno definita la ‘Cinecittà dell’Emilia-Romagna’, la ‘Hollywood dell’Emilia’: come nasce ‘Cineporto’?

“Volevo realizzare un gioiellino indipendente e innovativo per l’Italia, un punto di riferimento per il settore del cinema e dell’audiovisivo nazionale e internazionale, per la produzione e post produzione. Nasce dall’intuizione di una necessità e di una sfida: un luogo che mancava nella Regione, un unico spazio che catalizzasse tutto il lavoro delle case di produzione, dal teatro di posa per la creazione di ambienti e scenografie fino all’intero workflow della post-produzione cinematografica. L’ho progettato secondo standard di tecnologia altissimi, con gli ultimissimi hardware e software del settore audiovisivo”. “Creatività, accessibilità, sostenibilità e eccellenza sono i concetti cardine”: cosa intende?

“Il ‘Cineporto’, 1500 mq, primo hub totalmente privato (non ho chiesto sovvenzioni per realizzarlo) high-tech, è costruito interamente con criteri di sostenibilità ed efficienza energetica, con materiali all’avanguardia. L’edificio (inaugurato il 6 ottobre 2022 dopo aver ospitato la produzione del biopic del regista hollywoodiano Michael Mann su Enzo Ferrari girato a Modena, ndr) è di classe energetica A 4, totalmente ecosostenibile, unico in Emilia-Romagna e in Italia. Uno spazio polifunzionale per gli eventi, e se sono sostenibili sono sempre più richiesti. ‘Cineporto’ si distingue per il suo impegno ambientale: la sostenibilità non è solo una tendenza, ma un valore aggiunto per chi organizza con responsabilità. È l’approdo ideale per medie e grandi produzioni, aziende e privati che vogliono costruire qualsiasi tipo di evento con una logistica comodissima”.

E come si pone rispetto alla cultura in generale?

“Oltre a rivolgermi ai professionisti del settore, volevo creare e produrre cultura, ovvero stimoli, talenti, scambi fertili, facendo sì che arte, musica, cinema si intreccino in nome della sperimentazione. Di qui insoliti format di eventi e di fruizione”.

Come valuta lo scenario del mercato audiovisivo in Italia? “Il settore sta facendo fronte a una grande crisi. Chi porta avanti la ‘serialità’, le fiction, si salva, chi invece punta sul cinema, soprattutto con film d’autore, low budget, soffre di più, perché manca la distribuzione nelle sale e ci si deve rivolgere all’estero, o co-produrre con altre nazioni. Lo scorso anno, ad esempio, ho co-prodotto ‘Vittoria’, presentato all’81esima mostra del cinema di Venezia, sezione Orizzonti Extra”.

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Perché questa crisi?

“L’industria audiovisiva e cinematografica sta vivendo una trasformazione epocale legata a quattro fattori: il Digital Shift, il passaggio definitivo al digitale; l’Intelligenza artificiale, cui io credo moltissimo e che utilizzo, ma che richiede ancora attente verifiche; la Creator economy, dei creatori indipendenti (Instagram, Tik Tok, Twich); infine i colossi tecnologici (Netflix, Apple, Amazon) che non più solo distribuiscono ma producono e tutto si trova in streaming”.

‘Gender equality’: come si declina nel settore dell’audiovisivo?

“Purtroppo, il sistema è ancora molto patriarcale, sia nel mondo cinematografico così come in quello della ceramica. Importante è lottare ma anche allearsi tra donne contro contraddizioni, pregiudizi e squilibri di genere”.



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