Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#adessonews
#finsubito
#finsubito video
Agevolazioni
Asta
Bandi
Costi
Eventi
Informazione
manifestazione
Sport
Vendita immobile

Sconto crediti fiscali

Finanziamenti e contributi

Arabia Saudita: Il Paese è più autonomo militarmente, grazie al trasferimento di tecnologia, potrebbe intervenire con maggiore prontezza ed efficacia in scenari di conflitto nell’area


Di Giuseppe Gagliano

RIYADH (Arabia Saudita). La crescente cooperazione in materia di Difesa aerea tra Italia e Arabia Saudita (https://www.reportdifesa.it/relazioni-arabia-saudita-italia-forte-cooperazione-in-materia-di-difesa-aerea/ si colloca in un contesto geopolitico delicato, con potenziali impatti sulla sicurezza della regione Medio Oriente-Golfo.

Per l’Arabia Saudita, rafforzare le proprie capacità difensive aeree – tramite nuovi sistemi d’arma, tecnologie avanzate e know-how forniti dall’Italia – significa migliorare la propria postura di deterrenza verso minacce regionali.

Un Regno più protetto da sistemi antimissile moderni e con un’aviazione all’avanguardia è meglio attrezzato per far fronte a potenziali attacchi di missili balistici o droni armati da parte di attori ostili (come le milizie Houthi nello Yemen o, in uno scenario peggiore, l’Iran).

La Bandiera dell Arabia Saudita

 

Ciò potrebbe contribuire a stabilizzare la regione attraverso una maggiore deterrenza: se l’Arabia Saudita è in grado di intercettare efficacemente attacchi aerei, diminuisce il rischio che tali atti ostili provochino escalation militari su vasta scala. D’altro canto, l’accumulo di armamenti avanzati da parte saudita potrebbe alimentare una corsa agli armamenti con l’Iran e altri Paesi vicini, spingendo questi ultimi a potenziare a loro volta i propri arsenali per non rimanere indietro.

L’equilibrio regionale della sicurezza potrebbe dunque subire aggiustamenti: la cooperazione italo-saudita, fornendo a Riad tecnologie di prim’ordine, contribuisce a mantenere l’Arabia Saudita tra le potenze militari di primo piano del Medio Oriente, seconda per importazioni di armi solo all’India a livello globale nel quinquennio 2018-2022.

Un altro aspetto riguarda il ruolo dell’Arabia Saudita come forza di sicurezza regionale.

Dotarsi di migliori difese aeree consente a Riyadh di proteggere non solo il proprio territorio e infrastrutture critiche (come impianti petroliferi), ma anche di offrire una sorta di ombrello difensivo ai vicini del Consiglio di Cooperazione del Golfo (GCC) in caso di crisi.

Il Re Salman ed il principe Mohammad dell’Arabia saudita

In prospettiva, la condivisione di dati radar avanzati o l’integrazione di sistemi d’arma interoperabili con quelli di altri alleati arabi potrebbe favorire la creazione di una rete di difesa aerea regionale cooperativa, tema spesso discusso tra le monarchie del Golfo.

L’Italia, contribuendo al potenziamento saudita, indirettamente sostiene questa visione di sicurezza collettiva nel Golfo, che coincide con gli interessi occidentali di proteggere la libertà di navigazione e la stabilità in un’area cruciale per i rifornimenti energetici mondiali.

Va anche notato che un’Arabia Saudita più autonoma militarmente – grazie al trasferimento di tecnologia – potrebbe intervenire con maggiore prontezza ed efficacia in scenari di conflitto nell’area.

Ad esempio, la capacità di produrre munizioni e parti di ricambio in casa riduce i tempi morti e la dipendenza da fornitori esteri durante le emergenze.

Ciò potrebbe riflettersi in una postura saudita più assertiva nel guidare coalizioni militari regionali (come già fatto in Yemen, o nelle esercitazioni congiunte con alleati). L’Italia, pur non coinvolta operativamente in teatri mediorientali quanto altri attori, fornendo supporto tecnologico diventa in un certo senso partecipe indiretta degli equilibri di sicurezza regionali: il successo o meno dei sistemi italo-sauditi sul campo influirà sulla percezione di affidabilità dell’equipaggiamento occidentale nell’area, a fronte della concorrenza di sistemi russi o cinesi.

Relazioni con gli alleati NATO e partner del Golfo

La scelta dell’Italia come partner privilegiato da parte saudita per la difesa aerea si intreccia con le dinamiche delle relazioni di Riyadh con altri alleati tradizionali (Stati Uniti in primis) e con i rapporti intra-europei nell’ambito NATO. Storicamente, l’Arabia Saudita ha fatto affidamento soprattutto sugli Stati Uniti e il Regno Unito per il proprio armamento avanzato.

