Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#adessonews
#finsubito
#finsubito video
Agevolazioni
Asta
Bandi
Costi
Eventi
Informazione
manifestazione
Sport
Vendita immobile

Mutuo 100% per acquisto in asta

assistenza e consulenza per acquisto immobili in asta

Si è squarciato il velo di ipocrisie e conformismi collettivi verdi. La nuova percezione va affrontata- Corriere.it


Si è squarciato il velo di ipocrisie e conformismi collettivi verdi. La nuova percezione va affrontata
Elon Musk e Donald Trump (foto di: Bloomber, Getty Images)

Una semplice cannuccia riassume bene il momento che stiamo vivendo. Quante se ne consumeranno, specialmente negli Stati Uniti? Miliardi. Joe Biden aveva messo al bando quelle di plastica. Basta dal 2027 per eventi e packaging. E stop agli acquisti federali dal 2035. Meglio quelle di carta, pi� facilmente riciclabili. A Donald Trump, che beve solo Coca Cola, per� non piacciono. La carta � sgradevole. E dunque su Truth, il suo social network, ha annunciato che � meglio tornare alla plastica. D� pi� gusto. Il consumatore � pi� libero di scegliere. Ecco che in un attimo, anni di campagne per limitare l’uso della plastica e riciclarla correttamente sono finiti nella discarica dei buoni propositi verdi.

Con Trump al governo sono venuti in superficie gli approcci di circostanza alla sostenibilit�: c’� chi ha fatto dietrofront e chi riconosce di non riuscire a sostenere gli impegni della decarbonizzazione. Una svolta, questa, che non � solo dovuta agli americani. Ma anche a noi europei che “siamo usciti allo scoperto”

Un cestino dei rifiuti gi� particolarmente ingombro di tutto ci� che la nuova presidenza americana ritiene inutile. Non � ovviamente il solo esempio del revisionismo ecologico in atto. Diciamo che � il pi� curioso. Pi� rilevanti sono altre misure come il ritiro, per la seconda volta, degli Stati Uniti dall’Accordo di Parigi, l’incitamento a scavare (Drill baby drill) per trovare petrolio e gas senza farsi tanti problemi ambientali, la negazione, almeno a parole, del Green Deal. Ma l’interrogativo pi� importante che dobbiamo porci � se il nuovo quadriennio di Trump costituir� una totale inversione di marcia nella lotta alla decarbonizzazione oppure un semplice, seppur grave, rallentamento.

L’economia guida

Il dilemma che abbiamo di fronte � esattamente questo. Lasciarsi prendere dal pessimismo e dallo scoramento sarebbe sbagliato. Molti degli stati americani governati dai repubblicani sono avanti negli investimenti in fonti rinnovabili, nel solare e nell’eolico. E non dobbiamo dimenticare che Trump, con tutti i suoi difetti, � un businessman. Bada al sodo. All’ultima linea in basso a destra di un bilancio. Gli oligarchi di cui si � circondato, al punto da rischiare di esserne addirittura sopraffatto, sono pionieri della frontiera dell’innovazione. Non c’� solo l’auto elettrica di Elon Musk. C’� l’idrogeno, c’� il nuovo nucleare. Inoltre, tutta l’ondata di grande innovazione � fortemente, esageratamente energivora. Si pensi solo all’esplosione dei data center, che peraltro sono operativi 24 ore su 24, per alimentare tutti i sistemi di intelligenza artificiale. O al consumo di energia che richiede l’attivit� di mining, di scavo nella profondit� del web, per creare le criptovalute che sono simbolo – e cristallina prova di giganteschi conflitti d’interesse – della nuova stagione trumpiana.

Gli investimenti sulle rinnovabili sono gi� partiti

Non � ipotizzabile uno scenario di sola spinta sui fossili, seppur in prospettiva pi� convenienti. Almeno nelle intenzioni della Casa Bianca. Gli investimenti nel nucleare sono gi� ripartiti. La Cina avvia due reattori all’anno. L’inerzia dell’economia va comunque nella direzione della sostenibilit�. Pi� lenta. Ma quanto pi� lenta? E poi c’� un errore, assai diffuso. Quello di pensare che questa stagione, parzialmente revisionista, abbia come causa solo la svolta politica americana. Trump � stato il detonatore che ha portato alla superficie del dibattito pubblico tanti dubbi rimasti inespressi. Ha contribuito a frenare slanci verdi del tutto apparenti e a smascherare conformismi di circostanza. Diciamo che ha squarciato un velo di ipocrisia collettiva. Lo si pu� constatare, per esempio, nella marcia indietro di molte societ�, non soltanto americane, sui temi di diversity, equality and inclusion (Dei) con uno spiacevole corollario di atteggiamenti di vendetta (soprattutto nei confronti delle donne) per alcune scelte o eccessi che prima non si aveva il coraggio di contrastare.

