Ha compiuto 70 anni lo scorso anno ma si mantiene in forma come un teenager grazie alla cura rivitalizzante a cui si è sottoposta nel 2022 quando ha ceduto il 66 per cento del capitale alla Investindustrial lasciando in capo ai fondatori il resto del capitale e, soprattutto, lo scettro del comando all’imprenditore che l’ha fatta grande.
La storia del gruppo La Doria si accompagna a quella della famiglia Ferraioli. Fondata da Diodato nel 1954 è adesso guidata da Antonio, prossimo a lasciare la presidenza di Confindustria Salerno nella cui provincia, ad Angri per l’esattezza, sorge il quartier generale da cui nascono conserve di pomodoro e vegetali esportate in tutto il mondo.
Sono sessanta, infatti, i Paesi raggiunti, per un fatturato che arriva a 1,3 miliardi di euro, in massima parte dovuti a prodotti destinati a essere venduti con le etichette della grande distribuzione. I dipendenti sono più di mille e gli stabilimenti nove, di cui sei al Sud, il che rappresenta l’orgoglio di Antonio Ferraioli che tiene particolarmente alle sue radici.
Tra le acquisizioni recenti due meritano di essere ricordate: la Clas di Imperia, specializzata in sughi e pesti sempre per conto terzi, e un ramo aziendale del Pastificio Di Martino che ha condotto La Doria anche nel campo dei produttori di pasta che, si sa, ben si sposano con chi lavora il pomodoro e lo rende sul mercato in tutte le varietà possibili.
Quest’anno sono previsti investimenti per 40 milioni di euro, diretti ad ammodernare le linee, renderle più efficienti, abbassare l’impatto ambientale. Una ricerca della qualità che contraddistingue l’impresa, balzata tra l’altro agli onori della cronaca per essere stata a lungo l’unica quotata alla Borsa di Milano di tutto il Mezzogiorno.
Quella del gruppo conserviero è una vita fatta di colori odori e sapori, secondo la sua stessa definizione, e di attaccamento al territorio anche in presenza di finanziatori dallo sguardo internazionale. Senza fabbrica non c’è occupazione, dice Ferraioli, e per riportare i giovani da dove sono partiti di fabbriche antiche e moderne ce ne vogliono molte.
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