Ancora oggi, la fetta maggioritaria delle forniture militari a Riyadh proviene dagli USA (circa il 75% nel 2019–2023).

Tuttavia, da alcuni anni i sauditi perseguono una diversificazione dei fornitori: accanto a Washington e Londra, hanno incrementato acquisti da Paesi come la Francia, la Corea del Sud, e appunto attivato nuovi canali di collaborazione con Italia e Spagna.

Questo serve a ridurre la dipendenza politica da un singolo alleato e a shopping in base al miglior rapporto tecnologia/prezzo.

In tale contesto, l’Italia si è inserita capitalizzando anche su momenti di distacco tra Riyadh e altri partner: ad esempio, in passato recento alcune restrizioni o critiche dall’Europa (Germania, o lo stesso governo italiano nel 2019-2020) sulle forniture di armi ai sauditi a causa del conflitto in Yemen hanno temporaneamente frenato certi trasferimenti.

Il presdiente del Consiglio dei ministri, Grigia Meloni in Arabia Saudita

 

Oggi, con il Governo italiano che ha rimosso le limitazioni all’export di missili e bombe verso l’Arabia Saudita nel 2023(revocando un divieto imposto nel 2019), Roma si ripropone come partner affidabile e privo di preclusioni politiche nel supportare la difesa saudita.

Per gli alleati NATO, la cooperazione italo-saudita può essere vista sotto due luci.

Da un lato, l’approfondimento dei legami di un membro NATO con l’Arabia Saudita è coerente con l’obiettivo occidentale di mantenere il Regno saldamente ancorato alla sfera di influenza occidentale. Gli Stati Uniti e altri partner potrebbero quindi guardare positivamente al fatto che l’Italia contribuisca a modernizzare le difese saudite, perché ciò rafforza un pilastro della stabilità nel Golfo e riduce la tentazione di Riad di rivolgersi a Russia o Cina per colmare le sue esigenze.

D’altro canto, esiste anche una dimensione di competizione industriale intra-alleata: l’Italia fornendo tecnologie a Riad entra in un mercato finora dominato da statunitensi, britannici e in parte francesi. Ciò può generare concorrenza per futuri contratti (ad esempio, se l’Arabia Saudita deciderà di acquisire nuovi sistemi di difesa aerea, dovrà scegliere tra soluzioni USA, europee – e l’Italia spinge per quelle euro-italiane).

Un caso emblematico è il programma GCAP: Londra, Roma e Tokyo stanno discutendo l’inclusione saudita e mentre l’Italia si è detta favorevole, il Regno Unito ha suggerito un approccio cauto, volendo garantire che l’ingresso di un nuovo partner non comprometta tempi e segretezza del progetto.

Alla fine, se l’Arabia Saudita aderirà, sarà un successo condiviso dell’industria NATO (considerato che UK e Italia ne beneficeranno finanziariamente), ma richiederà equilibrio politico per integrare un partner extra-NATO in un progetto così sensibile.

Riguardo agli altri Paesi del Golfo, la cooperazione italo-saudita potrebbe innescare effetti a catena. Nazioni come gli Emirati Arabi Uniti e il Qatar – con cui l’Italia intrattiene anch’essa forti relazioni difensive, avendo ad esempio venduto navi e aerei a Doha (anche qui con pacchetti di training e supporto) – osserveranno con attenzione i frutti dell’asse Roma-Riyadh.

Se l’iniziativa avrà successo nel rafforzare l’industria saudita, altri alleati GCC potrebbero cercare accordi simili per non restare indietro in termini di tecnologia militare.

D’altronde, Leonardo e altre aziende italiane sono già attive in tutta l’area: la concorrenza fra le monarchie del Golfo potrebbe tradursi in ulteriori contratti per l’Italia (ad esempio, se i sauditi localizzano la produzione di droni Leonardo, gli Emirati – notoriamente all’avanguardia nel settore UAV – potrebbero volersi associare o puntare su altre collaborazioni con l’Italia per restare competitivi).

Allo stesso tempo, un rafforzamento dell’asse italo-saudita richiede equilibrio diplomatico da parte italiana: Roma dovrà continuare a coltivare rapporti ottimi anche con attori come il Qatar, il Kuwait e l’Oman, mantenendo una posizione percepita come collaborativa e non esclusiva.

Finora, l’approccio italiano sembra inclusivo – l’Italia partecipa a fiere ed esercitazioni in più paesi del Golfo – e dunque il partenariato con Riad viene gestito come parte di una più ampia strategia di presenza nella regione.