Finanziamo strutture per affitti brevi

Gestiamo strutture per affitto breve

Rivoluzione-reazione

Il revisionismo anti-woke e quello ecologico sono parenti stretti, nonostante la lontananza abissale tra le due materie. Perch� il vento conservatore e sovranista soffia contro l’eccesso di tutte quelle regole che andrebbero contro la libert� di scelta dei cittadini. Non senza qualche ragione. Gli eccessi ci sono stati. Per esempio la posizione intransigente sul Green Deal dell’ex vicepresidente della Commissione europea, l’olandese Frans Timmermans, che poi ha perso le elezioni nel suo Paese, � risultata ideologica e impopolare. Ogni esagerazione ha la sua controspinta. Il ripensamento � in atto soprattutto sul versante della mobilit� privata che, tra l’altro, � soltanto una parte minoritaria delle cause di inquinamento (del trasporto merci si parla assai poco). La probabile cancellazione delle multe alle case automobilistiche europee, in ritardo nel passaggio dall’endotermico all’elettrico, porter� a rivedere la data fatidica del 2035 come fine della produzione del motore tradizionale. O perlomeno a una diversa interpretazione di quel passaggio biblico che tanto spaventa l’industria e non solo, lasciando maggiore spazio a combustibili verdi o sintetici. Un alto livello di emissioni di gas serra appare oggi un male minore di fronte al rischio di una desertificazione industriale.

L’insostenibilit� (sociale) della transizione

La transizione energetica � di per s� socialmente iniqua. Questo � il punto dolente. Le compensazioni a favore dei ceti pi� deboli non appaiono al momento convincenti. E in una democrazia (per fortuna) le persone votano. E oggi il voto non va nella direzione di una decarbonizzazione accelerata. Tutt’altro. La paura non pu� essere una colpa. Non sembra reggere il sistema di carbon price. Sotto accusa il mercato dei certificati di inquinamento (European Trade emission) che, paradossalmente, nel caso dell’auto favorisce il principale nemico dell’Unione europea, ovvero Elon Musk. La sua Tesla pu� cedere ad altri, guadagnandoci, i permessi ad inquinare. L’iperegolamentazione � il tallone d’Achille dell’Unione europea ed � dunque inevitabile che, nel momento in cui si spinge di pi� per costituire gruppi pi� competitivi per dare maggiore spazio alla ricerca e alle start up, si proceda a forti semplificazioni. Sono peraltro le riforme che costano meno. E non va dimenticato che gran parte del faraonico impianto di regole, in molte materie dell’Ue, � frutto dell’azione delle lobby corporative e del loro potere di pressione sul legislatore. Non � una perversione delle istituzioni europee e delle loro burocrazie. Ma al di l� di queste osservazioni legate all’attualit� politica, dobbiamo chiederci se qualcosa � cambiato anche nella percezione popolare della necessit� urgente della transizione energetica. La notizia che lo scorso gennaio � stato il gennaio pi� caldo di sempre, come lo era stato l’intero 2024, � passata pressoch� inosservata. Non solo in Italia. Ma un po’ ovunque. Anche in quei Paesi di maggiore tradizione ambientalista. Come se ormai ci fossimo rassegnati al riscaldamento climatico.

La svolta svizzera

Un esempio � il clamoroso fallimento del referendum svizzero del 9 febbraio scorso sulla responsabilit� ambientale. La proposta dei “giovani verdi” di ridurre drasticamente le emissioni, in un periodo di tempo di dieci anni, � stata bocciata dal 69,8 per cento della popolazione della Confederazione e da tutti i Cantoni. La campagna referendaria � stata pressoch� inesistente ma nella loro ingenuit� politica i promotori hanno avuto, forse in maniera del tutto preterintenzionale, il merito di porre l’accento sull’autentico dilemma popolare della transizione. Hanno chiesto ai cittadini se sarebbero stati disposti a cambiare le loro abitudini nella mobilit�, nell’alimentazione, nella gestione delle case e dunque a ridurre i consumi. E la risposta � stata nettamente negativa. E stiamo parlando della Svizzera che � uno dei Paesi pi� seri, gi� impegnata a raggiungere la neutralit� nelle emissioni nel 2050 e a ridurre gi� nel 2035 le emissioni del 65 per cento rispetto al 1990. Il voto � stato un sorprendente no anche alla mobilit� sostenibile. Gli elettori di Sciaffusa hanno respinto la proposta di ridurre le imposte di circolazione per le auto elettriche. Non era mai accaduto prima. Il clima politico � cambiato in una direzione che mai ci saremmo aspettati. Nel contrastare il riscaldamento di un altro clima, ben pi� importante, dobbiamo avere l’onest� e la forza d’animo di confrontarci prima di tutto con le nostre amnesie e le nostre personali e collettive contraddizioni. Non c’� solo Trump.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Finanziamo strutture per affitti brevi

Gestiamo strutture per affitto breve

Source link

Conto e carta difficile da pignorare

anche per aziende e pos