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Trump conquistatore con Ucraina vittima sacrificale?


Trump sta provocando la tempesta perfetta per riportare gli Stati Uniti al centro del mondo. Un ciclone che ha lo scopo di fermare l’avanzata, che sembrava inarrestabile, di nuovi attori globali, in primis la Cina. E non importa se a farne le spese sono gli equilibri o i disequilibri nel cosiddetto ordine mondiale, le alleanze che sembravano consolidate, lo stato di diritto, le regole di convivenza civili, in sintesi tutto ciò che era scaturito dalla dissoluzione dell’URSS e la fine della Guerra Fredda. Ora c’è un nuovo competitore che va fermato ed è la Repubblica Popolare Cinese in combutta, sinora, con la Federazione Russa.

Risulta oltremodo evidente che negli ultimi anni stavamo assistendo ad un attacco all’Occidente perpetrato essenzialmente con mezzi economici e diplomatici, ma anche con la forza brutale, da parte di un gruppo di potenze alle quali si accodavano sempre più Paesi appartenenti al cosiddetto Sud globale e guidati, direttamente o indirettamente, dal Dragone cinese e da Mosca. L’analisi di quei conflitti ci porta a identificare un’area ben definita del mondo, teatro di quel tentativo ancora in atto. Si tratta del Rimland classico (quello teorizzato dallo Spykman), che comprende l’Europa dell’Est, il Medio Oriente, il Golfo Persico, il Mar Cinese meridionale e orientale fino allo Stretto di Bering. Secondo quella teoria, chi si assicura il controllo del Rimland ha il dominio del mondo.

Infatti è proprio lungo quest’area contesa che le potenze costituenti l’Heartland (la Terra-cuore, quella classica del Mackinder), cioè la Cina e il suo junior partner russo, avvalendosi anche di Stati proxy come l’Iran e la Corea del Nord, hanno lanciato da anni l’assalto al vecchio maniero dell’Occidente, tra l’altro sempre meno solido e compatto. Ecco quindi la guerra in Ucraina volta a riprendere il controllo da parte di Mosca almeno di parte dell’Europa Orientale, l’attacco del cosiddetto Asse della Resistenza iraniano a Israele e ai traffici commerciali in Medio Oriente, la nuova colonizzazione dell’Africa da parte di Cina e Russia, il tentativo di realizzare la Via della Seta euroasiatica cinese con le sempre meno velate minacce di Pechino a Taiwan, le politiche aggressive della Repubblica Popolare della Corea del Nord che è arrivata ad inviare soldati e missili nel cuore dell’Europa e a far sorvolare il Giappone da missili balistici.

Come fermare tutto ciò?

Attualizzando le teorie classiche di geopolitica, a partire dal secolo scorso esiste già un nuovo Heartland che è rappresentato dagli USA. Si tratta del secondo cuore del mondo, con un proprio Rimland che lo circonda. Anche qui, averne il controllo e contestualmente contendere alla Cina il suo, quello classico, consentirebbe di avere il dominio mondiale.

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Questo assunto sembrerebbe essere confermato dalle mosse di Trump, molte delle quali apparentemente scomposte e disorganiche ma che a ben vedere hanno uno scopo ben chiaro.

Proviamo ad esaminarle…

Nel Rimland meridionale, quello dell’America centrale, Trump, a parte la mossa dal profondo valore simbolico di ridenominare il Golfo del Messico, sta provando a fermare l’acquisizione da parte della Cina del Canale di Panama e a indebolire il Messico con i dazi.

A nord, sta applicando la stessa politica protezionistica con il Canada e avanza pretese sulla Groenlandia danese allo scopo di contrastare la realizzazione della Via della Seta artica sino-russa.

Il Rimland statunitense più importante per Trump è quello dell’Indo-Pacifico poiché va a sovrapporsi in maniera critica a quello cinese. Qui si giocheranno le partite decisive che essenzialmente comprendono la questione di Taiwan considerata da Pechino (a torto) una regione secessionista, la contesa sulle isole del Mar Cinese Meridionale e la presenza dello Stato “canaglia” con capacità nucleare della Corea del Nord. La necessità di realizzare l’economia delle forze costringerà gli USA a concentrarsi in quel Rimland sacrificando quello transatlantico che costituiva fino a qualche tempo fa il pilastro della sua proiezione mondiale.

Qui gli obiettivi sono almeno due: se da una parte risulta necessario ridurre il proprio impegno per concentrare lo strumento militare nell’Indo-Pacifico, dall’altra sta provando a sottrarre la Russia dall’abbraccio pericoloso con la Cina. Lo fa blandendo Putin e mettendo in discussione il rapporto sinora privilegiato con gli europei, compresa la Gran Bretagna, con una possibile vittima sacrificale: l’Ucraina. Una pragmaticità che ha messo il vecchio continente con le spalle al muro, imponendogli di individuare nuove politiche volte ad evitare l’irrilevanza e il declino.

* Luigi Chiapperini, generale di corpo d’armata dei Lagunari in quiescenza, già comandante dei contingenti nazionali e multinazionali in Kosovo nel 2001 (NATO), in Libano nel 2006 (ONU) e in Afghanistan nel 2012 (NATO), attualmente è membro del Centro Studi Esercito e presidente emerito dell’Associazione Lagunari Truppe Anfibie.

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Immagini: U.S. Navy / autore





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