Le strategie di politica estera saudita<

Per l’Arabia Saudita, la partnership rafforzata con l’Italia in campo difensivo è tassello di una più ampia strategia di politica estera volta a diversificare le alleanze e accrescere l’autonomia strategica.

Negli ultimi anni, sotto la guida del Principe ereditario Mohammed bin Salman, il Regno ha mostrato interesse ad ampliare il ventaglio dei partner internazionali: pur restando vicino agli USA,

Riyadh ha cercato rapporti più stretti con potenze europee (Francia, Regno Unito, Italia, Grecia), con la Russia (in ambito energetico e di dialogo sulla sicurezza) e con la Cina (memorandum su tecnologia e investimenti).

In quest’ottica, la cooperazione con l’Italia offre diversi vantaggi. In primis, l’Italia è membro del G7/NATO ma al contempo ha una tradizione di diplomazia flessibile e orientata al business in Medio Oriente, risultando meno “ingombrante” politicamente rispetto ad alleati maggiori.

Questo consente a Riad di acquisire tecnologie occidentali senza eccessiva esposizione a pressioni politiche o diritti umani (ambito in cui Roma mantiene un profilo dialogante). Inoltre, coinvolgere partner multipli (Italia, Regno Unito, Francia, Turchia, ecc.) nei propri programmi di difesa consente al Regno di mettere in competizione i fornitori ottenendo termini migliori e, soprattutto, di ottenere il sospirato trasferimento tecnologico che spesso un singolo fornitore dominante sarebbe riluttante a concedere.

Ad esempio, gli Stati Uniti storicamente vendono caccia ed equipaggiamenti sofisticati ma condividono poco della filiera produttiva; l’Italia invece, in cerca di mercato, appare disposta a stringere accordi di co-produzione (come dimostrano i MoU con GAMI/MISA).

Questo è perfettamente in linea con la Vision 2030 saudita, che mira al local content: l’obiettivo dichiarato è localizzare oltre il 50% della spesa militare saudita entro il 2030 (rispetto a meno del 10% di pochi anni fa).

Collaborazioni come quella con l’Italia sono lo strumento per raggiungere tale scopo, facendo sì che ogni acquisto importante comporti la crescita di capacità locali (fabbriche, know-how, occupazione specializzata) in Arabia Saudita.

Dal punto di vista strategico, rafforzare la propria industria bellica e legare partner tecnologici a lungo termine conferisce all’Arabia Saudita anche un peso diplomatico maggiore.

Un Paese che co-progetta un caccia di sesta generazione con Italia e Regno Unito o che produce componenti critici di sistemi d’arma, diventa parte integrante di network internazionali di difesa, riducendo il rischio di isolamento.

Ad esempio, se il Regno entrasse nel consorzio GCAP, sarebbe coinvolto in strette relazioni tecniche e militari con tre membri del G7, consolidando un’alleanza de facto che va oltre le sole forniture commerciali.

Ciò può tradursi in un leveraggio diplomatico: l’Arabia Saudita potrà far valere il proprio ruolo industriale in forum e negoziati, sapendo che anche Roma o Londra avranno interesse a mantenere salda la partnership.

In ultima analisi, la strategia saudita è quella di trasformarsi da consumatore a produttore parziale di sicurezza, esportando magari in futuro essa stessa equipaggiamenti (già oggi l’industria saudita in collaborazione produce veicoli blindati, droni e munizioni). L’Italia, formando parte di questa trasformazione, viene inglobata nella visione saudita di una potenza regionale militarmente avanzata e meno dipendente da Washington.

Le strategie di politica estera italiana

Dal lato italiano, l’approfondimento della cooperazione con l’Arabia Saudita in materia di Difesa si inserisce nella strategia di Roma di riacquisire centralità nello scenario Mediterraneo-allargato e di sostenere la propria industria della difesa sui mercati internazionali.

Il Governo italiano attuale ha chiaramente puntato su una diplomazia economica attiva verso i Paesi del Golfo: visite di alto livello (come quella della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni a fine 2022 e inizio 2023) hanno portato alla firma di accordi multimiliardari in diversi settori.

L’Italia vede nell’Arabia Saudita un partner chiave sia per questioni energetiche (transizione e investimenti) sia per la sicurezza nel Mediterraneo e nel Mar Rosso, considerata la proiezione saudita verso il Corno d’Africa e la sua influenza sul mondo islamico.

