Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#adessonews
#finsubito
#finsubito video
Agevolazioni
Asta
Bandi
Costi
Eventi
Informazione
manifestazione
Sport
Vendita immobile

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

Piero Fassino ricorda il padre Eugenio: «A 20 anni comandante partigiano. Quella volta che portò a casa una scimmietta»


di
Antonella Frontani

Dalla lotta in Val Sangone contro i nazifascisti all’amore per la buona cucina.«Tutte le domeniche andavamo allo stadio per seguire la Juventus. Poi, al cinema con la mamma. E infine tutti insieme a cena»

«Mio padre è morto improvvisamente, quando avevo solo quindici anni. Eppure è stato il mio punto di riferimento per tutta la vita». Sono le parole con cui Piero Fassino inizia il racconto di suo padreEugenio Fassino è stato comandante della 41a Brigata Garibaldi nella guerra partigiana contro il fascismo. Era nato nel 1923 ad Avigliana. Il 10 settembre 1943, ad appena vent’anni, diede vita a una delle prime formazioni partigiane in Piemonte, nella Val Sangone, una piccola valle che taglia perpendicolarmente la Valle di Susa, la via di collegamento tra Francia e Italia. «Per i nazisti era molto importante tenerla libera, per i partigiani era importante interromperla. La guerra fu feroce, quotidiana. Soltanto in Val Sangone costò la vita a quattrocento giovani partigiani», testimonia ancora oggi suo figlio.

Quale ricordo ha di suo padre?
«Quello di un vero leader, organizzatore e trascinatore. Aveva 20 anni, poco più che un ragazzo, quando guidò la lotta partigiana. Finita la guerra aiutò con grande generosità molti partigiani a reinserirsi nella vita civile. Organizzava squadre di calcio e di rugby per i giovani. Impegnato nelle associazioni partigiane e in politica nel PSI. Avviò un’attività imprenditoriale che guidò con successo fino al malore che lo portò via».




















































Partiamo dalla lotta partigiana.
«Nel 1943 mio padre decise di non rispondere alla chiamata di leva della Repubblica di Salò e insieme ad altri giovani di Avigliana e a soldati sbandati originari del sud, costituì una banda partigiana in Val Sangone, prima al Colle Braida, poi nelle frazioni sui monti di Coazze».

Mutuo asta 100%

Assistenza consulenza acquisto in asta

Cosa la colpì di più dei suoi racconti della Resistenza?
«Che avesse solo vent’anni quando guidò centinaia di uomini in armi. Era indiscutibilmente riconosciuto leader, con il nome di “Geni”, tanto che sulle divise partigiane venne cucita una mostrina che recitava: “Dio è in cielo, Geni in terra, e noi in ogni luogo”».

In quei giorni venne anche ferito…
«Sì, gravemente, una brutta ferita alla gamba che lo rese claudicante a vita. Successe durante la battaglia di Avigliana, il 26 giugno 1944 dove fu anche catturato».

La prigionia durò a lungo?
«No, alla cattura seguì un’immediata trattativa per la sua liberazione in cambio di quarantaquattro prigionieri tedeschi. Conservo con orgoglio il verbale originale di scambio firmato dai comandanti partigiano e tedesco».

Dove ricevette poi le cure necessarie?
«Fu nascosto e curato nell’ospedale di Giaveno, affidato alla giovane suor Delfina. Settant’anni dopo, venni rintracciato dalla superiora dell’ospedale per avvertirmi che suor Delfina, in gravi condizioni di salute, aveva espresso il desiderio di salutarmi. Parlammo a lungo di mio padre in un colloquio commovente».

Suo padre le raccontava le strategie di battaglia?
«Certo. Partecipava alla vita delle associazioni antifasciste e alle celebrazioni delle battaglie partigiane. E mi portava sempre con lui, in primo luogo all’Ossario di Forno di Coazze, costruito per volontà sua e dei comandanti partigiani. Oggi ne sono il Presidente. Lì sono sepolti cento di quei giovani eroi, a cui negli anni sono venuti a rendere omaggio Ciampi, Napolitano, Mattarella, Amato. E ogni anno, la seconda domenica di maggio, si ricordano i tanti ragazzi vittime dei feroci rastrellamenti nazifascisti».

Lasciamo i ricordi della Resistenza, ci racconti dell’attività imprenditoriale di famiglia.
«Il mio bisnonno era imprenditore nel settore della frutta, la esportava in tutta Europa. Conservo le cartoline inviate dal bisnonno a sua moglie da Berlino, Zurigo, Budapest dove si recava per siglare i contratti di vendita dei prodotti».

Suo padre, dopo la guerra, tornò al mondo civile cimentandosi in una grande avventura.
«Sì. Il Comitato di Liberazione Nazionale affidò a Enrico Mattei il compito di liquidare l’Agip petroli, società statale creata dal fascismo. Mattei capì che il petrolio era essenziale per lo sviluppo del Paese e anziché liquidare l’Agip, la rilanciò. E per farlo chiamò dieci comandanti partigiani di cui nutriva grande stima, tra cui mio padre».

Ricorda quel periodo?
«Dopo un periodo a Roma, mio padre dovette rientrare a Torino per seguire mia mamma, colpita da una grave malattia. Concordò con Mattei di assumere la concessionaria dell’Agipgas in Piemonte e Valle d’Aosta. E si buttò nella nuova impresa con l’entusiasmo e la determinazione di sempre, dando vita a una fiorente azienda che durò fino alla fine dei suoi giorni».

Mutuo asta 100%

Assistenza consulenza acquisto in asta

Quali erano le sue qualità?
«Coraggioso, generoso, lungimirante. Accudiva i suoi dipendenti e i suoi clienti con cui condivideva ogni occasione conviviale: un matrimonio, un battesimo, la visita ad un malato. Amava ogni innovazione: fummo tra i primi a Torino nel 1954 ad avere la televisione, così come i nuovi elettrodomestici. Mi incoraggiava a non avere paura del cambiamento, ma a comprenderlo e gestirlo».

Che tipo di insegnamento è stato il suo?
«Di laicità. Fu lui ad insegnarmi che anche nella persona più distante c’è un pezzo di verità. Ed è importante scoprirla. Nessuno è portatore di verità assoluta».

Quali erano le vostre abitudini condivise?
«Tutte le domeniche andavamo allo stadio insieme per seguire la Juventus. Poi, al cinema con la mamma. Poi, tutti insieme a cena, spesso ai Due 
Lampioni o al Balbo».

Le sue passioni?
«Era un buongustaio e amava la buona cucina. Amava collezionare francobolli, passione che mi ha trasmesso. Adorava gli animali. Una volta arrivò a casa con 20 pulcini, un’altra con una capretta, un’altra ancora una scimmietta. Ogni volta mia madre, disperata, provvedeva, il giorno dopo, a cercare nuovi affidatari».

Cosa ricorda del suo funerale?
«Un mare di gente. Un cordoglio vero e una commozione sincera».

Se avesse l’opportunità di parlargli di nuovo per cinque minuti, cosa gli direbbe?
«Grazie. Per tutto quello che mi ha dato in vita e per tutto ciò che ha continuato a darmi anche dopo».

23 febbraio 2025

Mutuo asta 100%

Assistenza consulenza acquisto in asta



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Prestito personale

Delibera veloce