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IL COMMENTO Una metodologia per riscoprire il proprio territorio – Il Golfo 24


DI BENEDETTO MANNA

Tra le parole che più circolano negli ultimi tempi perindicare da quale stato o evento naturale vengono attraversati i nostri territori circostanti, vi sono termini come ricostruzione, demolizione, sciame sismico, bradisismo, gentrificazione, delocalizzazione, abbattimenti, e altri ancora, che possono, se già presi uno per uno, rappresentare motivo di agitazione e apprensione per chi li abita. Si tratta di vedere come tali dinamiche di trasformazione di un insediamento possano rientrare nell’alveo della consapevolezza e dell’accettazione condivisa per politiche nuove di gestione, tramite una matura partecipazione a processi di cambiamento, di riqualificazione e di identificazione territoriale. Per operare in tal senso esiste il metodo delle Mappe di Comunità, che non sono il prodotto di raffinati modelli, frutto di sofisticati software di calcolo(o per lo meno non li richiede in linea di principio), ma che, guarda caso, trovano il loro luogo d’origine in un’Italia attraversata dagli eventi sismici di fine anni settanta nella Regione Friuli Venezia Giulia. Essa per ricomporre il territorio e restituirlo alla vita della sua gente in modo autentico e sicuro, è stata la prima, insieme alla Provincia Autonoma di Trento, ad istituire la Legge Regionale sugli Ecomusei a livello nazionale con LR n.10 del 21 giugno 2006, sulla base di comunità già significative sorte territorialmente e cresciute grazie proprio all’applicazione di tale metodo. Noi a questa legge in Campania arriviamo il 5 luglio 2023 con la LR n.13, istituendo con decreto n.217 del 9.12.2024 i primi 4 Ecomusei regionali (il Moss di Scampia, l’Ecomuseo dei Picentini, l’Ecomuseo di Morigerati e L’Ecomuseo delle Cucine rural dell’Alta Irpinia). Tutto recente e tutto ancora da rendere come strumento di indagine e d’innovazione, per una lettura appropriata del territorio facendo ricorso alle Mappe di comunità, utili aricomporre suoi attriti e conflitti di qualsiasi natura in modo propositivo. Si rende opportuno quindi procedere a una descrizione rappresentativa dei suoi contenuti più salienti, per non far mancare la consapevolezza di un utile strumentoche ha pari dignità di quelli già messi in campo per la valutazione del territorio nei suoi aspetti di riqualificazione, rilancio e messa in sicurezza.

ILCONTESTO – Ogni territorio è speciale. Ogni territorio rappresenta, prima di tutto per chi lo abita, qualcosa di molto più complesso di una semplice superficie caratterizzata dalla presenza di determinati attributi come una popolazione, strade, insediamenti, elementi naturali e paesaggistici.Il territorio non è solo il terreno su cui si vive e si lavora, ma ingloba la storia degli uomini che vi hanno abitato e lavorato nel passato e le tracce, materiali (come modifiche del paesaggio o tipologie costruttive) o immateriali (come leggende o particolarità linguistiche) con le quali l’hanno segnato. Esso contiene un patrimonio diffuso, ricco di dettagli e soprattutto una fitta, densissima rete di interrelazioni fra tutti questi elementi. Per questo, anche se a prima vista può sembrare simile a tanti altri, ogni territorio è speciale. Il genius loci. La consapevolezza dell’esistenza di questo complesso patrimonio locale, materiale e immateriale, strettamente legato al territorio è quello che chiamiamo genius loci o anche il carattere di un luogo. E’ un elemento importante per il benessere e la vitalità delle comunità, perché l’indifferenza nei confronti della propria terra è il primo passo verso il declino economico e sociale. E siccome non si apprezza ciò che non si conosce, la scoperta del valore dei luoghi, del loro carattere speciale, spesso il primo passo di una strategia mirata al benessere e alla vitalità di una comunità locale.

OBIETTIVI – La mappa non è solo una fotografia del territorio, sia pure estesa a dettagli non riportati dalle carte o dai libri ufficiali o delle storie che vi solo legate. La mappa comprende anche il processo con cui si fotografa. Per questo deve essere costruita in modo partecipato, perché è anche un metodo di crescita collettiva e di auto-formazione del gruppo che vi lavora. L’obiettivo dunque non è avere una mappa, fatta più o meno “bene”, ma fare in modo che la comunità, realizzandola, riconosca il valore dei luoghi e aumenti la propria autostima. Il “dopo-mappa” è forse più importante di ciò che la precede.