Collaborare strettamente nel campo della difesa consolida un rapporto di fiducia che può riflettersi in cooperazione su dossier regionali: ad esempio, avere Riyadh dalla propria parte può aiutare l’Italia nelle missioni di stabilizzazione in Africa o nel facilitare dialoghi (si pensi alla Libia, dove sia Italia che Arabia Saudita sostengono la stabilità e contrastano l’estremismo).

Un motivo concreto della spinta italiana è certamente il supporto all’export dell’industria nazionale della Difesa.

Settori come l’aerospazio e l’armamento sono vitali per l’economia italiana in termini di innovazione e posti di lavoro; aprirsi maggiormente il mercato saudita – uno dei maggiori importatori di armi al mondo – rappresenta un’opportunità economica enorme.

L’aver ottenuto contratti e MoU per circa 10 miliardi di dollari nel gennaio 2025 (di cui una fetta significativa in ambito difesa/aerospazio) è un successo tangibile per questa strategia.

Roma sta chiaramente cercando di porsi come partner privilegiato di Riyadh in Europa, sfruttando anche il momentaneo minore attivismo di altri Paesi UE in Arabia Saudita: ad esempio,

la Germania ha mantenuto restrizioni sulle esportazioni militari verso il Regno negli ultimi anni, mentre l’Italia le ha eliminate; ciò lascia margine alle aziende italiane per colmare i vuoti lasciati da Berlino.

Allo stesso modo, l’Italia cerca di tenere il passo di Francia e Regno Unito, che hanno già venduto molto a Riyadh (dai sistemi satellitari francesi alle navi da guerra inglesi): offrendo non solo prodotti ma partnership con trasferimento di tecnologia, l’Italia differenzia la propria proposta commerciale rendendola più allettante per i sauditi.

Dal punto di vista diplomatico, l’Italia deve però equilibrare accuratamente questa vicinanza a Riad con gli impegni verso alleati e valori occidentali.

Ci sono state pressioni interne (ONG, opinione pubblica) contrarie alle vendite di armi ai sauditi per via della guerra in Yemen; una cooperazione così stretta in difesa richiede al Governo un lavoro di giustificazione pubblica, enfatizzando magari gli aspetti di building partner capacity e stabilizzazione regionale che ne derivano.

Missili yemeniti contro l’Arabia saudita

 

Finora, Roma ha sottolineato che sostenere l’Arabia Saudita significa favorire un attore moderato e in evoluzione positiva nel mondo arabo islamico – soprattutto dopo le riforme sociali saudite recenti e l’impegno di Riyadh in processi di pace (vedasi tregua in Yemen, apertura all’Iran col dialogo mediato dalla Cina).

In ambito NATO/UE, l’Italia presenta questa cooperazione come complementare agli sforzi comuni: ad esempio, l’eventuale ingresso dell’Arabia Saudita nel progetto GCAP porterebbe ingenti risorse finanziarie che alleggerirebbero l’onere per i partner europei e creerebbero opportunità industriali (il presidente del Consiglio dei ministri Giorgia Meloni ha parlato di consolidare “partnership strategiche” attraverso il GCAP allargato).

 

Global Combat Air Programme

 

In prospettiva a lungo termine, la scommessa italiana è che un solido asse con l’Arabia Saudita le garantisca dividendi geopolitici ed economici duraturi.

Oltre alle commesse, l’Italia mira a posizionarsi come interlocutore privilegiato dell’intero Golfo: un ruolo da pivot sud-europeo in grado di dialogare con tutti i monarchi del GCC.

Ciò aumenterebbe il peso di Roma nei consessi internazionali quando si affrontano temi riguardanti il Medio Oriente (dalla sicurezza energetica alla lotta al terrorismo).

Inoltre, l’integrazione industriale italo-saudita potrebbe far sì che in futuro i prodotti sviluppati assieme (droni, componenti di caccia, elettronica militare) vengano esportati in terzi Paesi congiuntamente, cementando un’alleanza anche commerciale. Esistono certamente incognite: l’evoluzione politica saudita, ad esempio, o possibili crisi (si pensi a scenari di cambio di leadership in entrambi i Paesi) potrebbero influire.

Ma allo stato attuale, le implicazioni strategiche sono che Italia e Arabia Saudita stanno tessendo un partenariato che rafforza la posizione di entrambi.

L’Arabia Saudita come potenza regionale militarmente avanzata e meno dipendente, Roma come attore europeo proiettato nel Golfo e sostenitore della stabilità di un’area cruciale.

In un mondo multipolare e incerto, questa collaborazione difensiva offre a entrambi i Paesi uno strumento in più per perseguire i propri interessi di sicurezza e prosperità a lungo termine.

©️ RIPRODUZIONE RISERVATA



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamo strutture per affitti brevi

Gestiamo strutture per affitto breve