COME PARTIRE – Occorre decidere qual è l’area che interessa, formare un gruppo e insieme iniziare a interrogarsi su quali siano le cose che danno “carattere” al territorio, trasferirle su una mappa, presentarla alla comunità intera come un elemento in cui tutta la collettività possa riconoscersi. Dalla mappa, se il gruppo è cresciuto mentre la realizzava, potranno nascere iniziative specifiche relative ad uno o più degli elementi individuati.L’area. Quale area coinvolgere, è un problema decisivo. Non deve essere troppo grande, pena la perdita di carattere e la difficoltà di trovare elementi comuni che siano abbastanza specifici del luogo da mobilitare l’interesse degli abitanti. Non deve neppure essere troppo piccola, altrimenti sarà solo una melanconica “operazione nostalgia” perché gli abitanti non avranno poi la forza di usarla come progetto per trasformare i luoghi, confrontandosi con gli strumenti di pianificazione che già esistono. È decisiva la sensibilità del leader locale, di chi prende l‘iniziativa di fare una mappa.Formare il gruppo. Il gruppo deve essere il più largo possibile, ma normalmente ci si aspetta dalle 10 alle 30 persone (parliamo sempre di comunità relativamente ristrette, fino a 3000-5000 persone come massimo). L’appello alla partecipazione deve toccare tutti (es. tramite canali social e/o eventi di presentazione) e si deve sempre essere aperti ad un suo allargamento anche in corso d’opera. È fondamentale inoltre che i partecipanti si adoperino per coinvolgere altre persone (non necessariamente per la partecipazione alle riunioni, anche solo come fornitori di conoscenze). Può essere decisiva l’azione di un facilitatore (esterno o dalla comunità, se riconosciuto da tutti). L’intervento di persone esterne alla comunità può aiutare perché testimonia l’importanza dell’iniziativa e richiama attenzione. Dopo le prime riunioni è possibile che ci si divida in gruppi, tematici (es. patrimonio architettonico, i ricordi storici, tradizioni locali e così via) o territoriali (es. per borgata).

LAVORARE INSIEME – Il gruppo lavora come una specie di comitato di redazione. Le domande da cui partire sono: cosa è importante, per me, di questo territorio? Cosa mi piace e cosa non mi piace? Cosa rende questo posto diverso da altri simili? Cosa vogliamo fare di questo patrimonio e come possiamo preservarlo? Ecco un elenco (non esaustivo) per aiutare a riconoscere i dettagli che rendono un posto speciale (ma la creatività del gruppo dovrà seguire la propria ispirazione).Patrimonio costruito: elementi patrimoniali edificati specifici del luogo e piccole caratteristiche come case rurali, pompe, pozzi, cancelli e muri a secco, recinzioni, pietre confinarie, dettaglia architettonici, selciati, lapidi commemorative, verde pubblico o scritte tradizionali.Costumi e tradizioni: associazioni culturali e storiche con la terra e attività dei residenti locali, per esempio storie, poesie, canzoni, dialetti, proverbi, ricette, tradizioni e gente famosa. Caratteristiche culturali relative a come la gente viveva, lavorava e si comportava, storie di persone particolari o buffe, nomi di luoghi, nomi di campi, confini parrocchiali, spazi aperti, belvedere, diritti di passaggio di valore culturale significativo, inclusi sentieri interpoderali e tratturi.Patrimonio archeologico: resti locali importanti e visibili come per esempio fortificazioni, tumuli funerari, pilastri geodetici, spartiacque e canaline, pietre rituali, impianti di antichi insediamenti.Patrimonio naturale: caratteristiche paesaggistiche locali caratteristiche e habitat naturali come siepi, macchie, piante potate, orti, piccole aree di brughiera, prati di fieno,prati irrigati, canneti, stagni, torrenti e sorgenti.Patrimonio industriale: caratteristiche fisiche relative a importanti industrie locali come ciminiere e camini, forni per la calce, mulattiere, carrettiere, canali, cave, punti di estrazione di minerali, mucchi di sterrato, mulini, miniere, fucine e locali di fabbricazione delle botti.

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DISEGNARE LA MAPPA – Le mappe non sono carte geodetiche o quelle di Google Maps, non devono cioè cercare di rappresentare nel modo più conforme possibile la realtà. Sono mappe affettive, quindi l’interpretazione è molto libera, anche se un fondo di tipo geodetico (con pochi o nessun dettaglio) può rivelarsi utile come punto di partenza. Il disegno è spesso affidato a un artista locale, ma questo è l’ultimo aspetto di cui preoccuparsi.PRESENTARE LA MAPPA. L’attività del gruppo (o dei sottogruppi) cerca di coinvolgere il maggior numero di persone durante le attività di raccolta dei dati e delle conoscenze sul territorio. In ogni modo è importante un momento di presentazione pubblica dei risultati provvisori. Può essere fatto con una piccola festa durante la quale non solo si illustra il lavoro già fatto, ma si invitano tutti a contribuire e anche a commentare quanto già fatto.La mappa finale sarà a sua volta presentata con unacerimonia pubblica. In genere il tempo fra le due presentazioni è molto breve (2-3 mesi) a meno che non emergano opposizioni o punti di vista che non erano stati considerati.

DOPO LA MAPPA – La mappa è un processo di crescita della comunità, se è fatta nel modo giusto. È anche un progetto collettivo, perché mentre si discute di cosa “conta” sul territorio, emergeranno quasi certamente idee di trasformazione (cose da proteggere, da ripristinare, da modificare radicalmente). Bisognerà trovare il modo di portare questo progetto all’attenzione dei decisori politici. Questo follow-up costituisce il 50% del valore dell’intera operazione. Altri approfondimenti potranno esserci nel seguito, alla luce delle sempre più stringenti situazioni locali.





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